sabato 4 aprile 2020

Iaia (o Jaja)

Ho tolto dai diari quello di Maurizio Blondet. Non amo (eufemismo) i complottisti, coloro che non sanno o non si occupano del come per gettarsi sul perché. Men che meno i sovranisti de 'noantri, sempre impegnati ad osservare le magagne di altri paesi, per non occuparsi di quelle del proprio. E' l'Italia che dobbiamo migliorare!
In realtà io sono "orfano" del diario di Giampaolo Rossi che una volta, in modo laico, con il suo L'Anarca, era un reazionario, un ecologista, un resistente in questo periodi di progressismi arcobalenghi verso la barbarie.
Invece, saltando di diario in diario, da quello di Sara ero arrivato a quello di... una eccellente botanica, entomologa, una cuciniera fantasticamente onnivora, Iaia (o Jaja, a mio avviso la jota, come i semi vocale, dovrebbe essere d'obbligo) con il suo connubbio di pregio, gradevole, creativo, di biologia, economia domestica, arte gastronomica.

(jaja)

26 commenti:

  1. Il soggetto in questione è un fanatico cattolico della peggior specie, che quasi-quasi fa passare Joseph de Maistre per un laico. Penso che Blondet sia anche un antisemita, perché altrimenti non si sarebbe messo a scrivere, un giorno sì e l'altro pure, tutti quegli arbitrari sproloqui contro Israele. Per fortuna che il cattolicesimo ultratradizionalista, interpretato magistralmente da questo signore, sia quasi del tutto estinto. A livello di complottismo, oddio, c'è di peggio, ad esempio Albino Galuppini.

    Lungi da me venire qui a provocarti, anche perché sarebbe del tutto vano, però mi si conceda una domanda: perché ti sforzi così tanto a voler far sposare due ideologie così antitetiche quali sono l'ambientalismo e la reazione?
    Secondo me, è assolutamente assurdo. Sarebbe come essere vegano ed onnivoro al contempo: manco in un film di Hitchcock.

    Insomma, penso che tu dovresti essere al corrente del fatto che Aurelio Peccei era tutto fuorché un nazionalista ed un demagogo, anzi, egli stesso auspicava una sorta di grande collaborazione tra le varie nazioni al fine di trovare delle soluzioni a delle problematiche più ampie e complesse delle nazioni medesime. Se noi vogliamo salvare per davvero la Terra dalle furibonde tempeste che già si intravedono all'orizzonte (vedasi, per esempio, le invasioni di cavallette che avvengono oramai ad un ritmo marziale e che danneggiano irreversibilmente i raccolti di frumento), allora non si potrà non collaborare gomito a gomito con gli africani e con gli indiani, anche qualora non ci ispirassero chissà quale simpatia.

    Saluti,

    Flughund/Volpe Volante

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    1. Col tempo ho imparato a distinguere tra ambientalisti (quelle cose tra il radical chic, il progressista cittadino che si diverte a baloccarsi con l'idea di un giardino in campagna, quelle cose orribili tipo i verdognolastri attuali, etc.) e gli ecologisti.
      I primi hanno aggiunta la superfetazione marxista (ora liberal) della "sostenibilità sociale" che è una demenza, una prpojezione antropocentrica ugualista alla logica della natura che, di tale robaccia, se ne frega.
      Una persona ecologica non può che essere reazionaria.
      Quasi tutte le persone ecologico che conosco sono infatti contadini con un approccio restauratro, duro, puro al rapporto con la natura.
      Non sono artificializzati salottieri da città che si baloccano con una visione waltdisneyana della natura.

