Eravamo per vette e crinali, un cammino lungo, in quattro, sabato e domenica.
Ore e ore di cammino, oltre nove, senza interruzioni, di fatto, per limiti di tempo: per vette, passi e laghi e vento e spazi. Fatica, gioia, dolore, scoramento, ancora panorami pazzeschi e fatica.
Fino al tramonto, poi nell'oscurità.
E' stato un pellegrinaggio; non esistono solo i cammini di Santiago o quelli francigeni.
I nostri passi ormai stanchi, anime felici e muscoli e giunture rotti, esausti, proprio là, all'Orsigna, in cima sabato e poi giù, domenica, la piccola Himalaia di Tiziano. La dove ci sono gli
alberi con gli occhi, perché i bambini capiscano che siamo parte di quell'anima, lì dentro scorre il succo della Terra, sono il Tutto vivente al quale apparteniamo anche noi.
La parte più bella è stata l'autunno, tramontato il sole, fino all'oscurità (arrivati al rifugio poco prima delle 21 proprio all'iniziare dell'inverno). Il silenzio, le brume del tramonto, i caprioli. Il silenzio, il corpo templare esausto che sprizzava la felicità in noi, il vuoto, la luce morbida che calava, si spegneva nella sera per diventare notte.
Ci si accorge di tante cose, in autunno.
L'autunno fa bene all'anima, allo spirito.
Un caso che siamo finiti per passare all'Orsigna? Non era previsto nei nostri piani. No, non era affatto previsto.