(La dinamica dei gerani rossi)
Il brusio era l'aspetto percettibile dell'abbracciarsi di una piccola comunità. La piccola comunità è anche un morire che non sei mai da sol*. _ice non era né autorità né notabile e tantomeno ricca o famosa eppure tutti erano venuti da vicino e da lontano (terre di povertà e di emigrazione) per darle l'addio e la piccola chiesa era stipata.
Il brusio, anche al camposanto; anch'esso ti abbraccia, le vecchie mura intorno ad abbracciare e proteggere i dormienti defunti decomponentisi, quasi a volerli proteggere dalle tramontane che arrivano giù all'anima.
Era freddo e già avevamo visto la brina nell'arrivare, i chilometri mangiati prima in treno e poi in autostrada erano stati un arrivare a quel porto, tra le vette candide avvistate da lontano e i boschi sotto dove il verde scuro degli abeti con il giallo carico dei larici e il bruno di qualche faggio più sotto sembrava un voler mescolare farina da polenta di grano saraceno e formenton (*). Aria fredda frizzante, cielo terso e azzurro, il sole debole e anemico di metà novembre. E il brusio era di abbracci e saluti, di molte anime a ritrovarsi anche dopo decenni.
Quando la bara entra nella terra, in quella fossa marrone di terra grassa tra il verde dell'erba e le pietre delle tombe "dei vicini" è forte. E' quel tornare alla terra che chiude il ciclo. Ho sempre odiato i merdosi cimiteri di betonloculocondominiali delle città. La sovrapopolazione è sradicamente e ciò è anche nella violenza del ciclo interrotto, formica di condominio sei e formica di loculi rimarrai. 5° livello, n. 649. Fanculo merda, voglio diventare una betulla!
Ami allora il groppo in gola del vedere la Terra Madre che si riprende un corpo, ami quel far male in che è il seme che muore per diventare nuovo germoglio. C'è un senso anche quando prendi il tuo pugno di terra e lo lanci sopra la bara, ti sporchi le mani con la Terra e la lanci sopra il legno con dentro _ice.
Ehi, furbacchiona, hai scelto una bella giornata per tornare nel Grembo. Era freddo, il sole già calato oltre il monte sopra malga _lei, però illuminava ancora il candido sulle vette e il verde scuro dei pecci e il giallo dei larici avevano altri colori.
C'era ancora, là, il rosso dei tuoi gerani.
Terra sei e terra tornerai. E in quella terra vivono i tuoi gerani, ti hanno saluto gradassi con il loro saluto carminio. Il brusio era anche il loro - "Ciao cara, addio!". Non ce ne siamo accorti ma c'erano anche i gerani rossi.
(*) formenton: mais
molto poetico, mi ha commosso. grazie di questi colori.
RispondiEliminaIn effeti io sono solo un riportatore di realtà.
RispondiEliminaBisogna ringraziare le due gemelle Morte e Vita, i signori Larix e Pecci, i Monti astanti, la neve un po' più su, zia _ice per il piacere che ci ha dato, e anche nellabrezza per il commento.
:)
Cronaca serena di un evento triste ma inevitabile, e anche giusto, se si vuole.
RispondiEliminaE' bello che ci siano ancora luoghi dove non si è lasciati da soli nemmeno dopo la morte, dove la chiesa straripa di gente anche se a morire è una povera donna anziana, invisibile se non alla sfortuna ...
ho deragliato, mi è venuto alla mente il funerale del gufo buono
Sono venuto a leggere. Bello bello.
RispondiEliminaGrazie per l'invito.