      Le soluzioni ai problemi globali NON possono essere demandate al globale (sarebbe come pretendere di affidare agli incendiari la soluzione degli incendi). Il pensiero deve essere globale, l'agire, la politica deve essere locale.
      I confini territoriali sono i limiti fisici delle comunità umane e non c'è nulla di più ecologico dei limiti, dei confini. Uno dei problemi piùg gravi in ecologia sono le xenospecie che, a dispetto di tutta la stucchevole e scadente propaganda martellante del pensiero unico globalista porgressita, sono il corrispondente dei forestieri, degli alloctoni umani che, per la massa spropositata di im/deportazioni apologizzate e implementate dai progressisti, sono le guerre migratorie che subiamo, gli inferni multietnici e, peggio ancora quelli multiculturali.
      Peccei si rivolta nella tomba ogni volta che un invasato progressista no-border/dirittista inizia le proprie litanie contro i limiti, contro le identità, contro le differenze (beh, nel loro linguaggio artefatto sono disuguaglianze).
      Ci sarebbe molto altro. Ma non vorrei tediarvi, signor Flughund.
      Anche perché parte del problema è la ugualizzione e animalismo/veganesimo sono espressioni di queste ugualizzazioni (ugualizzari onnivori ed erbivori).
      Grazie per il segno lasciato.

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    2. Le religioni monoteistiche hanno parecchi problemi con la natura.
      Non è un caso che sono rozze dal punto di vista teologico, una notevole immiserimento rispetto alla ricchezza dei politeismi. Si pensi solo a quello ellenico oppure a quello dell'induismo, sia vedico che tantrico.
      Nietzsche, in La Genealogia della Morale, spiega molto bene il problema delle religioni monoteistiche.
      Comunque non ho alcun dubbio: meglio gli zeloti cattolici che il merdame islamico rozzo e iperprolifico che ci stanno innestando a forza i vari kompagni, delle ONG scafiste, dell'ASGI, la magistratura rossa razzista anti italiana, le sardine in scatola, etc .

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  2. Ciao uomo in cammino, dai che (per molti ma non per tutti) andrà ababstanza bene...Posso chiederti una opinione su questo racconto sul virus che ho scritto ieri? (parte di una raccolta in preparazione)

    L’incontro

    C’era qualcosa che non andava. Zampe-pelose da quasi una luna aveva capito che c’era qualcosa che non andava: appena il sole tramontava dietro il crinale, come al solito si fermava al punto che quelli del popolo-nudo chiamano “la bolfa”, ( la lupa cioè, con un germanismo che rievoca le invasioni germaniche dell’alto medio-evo): da lì, nascosto fra gli abeti, guardava in basso le prime case del popolo-nudo. Anche quella sera quel lupo appenninico non vide fumo o luce uscire dalle tane del popolo-nudo. I suoi pensieri senza parole avrebbero suonato così:

    “Questo è strano. Non c’è fumo, non c’è luce dalla prima tana. Mia madre, prima che la notte sorgesse, mi faceva sempre fermare qui all’imbocco della traccia di lupi ed altri animali, prima che si entri fra gli abeti: così mi faceva vedere che il nostro bosco era circondato da quelli del popolo-nudo anche da questo lato. Dovevamo stare in guardia. Ho sempre visto le tane del popolo -nudo che buttano fumo e luce, sia la prima tana che la seconda, insomma tutte quelle che si vedono da qui. Dal lato dove il sole va a dormire invece si vede fino all’infinito, ed anche le tane del popolo-nudo sembrano infinite. Almeno da questo lato, nella valle sotto gli abeti, si vedono solo due tane e questo mi rassicura. Adesso perchè le tane sembrano vuote? Sarà un altro inganno del popolo-nudo?”

