Sapete che il cinema può essere evocatore di grandi emozioni se la storia che di volta in volta rappresenta è, almeno un po', la tua vita o un pezzo di essa. Così noi appassionati osservavamo gli appassionati, danzatori, tangheri portegni intorno a Maria Nieves Rego e Juan Carlos Copes, giovani di Buenos Aires e del mondo a cercare di portare, di fissare la storia del tango e della vita che il tango ne è solo una parte.
Quando sono uscito dalla sala ero innamorato, per manciate di amori tre minuti, di Ayelen Alvarez Miño (intrepreta Maria Nieves giovane). Come non potresti? Bellezza, un corpo perfetto con l'arte dentro e tutta l'eleganza degli anni quaranta e il lucido del mondo dello scenario.
E' la storia di una delle più grandi coppie del tango.
Ma non è una storia edulcorata, fiabesco - strampalata di Lezioni di Tango o quella surrealista di Tango di Saura. Come
Tango Libre, è la realtà (che supera ogni fantasia) e il tango in essa. E' la storia di due ragazzi che si incontrano in un salon, lei si innamora di lui, pure lui di lei anche se all'inizio è un
carro, Juan Carlos Copes, all'inizio, non sapeva ballare, le pestava i piedi, ha imparato anch'egli.
Il tango è sessista, come osserva Nito Garcia perché è un gruppo di tessere di una società che nei ruoli è... ancora separata che io non so o forse lo sempre più che questo guazzabuglio ugualista pure tra i generi, alla fine, è un male, un problema, un problema grande,
forse peggiore di quello che li teneva separati e distinti a priori perché venusiane e marziani sono diversi.
Così questo amore sbocciato in una milonga e alimentato da una relazione artistica straordinaria, fuori dalla milonga diventa un problema di due persone che, fuori dalla milonga appunto, proprio non vanno.
Diventa la storia di Maria Nieves, del suo trovarsi artista a livello planetario senza volerlo, col suo desiderio insoddisfatto di maternità, gli allori, la gloria, la fama al posto dei pannolini, dei capezzoli ciucciati da un bebé e il fatto che la società non le avrebbe mai permesso di violare i suoi granitici precetti e divieti morali, come avere figli da un altro uomo.
Il tango li tiene uniti, li separa, "Con te e senza di te", direbbe lo zio Osho.
Ballano tutti i sentimenti, fino all'odio, si insultano a denti stretti (si dicono sorridendo "hai mangiato bulloni, oggi?").
Sapete che lo avevo scritto, il tango è un racconto col corpo di tutti i sentimenti e questa pellicola testimonia che se c'è l'amore grande, allora prima o poi arrivano, nella sua narrazione, anche il rancore, l'odio grande, la competizione, anche interna alla coppia, non ci sono solo la malinconia, la seduzione, lo struggimento, la gioia, il desiderio folle.
La vita nell'arte ha suoi canoni indipendenti da quella fuori e così è stato per Maria Nieves Rego e Juan Carlos Copes. Glorie e luccichii, tacchi e gessati, la fama mentre si è strumenti con il bandoneon e la quotidianità, la solitudine, le regole sociali, la povertà quando si arriva al silenzio, ai rumori della strada, della vita.
Il tempo attraversa le vite, la società, il tango stesso e scappa via veloce (Ho rabbia che ho già ottantatre anni, dice Juan Carlos Copes). Ancora una volta l'arte è un tentativo di catarsi dal tempo che fugge e precipita, il tango diventa un amore più grande dell'amore, sono una roccia il primo e il vento il secondo. Divisi dalla vita, uniti dal tango.
Bellissime le ricostruzioni degli anni quaranta e cinquanta, le riprese di Buenos Aires e i tango in esterno. Ho trovato molto interessante la ricorsione, la pellicola che racconta se stessa, nel commutare frequente tra la rappresentazione della storia dei due protagonisti e l'aspetto documentaristico sul documentario, i dietro le quinte che sono ricerca storica, artistica ma essi stessi tango ed emozioni.
La maestria dei danzatori tangheri e le coregrafie interessanti (come il tango in tre) diventano un dettaglio.