Per la prima volta in quasi trent'anni di lavoro ho fatto una trasferta di lavoro
- oltre un giorno (tre di lavoro, una, di ritorno, sabato)
- all'estero.
Scrivo da una gradevole a anonima stanza di un albergo (un
motel) della periferia di Monaco di Baviera a un paio di dozzine di chilometri della sede "madre" della societa' per cui lavoro.
Io sono sempre stato germanofilo, ora osservo questa realtà con un po' più di distacco.
I colleghi bavaresi invitano sempre i colleghi italiani anche in occasione di questa...
fantomatica Oktoberfest ottenendo, in realtà, poco successo (su una ventina di persone siamo venuti in quattro, come neoassunto non ho potuto declinare l'invito, mi hanno fatto capire).
Quando frequentai la Baviera con la madre di mio figlio, in dieci anni, assiduamente, anche per visite di più giorni, io non andai che una volta a questa "festa industrializzata". Sono talmente privo di aspettative (sminchiato forse sarebbe eccessivo ma rende la direzione da percorrere per trovare il mio stato d'animo) che rischio che qualcosa di gradevole possa saltare fuori.
Vedevo giapponesi, filippini, statunitensi e benestanti di ogni parte del globo, bianchi, neri, gialli, girare per la citta', spesso con andature alcoliche incerte, al ritorno, nei lodo
Lederhosen e
Dirndl... Mah, non c'azzeccano proprio una mazza! Il contrasto estetico, nella gran parte dei casi, è per lo meno stridente, imbarazzante. Come quella negra che serviva, in birreria, non so se grassa o obesa e dirndl-ata, una roba inguardabile.
Sono i
mischioni orribili di questa globalizzazione.
Per i bavaresi è rimasta una festa vagamente identitaria. Forse almeno per la parte storica. Del resto tutta la Germania Occidentale è stata culturalmente massacrata e colpevolizzata dai vincitori (lo stato canaglia - gli SUA - in testa e dai vari sinistri progressisti mondialisti), del secondo conflitto mondiale. Vista l'accusa che, sotto sotto, cova sempre (tutt'ora i fondamentallisti della cretinologia progressista globalizzante meticciante senza se e senza ma non perdono occasione per accusare istericamente i magnacrauti di presunti neonazismi per le loro timide reazioni all'innesto di milioni di islamici ostili e quotidianamente violenti, nocenti) capisco che a qualche radice culturale non possono rimanere non ancorati, lo sradicamento completo non è riuscito.
Mercoledì sera, nei pressi di Stachus, una manifestazione pacata dei resistenti di Pegida, con dei sinistranti locali altrettanto pacati che innalzavano dei cartelli arcobaleno con messaggi tipo "München ist Kunst" (Monaco è arte), dei cretini totali che ignorano che la feccia islamica radicale non ha alcun competitore in fatto di distruzione sistematica, ideologica, proclamata e feroce della cultura, sia essa
musicale,
archeo/architettonica, templare o di altro tipo.
Del resto la dimensione di questa festa è ormai terribilmente industriale: tra festa e indotto, ci raccontava l'amministratore delegato di questa azienda, girano più di... un miliardo di euro.
Io preferisco la Baviera più intima: fortuna che sono con vecchissimi colleghi-amici (con i quali feci, negli anni passati, giorni di montagna, anche impegnativa) così, ieri sera, ce ne siamo andati a mangiare in provincia dove il paesaggio è di dolci colline, di prati e boschi, spazi, campanili a cipolla e architetture tipiche.
Uscendo dalla città sono rimasto strabilitato: non c'era un rifiuto uno in giro.
Ormai le strade italiche sono diventate una sorta di discarica diffusa lineare. Nei casi meno peggiori, quando i rifiuti sono un po' meno, le frese che tagliano la vegetazione a lato, fanno un orribile tritato di paglia, arbusti e plastica e metallo di lattine.
Ecco, ieri, fuori dalla
trattoria a Meiling, (con una cameriera fine e mora in costume tipico talmente bella da sembra austriaca più che bavarese, mi ha destabilizzato non poco la sua presenza) nel parcheggio, non un rifiuto uno: non fazzoletti, no mozziconi, no plasticame, no lattine. Nulla di nulla.
Qui noto il cuore, ancora vivo e palpitante, dello straordinario civismo tedesco.
Purtroppo, il resto della Germania urbanizzata, artificiale, globalizzata, tende a essere omologata al resto del mediocre, brutto miscuglionato globale. Velate nei loro orribili palandrini o nelle cose
fescion assolutamente incongrue e passeggini e passeggini anche qui, l'orrore che avanza. Ci mancano solo i...
Minareten.
L'identità, come tutte le cose importanti, richiede impegno, scelte ed è incompatibile con una crescita senza fine basata su un'economia sìglobal fondamentalista .
Insomma, oggi mi... tocca andare a 'sta Oktoberfest.
Stasera mi rifarò andando a una milonga in città. Anche questa la prima volta all'estero.