    Zampe-pelose poteva sembrare ossessionato dal popolo-nudo, perchè sapeva benissimo di essere in realtà accerchiato dai molti di loro, e doveva rifugiarsi negli angoli di bosco più nascosto per non lasciar loro segno del suo passaggio, come la madre gli aveva insegnato.
    Zampe pelose era sospettoso, ma in realtà sapeva benissimo che la sua curiosità avrebbe presto avuto la meglio sul timore del popolo-nudo. Zampe pelose passava sempre per la bolfa prima che il sole andasse a dormire: poteva controllare se qualche capriolo o cinghiale era passato, ma era anche un modo per evocare l’odore ed il calore di sua madre.
    Era quasi buio, di quel buio in cui un lupo ci vede benissimo, quando Zampe pelose fu abbandonato da ogni forma di pensiero cosciente, di quel misto di sospetto-paura per il popolo-nudo e dolce ricordo della madre; lasciò che il troterello agile e senza sforzo da lupo lo portasse giù dall’abetina, sotto la fonte. Seguì la carrareccia ai bordi del fiume fresco di sorgente, e con pochi respiri arrivò al primo campo coltivato: da lì poteva sentire di solito l’odore del pasto del popolo-nudo di quelle due tane. Quella sera nessun odore di cibi esotici provò a sedurlo: al suo posto sentiva solo l’odore della morte. La prima tana era senza luce, senza fumo, come fosse la tana di un lupo. Quell’odore di morte che lui ben conosceva sembrava portarlo dritto alla tana: decise di proseguire strusciandosi ai paletti fra carrareccia e campo, perchè non sapeva davvero se sarebbe tornato vivo, ma almeno voleva ricordarsi del massaggio di quel legno tondo in punti che un lupo non può stimolare da solo.

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  3. (continua)

    Zampe-pelose era ormai a pochi balzi dalla prima tana del popolo-nudo: l’odore di morte era molto forte, non sapeva dire però che bestia fosse morta, perchè dopo molte notti l’odore di morte si assomiglia tutto. Con un balzo scavalcò la palizzata, ed atterò dove sil suo sguardo poteva già rubare cosa c’era dietro all’angolo cieco della tana: non poteva credere ai suo occhi:

    “Non ci posso credere: io avevo immaginato che anche quelli del popolo-nudo muoiono, ma un conto è pensarlo dentro di se come un messaggio donato in sogno dagli dei del bosco, un conto è trovarcisi davanti. Non sento che odore di morte qui: un altro odore di morte mi chiama dentro la tana del popolo-nudo.”

    Zampe-pelose distolse ben presto lo sguardo dal vecchio stramazzato a terra con la faccia nel fango, e fece un mezzo giro per osare l’impossibile: entrare dentro la tana del popolo-nudo. Non sentiva l’odore dell’uomo dentro, ma solo quello di morte e di cio buono. La sua curiosità era tranquillizata dal naso:

    “Io entro, io entro. Io so come fare, io so come fare.”

    Con una zampata tuttaltro che timida su quella che chiamano maniglia aprì la porta semichiusa: di fronte a lui la vecchia sembrava dormire distesa sul divano, ma per fortuna di Zampe-pelose lasciava solo odore di morte. Poi finalmente capì dove lo stava portando il naso: una scatola alta, chiara, con un’altra maniglia come quella della porta. Non aveva mai visto una maniglia in azione, ma certe cose i lupi le visualizzano dentro di sè, perchè non possono contare sull’aiuto e sulle spiegazioni dei loro padroni nudi come fanno i quasi-lupi. Zampe-pelose aprì quella scatola dopo aver provato a tirare e spingere con la zampa sulla maniglia. Una luce lo investì, e dentro il tesoro così odoroso:

    “Questo è un banchetto sacro, questo può solo essere il dono del dio pastore accompaganto dal lupo; il popolo-nudo è morto, e non minaccerà più la mia tana a valle: forse passerà di qui la lupa dell’anno vecchio, e quando vedrà la valletta tranquilla, non più visitata dal popolo-nudo, forse si fermerà con me: questo è un dono del dio pastore accompagnato dal lupo.”

    Zampe-pelose non poteva sapere che quello era davvero un dono del dio pastore accompagnato dal primo lupo che si fece quasi-lupo, il dio Pan. Zampe-pelose non poteva sapere che il popolo-nudo di quella tana così vicina all’unico bosco dove poteva vivere era morto per un virus che veniva da lontano, dove troppi uomini vivevano e e distruggevano il bosco. Il dio pastore però sentì che Zampe-pelose consumò quel pasto con grande riconoscenza, e tanto gli bastò: sarebbe presto comparso in sogno al lupo suo malgrado solitario per dirgli che presto quelli della sua specie avrebbero avuto un po’ più di spazio vitale, come meritano.

