(Da noi stessi)
Ascoltavo le lettere dei condannati a morte delle resistenza europea ieri a Radio3, i lettori coetanei degli autori. Allora li fai tuoi il sangue e quei nervi. Senti così la tua anima intenerirsi, anche solo pensando e immedesimandoti nelle ultime ore di quelle vite che ora sono lascito in prossimità di morte agli affetti di ciascuno e a noi. E al dolore grande dei prossimi, dei congiunti o dei genitori ai quali veniva tolto brani di nervi di cuore e di anima. Tu che leggi e hai figli comprendi lo strazio per la morte della carne tua. Co-muoversi.
Stamani sono andato a leggere alcune
lettere dei condannati a morte fascisti e repubblichini.
Nelle prime sento (perché non è solo - e non può essere! - capire razionale) la scintilla vitale di un'ideale vitale ed utopico, la scintilla della libertà, della dignità dei pari, il vincere di idee e dello spirito pagati con la propria vita.
Nelle seconde percepisco qui e là il dolore della disfatta, lo strazio terribile dell'idea che si insinua come crepe aggressive che si allargano fratture di ghiaccio nella pietra, il freddo della morte ideale, del fallimento degli intenti, l'intuire di essere stati violenza e prevaricazione. A volte leggo ancora la durezza della pervicacia e di una fierezza dura e allora percepisco come sia tutto ancora più rotto in quelle anime ancora rigide. E' grande quel dolore e quella sofferenza perché, prima di altro, è la sofferenza della sconfitta ideale, dello spirito.
Potremmo - e fu fatto e ancora lo si fa - eseguire l'analisi post-mortem dei sistemi di industrializzazione modernista e violenta della società ( fascismo qui in Italia). Le conclusioni - peraltro caratterizzate quasi sempre dal peggior manicheismo, dall'asimmetria della storia delle verità a mezzo, a un terzo, dei vincitori e da speculazione politica e di parte - potrebbero essere solo piccole, parziali, o anche pingui di retorica e miopi e strabiche come succede, concentrate sul cementoacciaio della struttura che si vede da quella parte e non sulla carne e sul Respiro umani. E questa è storia di sempre, è parte del mistero.
Le colpe di una parte no le colpe dell'altra. Il modernismo, i fascisti qui, i nazisti lì, gli americani (chiedete a Bophal, in Vietnam, in Sud America, a Hiroshima, a Baghdad, e Nagasaki,
chiedete sempre delle azioni dei vincitori, osservate i
crimini della forza che ha prevalso,
sono gli stessi di quella sconfitta e dilaniata!!), i comunisti, gli stalinisti, la democrazia e la dittatura..
In punto di morte queste anime tornano eguali nella sofferenza e nel passare il varco al grande mistero. Il calcare bianco è ora leggero
delle ossa di tutti che non hanno più midollo.
Possiamo allora scrivere nel cuore e la mente dell'abominio.
Non posso liberarmi, Domine, dalla Vita.
Ma io scrivo ancora parole d’amore,
e anche questa è una lettera d’amore
alla mia terra. Scrivo ai
fratelli Cervi
non alle sette stelle dell’orsa: ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d’amore nel silenzio.
Non sapevano soldati filosofi poeti
di questo umanesimo di
razza contadina.
L’amore la morte in una fossa di nebbia appena fonda.
Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,
non per memoria, ma per i giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di macchie di sangue.
Salvatore Quasimodo