sabato 8 ottobre 2016

Escobar



Sabato scorso ho visto, con _rio e _mlero, la pellicola di Andrea Di Stefano.
Beh, il primo pensiero che mi viene in mente è che è un attimo per cui tu ti puoi ritrovare in una situazione che va verso l'infernale e non riuscire a venirne fuori. Un vero e proprio incubo che col proseguire della realtà peggiora. Il kitsch pazzesco delle società latino americane diventa la cornice di situazioni di degrado civile estreme: come amante dei contrasti ne ho apprezzato l'osservazione e quindi la narrazione ciniche, precise.
La seconda osservazione è che, per buona parte della narrazione, sono stato avvinto da una tensione crescente diventata quasi spasmodica: non male!
Noto, nelle scene finali, una sindrome di Stoccolma alla potenza enne, con le masse colombiane che idolatrano il loro aguzzino, con quest'ultimo che conosce molto, molto bene i meccanismi con i quali perpetuare la dominazione e aumentare il proprio potere di soggiogazione.
Film!? Un bel par di palle!! Siamo ai quartieri camorristi di Napoli che assalgono le forze dell'ordine per difendere i camorristi loro aguzzini. Siamo, in modo più subdolo e soft a ciò che succede da parte delle castalie moralisticheggianti anche in società appartemente più evolute (in realtà solo più sedate da un benessere fatuo) come quelle dei paesi consumisti.
Infine,. una nota ecologica: Nick, il protagonista maschile,  passa per l'ecologia dell'iniziazione: riesce a liberarsi dalla patologia del politicamente corretto che lo blocca in una finzione morale inesistente e, con la pressione degli eventi, torna nella realtà della Mors tua vita mea. Sebbene in finale si rappresenti in maniera abbastaznza  esplicita il "Male" in Pablo Escobar (Benicio Del Toro, me_mi pare una buona interpretazione) che dal assume il ruoto di satana (l'angelo nero che dice al prete che si metterà, con un grande telescopio, a controllare Dio dal carcere, poi benedicendo, appunto, il preto attonito, ammutolito) dal punto di vista etico Escobar (il "Male") permette a Nick,di tornare uomo, virile, guerriero, combattente, che passa da una finzione di moralità del tutto artificiosa, avulsa da ambiente e realtà ad una dimensione spirituale, ecologica, quella del prendere atto di una realtà e di saper  risolvere i problemi reali.
Infine, una nota maschile: Claudia Traisac (Maria) è una di quelle femmine che può passare dal normale se non insulso ad essere 'na figa pazzesca (v. qui, ad esempio). Per queste, le cose sono anche più estreme perché partono, talvolta, dall'essere quasi racchie.

6 commenti:

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  2. La complessità non è finzione, e, oltretutto, lo strumento detto “finzione” può essere genuinamente generato come bisogno d'espressione personale, oppure codificato nel gruppo come codice relazionale finalizzato alla convivenza e/o al lavoro collaborativo;
    una buona profilassi per evitare la rottura del sistema è collegare periodicamente la “finzione” ( personale, collettiva ) ai bisogni fisiologici di ogni singola unità e alla tenuta dell'habitat biologico.

    Detto questo, plaudo alla bellissima recensione di Uomo, il cui sguardo chirurgico, bene allenato, va dritto al midollo di alcune faccende del film;
    film che non ho visto e forse non vedrò, ma in un certo senso ho già visto leggendo questo post.

    { grazie;

    buona giornata }.

    ===

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    1. L'azione di homo è un'azione millenaria di riduzione della complessità, della diversità biologica a proprio beneficio.
      Solo che... la diversità è un valore in sé, è il propellente e della vita e dell'evoluzione.
      I bisogni... esiste un conflitto ontologico tra interessi collettivi e individuali. Questo può trovare una soluzione, un compromesso solo su scala umana, quindi locale. Il locale trova degli equilibri anche temporanei o estemporanei e questi possono seguire un percorso cruento.
      Il problema è quando uno xeno (un gruppo di canadesi, in questo caso) si proiettano in un mondo che essi credono walt-dysneiano. Invece si proiettano, come dice Maria all'inizio, come invasori in una terra che non è affatto un paradiso.

      Grazie Marco per l'apprezzamento.
      Buondì

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    2. Riduzione della complessità biologica ( che si ritorcerà, persistendo il trend regressivo, sugli stessi esemplari - numerosi come locuste - di Homo ) che è associata ad una crescita della complessità sociale estesa ( spezzata da ciclici traumi regionali, e forse siamo sulla soglia di uno di questi che riguarderà direttamente gli europei occidentali ) e, per giunta e come dicevo, [ il benessere produce corruzione spirituale e materiale, è un meccanismo implicito nell'azione e nella natura umane ];
      non credo che possa funzionare solo con piccoli gruppi umani, certo ci potranno essere ulteriori smottamenti;
      vedi le dichiarazioni del leader conservatore polacco Jarosław Kaczyński sulle quote obbligatorie di migranti in UE, spottate ieri da la Repubblica, e se uno degli organi ufficiali del Livello Superiore si occupa nelle primissime pagine e a pagina doppia ( con foto in prima ) del blocco destrista dell'Est ... significa che la situazione sta preoccupando i capitalisti apolidi.

      Bello, il punto di vista ribaltato di xeno occidentali in terre del Sud del mondo.

      { ti ho [ citato ] }.

      ===

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    3. No, non è affatto falso.
      Entra in un bosco sano, una selva sana e poi vai in un campo.
      Osserva bene.

      L'infinità complessità NON è il miscuglione tritato omogeneizzato omogeneizzato dei kompagni. Non è affatto un tutto da ovunque mischiato ovunque con tutto.
      In Natura la complessità ha una evoluzione ed equilibri naturali e le xenospecie sono SEMPRE un problema.

      Il merdoso panmixismo in atto è proprio una brutale e violenta semplificazione che nega la separatezza e la competizione, la difesa dei territori, i meccanismi di incomunicabilità e i dispositivi di separazione che li tutelano che sono due principi ecologici fondamentali.

      I modelli migliori sono quelli che rappresentano più efficacemente il numero più grande possibile di enti o eventi, idealmente TUTTI ma (orrore per massoni, ugualisti, cattocomunisti e altri malati del genere) in contesti specifici e ben definiti.

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  3. C'è il falso ideologico dell'uguaglianza che più è falso e più viene ripetuto acriticamente, psicoticamente.
    Da un livello concettuale che nega la realtà non possono che venire danni. E' un attentato ormai secolare all'ecologia del pensiero.

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