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    1. Devo prendermi qualche minuto per leggere.

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    2. Mi ricorda alcuni passaggi di Narciso e Boccadoro, di Hesse, quando Boccadoro arriva a villaggi tedeschi decimati dalla peste.
      Certamente qui in Appennino lo spopolamento ha esteso le zone selvatiche ovvero ridotto la pressione antropica. Io ho i lupi a pochi metri da casa, hanno una sorta di via dal monte al fiume che passa vicino alle case popolari farcite di invasori magrebini.
      Comunque, i conoscenti contadini sono con le ginocchia a terra: cinghiali, caprioli, cervi, astore, poiane, razziano campi e pollai. Questo non va bene, specie per piccoli contadini che cercano una via ecologica alle loro produzioni.
      Non so se lo scrissi in qualche pagina, qui, del biocontadino del GAS che aveva galline decimate dall'astore. Una biocoltivatrice orticola stava per iniziare a fornire il GAS quando, la mattina prima delle consegne, un branco di cinghiali le "preparò" l'orto per la consegna.

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    3. Come ho scritto più volte, un'Italia con 6M di abitanti sarebbe una sorta di paradiso in terra. La pianura padana, in quel caso, potrebbe tornare ad avere ampie zone boscate utili anche per biodegradare inquinanti e altro che la rendono, oltre che una delle zone più costipate, anche una delle più inquinate al mondo.
      Tra l'altro alcuni sottolineano una correlazione tra virulenza del COVID19 e zone con i probkemi più gravi di inquinanti e polveri sottili.

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    4. Coi cinghiali si fanno ottimi salami, pancetta, coppa...

      Esistono trappoloni in rete d'acciaio che, usati correttamente, permettono di catturare d'un botto intere famiglie. Certo, ci vuole un paio di settimane per costruire la trappola e convincere i devastatori (che sono sempre seriali e tornano più volte sul luogo del delitto) a considerarla un manufatto innocuo e usarla per strafocarsi di esca, fino al momento in cui... magia... presi!

      E da lì al riempire la cantina di ottimi salumi il passo è breve -- con la disoccupazione galoppante i norcini lavorano per cifre molto abbordabili.

      Alla faccia delle zoonosi, che sono più che altro uno spauracchio fine a se stesso se si è documentati e prudenti, la fauna selvatica è solitamente commestibile.

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    5. In un agriturismo (150ha di vigneto, bosco, seminativi), in Maremma facevano del cinghiale al forno con olive che era una delizia.
      Gli facevano la posta, un po' di granoturco, arrivavano, un colpo solo, non si accorgevano neppure di diventare cibo squisito.
      Bisogna controllare bene i capi abbattuti contro parassitosi e altro. Caccia e norcineria, come tutte le cose del mondo, possono essere fatte bene o male.
      A me Obelix è sempre stato simpatico! :)

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    6. "150ha di vigneto, bosco, seminativi" un agriturismo? Chiamiamolo col suo nome, che è meglio. Quel nome è latifondo. Il concetto di agriturismo è nato con connotazioni e finalità ben diverse, concedendo condizioni fiscali di favore mirate a famiglie con piccole aziende affinché integrassero il loro reddito con piccole entrate da attività turistiche occasionali e di basso profilo (e a basso prezzo). Oggi il concetto di agriturismo è stato forzato oltre misura, ed è diventato un grimaldello per accedere a forme di elusione fiscale rivoltanti. Spesso, per di più, da parte di personaggi che di agevolazioni proprio non avrebbero bisogno.

      Non è una novità.

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    7. No.
      In quel caso era proprio una famiglia contadina che aveva anche tre camere che affittavano.
      Il prezzo era equo. Perché dovrebbe essere basso? Le cose di pregio come quella non solo non possono ma non devono avere un prezzo basso.

