lunedì 13 agosto 2018

Uno alla volta



Era giovedì 9. L'ho aspettato subito a sud del portocanale. Sua madre mi aveva dato uno zaino che sembrava pieno  di pietre che mi viene ancora da bestemmiare solo a pensarci £$%xx!3@# che la prossima volta gliele compro io quelle bevande invece di spaccarmi la schiena e ... i piedi. Avevo anche sbagliato le calzature, io mi lamento del caldo in collina ma appena sceso nel braciere padano...così i sandali da una parte erano stati utili ma dall'altra mi avevano rovinato i piedi in un paio di punti. Dopo aver risalito dalla stazione metà dei trenta bagni mi ero seduto: vieni tu che in bici lo zaino lo porti meglio.
Così è arrivato pedalando, quasi nel suo abbigliamento nero da  lavoro, sul ponte sopra il canale. Pantaloni neri, scarpe nere, aveva una maglietta nera, la camicia bianca l'aveva lasciata là, lavora col grembiule nero o come diavolo si chiama, sopra la camicia e i pantaloni.
Finalmente, dopo tanti, giorni... Un abbraccio forte, dei nostri.
Un po' dimagrito, con un po' di segni di stanchezza sul volto: mi ha detto che fa una vita abbastanza semplice, casa, lavoro, pausa, lavoro, casa, notte. A volte si prende una mezzora dopo il lavoro, per due parole o con i colleghi o con un paio di amici del suo paese che sono lì. A casa crolla nel letto, dorme come un sasso fino alla sveglia della mattina, alle nove, in genere poco meno di otto ore.
Non mangia granché, un piatto di pasta prima di servire i pranzi, verdura e pietanze prima di cena: non si possono appesantire prima di servire. Arriva a casa e mangia delle robe, quelle robe preconfezionate che non hanno tempo e voglia di cucinare né di fare la spesa. Ha avuto una telefonata con mia madre e le ha detto che... ha voglia di tornare da me, come si mangia da papà io non mangio in giro! Mi ha fatto piacere!
Non ha voglia neppure di tenere la casa in ordine due giovinotti appena diciottenni... Da quanto ho visto è poco  cosa rispetto al lercio e al disordine di case di alcune persone adulte la cui vista orribile ho avuto occasione di subire.
L'ho visto un po' torchiato, ecco.
Si è sfogato un po': il proprietario è una persona rozza. Gli ho detto che le mie amiche tanghere romagnole dicono che i romagnoli sono grezzi e anche _dlini, mio ex collega di Ravenna, colui che tentò (ahimè senza successo) di portarmi al tango quando ero infoiato di afrocubano, una persona fine che scherzando e ridendo prendeva in giro i suoi conterranei così sanguigni. Grezzi e cordiali, ho aggiunto. Mi insulta (ha trovato un insulto per me "'È inutile che vai all'università a perdere tempo!") perché sclera, dopo qualche minuto gli passa e bofonchia un "Bravo, sei andato bene!". Ecco, vedi, sanguigni, nel male, nel bene. Impari anche a stringere i denti, ciccio, come i parà, il nonnismo serve a vedere se sei capace di resistere. Se resisti, se sei forte, poi diventi uno di loro che devono fare la guerra, non lavori da cicisbei.
Sono persone che si sono fatte da sole, spesso dal nulla. E... ed è sempre al telefono, c'ha due batterie che è S E M P R E al telefono si guarda un po' di tipe nude, sempre al telefono, passa quasi tutto sul tempo al telefono, papà.
Forse ci vuole qualche capello bianco per capirli 'ste persone sgobbone o non so cosa, forse anche con le loro manie, non dico di no. Furono e sono il cuore, palpitante, forse anche rozzo, di questa Italia che tira avanti e sgobba.
Mio figlio è abbastanza fine e non le capisce ancora queste cose, nota, per il momenti, alcuni aspetti un po' ruspanti, un po' volgari.
Abbiamo mangiato insieme qualcosa, egli ha divorato un bufalo: due pizze e un mezzo fritto di pesce.
Mi ha raccontato gli errori che hanno fatto i due camerieri, quello dell'ordine e il ragazzo che ci ha aperto quella deliziosa bottiglia di rosato d'Abruzzo. Lavorare in un ristorante prestigioso, di un certo livello  costoso e in decadenza gli ha insegnato qualcosa. Il giorno prima aveva servito uno dei più famosi rapper italiani, mi ha fatto vedere la foto che si è fatto fare con lui, mio figlio è(ra) infoiato di trap. Vedi, papà, ad aprire la bottiglia non devi appoggiarti sul tavolo. E il tizio mi ha servito la pizza da sinistra, invece di farlo posteriormente, dalla mia destra. E il taglio del sigillo della bottiglia lo devi mettere nel secchiello del ghiaccio, il cliente così può verificare che non ci sia "odore di tappo".
Bah, io non le sapevo 'ste cose, lo ascoltavo in silenzio, con un po' di ammirazione per questa etichetta di sala che egli ha appreso.

Mi dice che sta contando i giorni al venti, quando finirà. Uno alla volta.
Ciccio, hai avuto occasione di comprendere (è più profondo, non è il capire della mente, non so se superficiale o non emotivo) cosa è il lavoro, impegnarsi per un reddito, che nulla viene gratis.
Ho capito che è importante studiare, papà!
Bene.
Conta i giorni che mancano. Uno alla volta.
Un abbraccio forte, sono salito sull'ultimo treno regionale, prima delle ventidue e via, ho visto il mio bipede un po' torchiato farmi ciao e tornare verso la bici. Sono crollato, sonno pesante nel caldo pesante e afoso.

1 commento:

  1. Si sta facendo un bel mazzo il tuo bipede. Nulla e' meglio per capire "come gira" che l'esperienza diretta.
    E penso con una punta di nostalgia anche ai miei anni di sgobbate, vita un po' maldestra, orari sbilenchi, cibo casuale e stanchezza diffusa.
    :-)

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