Una è stata una cortina ballabile in cui hanno suonato un pezzo di pizzica d'amore, sabato pomeriggio. Sembrava che l'energia avesse trovato un modo di passare, tutto la sala fremeva mentre _zzz era al centro del teatro-tempio, una enorme ronda, con _zzz ed una tanghera al centro a ballarla, visibilio, entusiasmo e fare fatica a stare fermi.
Il secondo episodio è relativo a ieri sera. Uno degli ingredienti di una serata, ingrediente diciamo "non trascurabile", è la musica ovvero la selezione musicale proposta. E' uno dei casi di aspetti sottili del tango: è abbastanza comune che i tangheri abbino sensazione nette sul fatto che una programmazione sia stata mediocre o... eccellente. Il capire il cosa come quando, è tutt'altra faccenda: (per questo uso il termine di sottile, anzi, impalpabile sarebbe addirittura meglio) non esiste un algoritmo sul preparare un pezzo teatrale di successo, una impresa economica di successo, una programmazione musicale di successo in un contesto milonghero. Fa parte dell'arte dei muzicalizador (qui, da Flora, ad esempio, un documento di Joe Bossi che inizia ad affrontare la questione).
Insomma, ieri sera, dopo cena, un po' sulle ali del direttore di danze - il TJ - forse anche tentativo di demonizzare, di esorcizzare la fine che si approssimava, di ballare con l'anima gli ultimi istanti, un canto del cigno che ha scacciato la stanchezza di decine di ore, si è danzato quasi furiosamente se si considera i toni pacati, fini, accomodanti del mondo del tango.
Sì, essere dei per qualche manciata di ore ed esorcizzare una piccola morte. Perché era finita, erano proprio finiti quei tre (per noi due) giorni. E il TJ stava suonando tango degli anni Cinquanta, ritmati, quasi violenti, con una base ritmica molto marcata. Incitava i tangheri, lanciava, in note, benzina sul loro fuoco.
C'era la stessa anima, già vissuta in altri contesti (goa, tarantismo, rave, danze popolari, contesti house etc.) ballare fino a inebriarsi, stanchezza e divinazione nelle ossa.
Ballare gli ultimi momenti, come fosse per sempre e mai più.
Io penso che l'arte sia una via, l'esorcizzare la morte, rappresentando la vita.
Venerdì ho saputo, dopo mia infelice battuta, dal figlio, che Gianni, il "mio" meccanico, è morto a giugno, per un tumore. Sono salito sul treno per andare al lavoro, quasi piangendo. Come ci si può affezionare ad una persona vista forse poco, per quindici anni? Eppure egli non c'è più, andato via giovane. Mi piaceva per i toni, per lo stile, onestà e fiducia reciproca, per la competenza.
Ancora non riesco a crederlo. Per sempre e mai più.