Non servono miglia e porti lontani. Gli odori forti di spezie, di vita sono qui, dietro di te. In cammino verso l'oltre, terre così vicine e inesplorate. Passo dopo passo.
martedì 20 gennaio 2015
Signore delle Cime
Questa è la musica per la mia anima, oggi più che mai.
Monti e fatiche e infanzia, asprezze impervie e dolcezze a me cari e mi porta via con sé.
Non ti conosco ancora né mai ti conoscerò.
Ogni persona è mistero a sé, figurati agli altri.
Grazie nottebuia. Ho ascoltato anche l'Ave Verum Corpus mozartiano nella versione per organo e coro di voci bianche del King's College, Cambridge che hai proposto. Non sono riuscito a resistere neanche a quell'opera. Ecco come l'umanità qui giunge alle sue vette più alte. Il grande spauracchio, la morte che pone termine alla vita fisica guarda a quali vette di perfezione può portare.
La versione di cappella, che hai indicato, rispetto a quella classica barocca (ad esempio la versione diretta da Leonard Bernstein) ha il dono di una maggiore essenzialità e io la preferisco. E lo stesso motivo per cui il Signore delle Cime di Bepi de Marzi mi è così intima e cara.
Ho cantato l'Ave Verum Corpus, a cappella, con un gruppo polifonico in cui io ero contralto-mezzo soprano. Da brivido. Se ami le esecuzioni di voci bianche devi assolutamente ascoltare MISERE MEI di Allegri, eseguita dagli Oxford Camerata 😉
Beh, questa e' davvero bella. Io la cantavo nel coro della parrocchia quando ero bambina: non eravamo bravi come questo coro, ma era davvero bellissimo! :)
Quando ero piccolo, dalla nonna su nel paesello in Trentino, alla fine dei convivi, grandi ritrovi (tanti figli e tanti nipoti, purtroppo fu il periodo dell'esplosione demografica italiana) a fine dei pasti tutti gli uomini, quasi tutti ex alpini, si facevano delle cantate pazzesche. E' una dimensione creativa ed artistica che - mi pare - è andata completamente persa, una perdita culturale molto grave. Il canto era una cultura diffusa, famigliare, popolare. L'analogia è quella della cultura del tango a Montevideo e a Buenos Aires. Poi i ricordi belli. Ma, ricordi a parte, questo è una piccola opera di perfezione musicale in cui la severa semplicità lascia spazio all'unica cosa che rimane, il sublime.
Rumore, robaccia fuori posto, pettegolame, petulanze, fesserie continuate e ciarpame vario trollico saranno cancellati a seconda di come gira all'orsone.
Uffa, non riesco a smettere di ascoltarla.
RispondiEliminaPotrei piangere qui al lavoro.
Mah.
Che bella, Uomo, grazie! Sublime! In scia, senti anche questa così l'apprezzi ancora di più !!
RispondiEliminaGrazie nottebuia.
EliminaHo ascoltato anche l'Ave Verum Corpus mozartiano nella versione per organo e coro di voci bianche del King's College, Cambridge che hai proposto.
Non sono riuscito a resistere neanche a quell'opera.
Ecco come l'umanità qui giunge alle sue vette più alte. Il grande spauracchio, la morte che pone termine alla vita fisica guarda a quali vette di perfezione può portare.
La versione di cappella, che hai indicato, rispetto a quella classica barocca (ad esempio la versione diretta da Leonard Bernstein) ha il dono di una maggiore essenzialità e io la preferisco.
E lo stesso motivo per cui il Signore delle Cime di Bepi de Marzi mi è così intima e cara.
Ho cantato l'Ave Verum Corpus, a cappella, con un gruppo polifonico in cui io ero contralto-mezzo soprano. Da brivido. Se ami le esecuzioni di voci bianche devi assolutamente ascoltare MISERE MEI di Allegri, eseguita dagli Oxford Camerata 😉
EliminaBernstein ha diretto un eccelso Requiem di Mozart, che ti consiglio. Lacrimosa è la parte che sdoro di più.
EliminaBeh, questa e' davvero bella.
RispondiEliminaIo la cantavo nel coro della parrocchia quando ero bambina: non eravamo bravi come questo coro, ma era davvero bellissimo! :)
Buongiorno Nuvola Canterina.
EliminaCantate tutte tutte con il coro. Notevoli anche da interpretare devo dire.
RispondiEliminaUn po' come come queste "decibelle" :)
EliminaBellissima..non ci sono altre parole. Ricordi di infanzia di estati in Carnia.
RispondiEliminaQuando ero piccolo, dalla nonna su nel paesello in Trentino, alla fine dei convivi, grandi ritrovi (tanti figli e tanti nipoti, purtroppo fu il periodo dell'esplosione demografica italiana) a fine dei pasti tutti gli uomini, quasi tutti ex alpini, si facevano delle cantate pazzesche.
EliminaE' una dimensione creativa ed artistica che - mi pare - è andata completamente persa, una perdita culturale molto grave.
Il canto era una cultura diffusa, famigliare, popolare.
L'analogia è quella della cultura del tango a Montevideo e a Buenos Aires.
Poi i ricordi belli.
Ma, ricordi a parte, questo è una piccola opera di perfezione musicale in cui la severa semplicità lascia spazio all'unica cosa che rimane, il sublime.
Da bambina ne ero completamente ossessionata.
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