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    8. I latifondi arrivano anche migliaia di ettari di estensione.

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    9. 150 ettari E' un latifondo. Siamo in Italia, non in Argentina o in Australia o nell'Iowa. Quanto costa, mediamente, UN METRO QUADRO di terreno agricolo? Dalle mie parti va dai 6 ai 10 euro, diciamo 8 e non se ne parla più. Un ettaro sono 10.000 metri quadri, dunque 80.000 euro di capitale. Dieci ettari, 800.000 euro. Cento ettari, 8.000.000 di euro. Centocinquanta ettari, 12.000.000 euro (dodicimilionidieuro). E sto parlando di terreni seminativi da cereali, non di vigneti già installati e produttivi. Poi ci sono gli edifici e i macchinari. In tutto questo, vogliamo credere che si tratti di un agriturismo "per arrotondare"?

      Una "famiglia contadina". Mi permetto di definire "impropria" questa definizione, se applicata a una famiglia d'imprenditori con un capitale immobiliare che, solo in terreni si esprime in svariati milioni di euro. Quanta gente impiegano nella propria azienda? Quanti nel cosiddetto "agriturismo"? Fanno lavorare gente per beneficenza o perché ne hanno un utile?

      Il concetto di agriturismo deve tornare ad essere applicato come è stato spacciato in origine. Questi villaggi vacanze mascherati da agriturismo devono essere considerati per quel che sono, gli imprenditori che li conducono devono essere inquadrati fiscalmente per quel che sono. Siamo un po' nelle stesse condizioni degli "sconti" sulla tassazione degli immobili che vengono praticati agli edifici di proprietà della Chiesa quando vengono impiegati in attività commerciali spacciandoli per "luoghi di culto" perché c'è magari un crocifisso in un corridoio.

      In un paese nei pressi di Domodossola c'è una nota "casa ferie" che fa capo a una certa diocesi lombarda. C'è la cappelletta (una stanza), in un cassetto di ogni camera c'è una Bibbia. La stessa diocesi amministra e conduce anche una scuola alberghiera in un'altra città. Cucina e sala della "casa ferie" vengono regolarmente condotti dagli studenti, sotto la guida di un insegnante. Cento. Gli studenti (ho chiesto) non prendono un soldo, nonostante lavorino al 100%. Sicuramente la struttura gode di esenzioni a cascata. Il bar non batte uno scontrino che sia uno, nonostante la cassa sia regolarmente accesa... Cento, centoventi "ospiti" a botta, in pensione completa (gite scolastiche in rapido avvicendamento).

      Non solo agriturismo, dunque. Furberie e speculazioni. Cavilli e "maniglie". Come vogliamo chiamare chi pratica questo tipo di attività? Il fatto che cucinino bene non li rende più "virtuosi".

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    10. Son parecchi anni che non torno da quelle parti (ci tornai un paio di volte con A-Woman).
      I prezzi al mq nel Piemonte agricolo suppongo siano decisamente piu' alti che quelli di un angolo di Maremma (non cosi' remoto ma parecchio remoto).
      Di quei 150ha molto era bosco e zone non coltivabili, fossi, perche' impervie, etc. .
      Avevano uliveto, seminativo e anche un poco di vigna.
      Erano veramente contadini e lavoravano loro.
      E' vero, spesso ci sono agriturismi molto turismi e poco agri oppure si tratta di possedimenti gestiti da SRL, SPA, etc . In genere cerco di evitare quei posti.

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  4. beh, me pare giusto,
    via,
    de salto in salto riavvicinasse alla terra ancora ricca dei suoi immensi doni, pe' poi a tempo e luogo reincontrasse co' la nuda terra come facciamo per esercizio spirituale NOI qui nell'eremo
    pace e bene

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    1. Leggendo le pagine di Jaja mi rendo conto della gioia, della soddisfazione che ella deve provare nel farla fruttare, fiorire. Credo che ci si senta un po Dio, creatori, quando essa, lavorata con maestria, produce la cornucopia che è in grado di produrre.
      Penso che sia stato anche l'esperienza pazzesca che gli ebrei provarono in Israele (per molti secoli ebbero il divieto di possedere terre in Europa, anche comprensibile considerato che furono finanzieri dell'epoca).

