Avevo varcato il
gate C, ero entrato nella parte ordinata del mondo. Il lucidi sopralzo dei locali
lounge di Italo, le persone del mondo, eleganti, per moda, industria, finanza, affari. Lucido, commerciale. Schermi basilicali che vomitavano i loro decibel atti a stimolare la massa ad essi obbligata, con immagini di
resort, di moda, di gioielli e ammennicoli pseudotecnologici. Una presenza acustica aggressiva e regressiva. Il mondo affari finanza spettacolo non è avulso dalla liquidità, dall'appecoronamento indotto, solo ne è parte al proprio livello. Dentro l'ordine commerciale, l'ordine del negozio, materiale.
Fuori le genti, le masse più formicolanti, per molti censo inferiore, lì fuori. Umanità derelitta, forse balorda o anche molesta, disparata. E umanità che si arrabatta.
Mi ricordavo i dettagli di quella giovane donna di origine araba. Una “butta di là” che con il suo italiano con cadenza semitica, cercava di portare l'umanità formicolante al quel gazebo bus_per_areporto_bergamo_orio_al_serio.
Osservavo anche la folta barba nera di quel robusto e un po' panciuto poliziotto, in coppia con uno più piccolo e smilzo, sembravano Bud e Terence. Avrei voluto ringraziarli per il lavoro importante di spazzini sociali, di gestione dei rifiuti più o meno nocivi, tossici, della società. Un lavoro tanto negletto quanto importante. Nessuno di noi vivrebbe una solo mese senza globuli bianchi.
Ecco che ritorna: interrompe la parentesi di spippolamento veloce: “bus_per_areporto_bergamo_orio_al_serio!”.
Mi guarda.
E' bella? O è bella perché giovane? Non riuscivo a capire. Neppure l'età: ventidue? trentadue?
Osservavo, attratto, i contrasti di quella anima, persona, femmina. Dentro, sotto il
lounge, ecco altre donne, varie, alcune giovani, alcune belle. Ma non ho visto quegli occhi neri che brillavano, quelle occhiate quasi altere per quanto veloci, forti, quella forza, quell'anima irruente.
Un volto un poco scuro, molto fine di profilo. Sì, di profilo quella donna, era bella. Osservavo le belle labbra, il rossetto scuro ben stesso, il trucco curato, le labbra rosse e carnose. E quel velo blu di prussia che ne celava i capelli. Saranno stati neri come il carbone, l'ebano. Come le sopracciglia, curate. Scure come il pelo riccio del delta di venere, le piccole e grandi labbra quasi brune, che schiudono il rosso carminio. Chissà se di fuoco o banali, modeste!?
Quando si metteva di fronte, osservavo il volto pieno. Entrava una certa durezza, in quei lineamenti. Invecchiava e ringiovaniva di dieci anni ogni volta che una delle due connotazioni prevaleva sull'altra. La bellezza delle giovinezza che li stemperava passerà e come molte donne di quelle genti, probabilmente, finirà affaticata e abbruttita da una vita poco più che biologica: casa, figli, pettegolezzi, telenovele dolciastre arabeggianti, cuscus al montone, cucina, preghiere al Profeta. Passa un signore forse bulgaro o kazaco, si gira, eccola di profilo, di nuovo bella. La donna marocchina con la quale ebbi una breve avventura usava la metafora di Aziza, gazzella, per dire bella.
Ella aveva notato il mio sguardo. Vidi i suoi occhi neri osservare priva velocemente e poi ancora, più intensamente, i miei.
Ecco il gioco delle anime, l'attrazione di uomo e di donna, gli archetipi che si vogliono incontrare.
Il destino mi aveva catapultato via dal mio angolo di paradiso in Appennino, non dico eremo perché non lo è, ma è fedele, corretto, parlare di luogo della Natura, del silenzio, di una certa introspezione, dove contemplare il perpetuarsi di morte e vita, dei cicli e la bellezza estetica della vita, del bosco, dei fiori, dei prati, di zecche e dei chiù, di farfalle e della neve, di querce, dei cieli, delle stagioni. Il destino mi ha catapultato in questa umanità in una distesa artificiale metropolitana, un enorme tumore artificiale. Ecco una femmina che mi guarda perché si è accorta che la guardavo.
Sotto, sotto tutte le apparenze, anche quel brutto miscuglione di cose contrastanti, di mondi, di tempi contrastanti, incompatibili, il trucco ben fatto e l'esibire le proprie convenzioni religiose che dovrebbero imporre la modestia, il velo e il furbofono con la custodia rosina, le calze di nylon – ma che caldo avrà!? - in scarpe da ginnastica, jeans, unghie dipinte, un orribile orologio anni ottanta in ottone e ancora, sopra, il velo che nega tutto quanto il resto.
Era di profilo ora, di nuovo bella. Mi distraeva il suo profilo. Mi faceva pensare, invece, di fronte Quella percezione di distonia attivava la ricerca di cosa non andasse: cercavo cosa stonasse quasi impercettibilmente, quasi, quando era di fronte.
Poi mi ha guardato più forte e io le ho sorriso, Un sorriso accennato, lieve, che ella ha ricambiato. Sono le anime che si incontrano, per un istante, nude di tutto il resto, ego e seduzione esclusi, forse.
Tutta quell'umanità, formicolante ai propri livelli, cosa cerca? Le madre coi piccoli bambini in braccio o in grembo, le longilinee modelle di nero vestite, gli uomini con cravatta impegnati a parlare di affari e ancora turisti e poi invasori, tutti alla ricerca. Cosa cercano?
Cosa cercava, quella donna, nel suo incontrare il mio sguardo, un duello furtivo ma con i colpi di fioretti che si incrociavano? Vuole un marito? Che le faccia fare dei figli, la tenga chiusa in casa?
Ecco che invecchia, di colpo, di trenta anni e di quaranta chili, la vita biologica, non so se semplice o rozza, l'ha trasformata in una di quelle brutte donne barile, nelle loro orribili palandrane, i veli e il misto di robe di brutti incompatibili e diversi.
Osservavo le grazie e gli stridori di un mondo catapultato qui nello spazio e nel tempo che incrociava il mio, imposto al mio. La testa e l'anima, su piani diversi, in direzioni a volte parallele, a volte ortogonali. Osservavo l'attrazione e la repulsione, l'incontrarsi delle anime e lo scontrarsi delle conoscenze, penetrazioni subite, di “razzismo” - mi fa ridere su questa parola per schiocchi che vuole disprezzare una reazione di difesa - o di identità o di raziocinio o storia che sono intelligenti, sani, ecologici, giusti.
Avevo meditato, sul fianco sinistro della stazione Centrale. Una giovane donna, le masse formicolanti, i destini.