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    2. Ben poco di quello che cresce nell'orto, lo fa per merito mio. Alcune spontanee sono spontanee davvero, sono arrivate da sole; altre ce le ho portate io, ma ora si autogestiscono. Poi ci sono i semi più o meno esotici, più o meno antichi, acquistati o scambiati. Questi si, spuntano per merito mio, nel senso che sono stata io a procurarli e a piantarli, ma sul successivo sviluppo e rendimento della pianta ho poco merito. A volte ho dei semi particolari, ai quali tengo tantissimo, o perché piacciono a me, o perché mi sono stati affidati da altre persone. Per dimostrare il mio apprezzamento verso coloro che mi hanno regalato i loro semi, faccio di tutto perché quelle piante crescano al meglio, ma più mi impegno e meno ho risultati.
      Quindi la maggior parte dei successi scaturisce da una combinazione di condizioni fortuite.
      Io mi ritaglio il compito di vedere l'invisibile, di approfittare di quello che la natura si degna di regalarmi, di trasformare il caso in opportunità.

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    3. Io sono contrario all'uso di piante esotiche.
      Guarda la catastrofica diffusione dell'ailanto, iniziato (vado a memoria) come succedaneo dei gelsi per nutrire un baco per da seta (maggior produzione mediocre qualità) di quello tradizionale.
      Ora quell'orribile essenza è un cancro che si diffonde sempre più.
      Non so se sia peggio l'amianto o gli islamici, cazzo, sono violentemente prolifici.

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    4. I forestieri in generale. I forestieri andrebbero tenuti dove la lingua stessa definisce il loro ambito: fuori. E non è un concetto da intendere in termini nazionali, ché il concetto è stato troppo annacquato da influenze di carattere economico/commerciale. Quel che fa o non fa un forestiero sono la provenienza territoriale e la formazione culturale, che poco hanno ormai a che spartire con le divisioni nazionali (troppo ampie, troppo onnicomprensive, troppo inclusive).

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    5. Gli stupidi razzisti anti insorgerebbero, qui.
      Io, aggiungo ancora una volta, una nota contro questa demenza dello ugualismo: i forestieri NON sono uguali agli autoctoni e a casa di altri hanno meno doveri, meno diritti e, soprattutto, sono ospiti a tempo.

      Nel fatto che in casa tua si installino senza permesso e contro la tua volonta' frotte di sciiti iracheni, indiani buddisti, sunniti algerini, mormoni dello Utah, etc. le credenze religiose non ne cambia la gravita'.
      Ecco, nel caso degli islamici si aggiunge la loro virulenza e prolificita' e quindi peggiora il tutto.

      I sinistrati sinistranti condizionati con i loro valori storti ti diranno del fassista / leghista / rasista
      e invece hanno la segatura nel cervello e sono stati plagiati ad essere xenofili (e razzisti anti) senza se e senza ma, invece di mantenere una sano, fisiologico e comune a tutte le culture, in ogni area, senso di sospetto e di timore, con le opportune misure che seguono, nei confronti di forestieri.
      Qui vorrebbero martellarti il valore (? si', di plastica!) che uno dovrebbe aprire le porte, i porti, abbattere i muri e mettere uno sconosciuto nel tuo letto, "senza se e senza ma".
      Sono tanto rozzi nel loro fondamentalismo quanto stupidi!

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    6. Le mie esotiche non sono autosufficienti. Morta io, qualcuno si approprierà di casa e orticello. Nessuno coprirà la serra, e l'unica esotica che non va riseminata schiatterà.
      Più fácilmente... quel qualcuno asfalterà completamente l'orticello, e nemmeno le margherite rispunteranno.
      Forse sopravviveranno solo i topinambur, per stroncare quelli non basta il Napalm né il cemento.

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