giovedì 1 maggio 2025

Sul lavoro

  • Un’aporia nella quale è difficile orientare la propria bussola morale.
    Vapore Sodo, geogatti
Festa del lavoro.
Mmh.
Discorso complicato: molte persone pensano solo al diritto al lavoro che, sotto sotto, viene creduto un diritto ad un reddito, un'aberrazione che nelle società signorile di massa, diventa la demagogia del reddito di fancazzanza, l'ipocrisia dei compagni al caviale predicatori con BMW e sguattero/servo filippino che pulisce anche i cessi. Rosa Canina, insegnante, mi racconta quasi quotidianamente degli orrori di molti colleghi per cui la scuola è il posto di stipendio: sono quelli che scansano tutto il possibile e, non di rado, lo ammettono direttamente, sono lì solo per lo stipendio. Saprei io come raddrizzarli (non c'è alcun obbligo di fare lo insegnante!).

Mio padre, colto e libero pensatore, frequentò anche delle comunità gandhiane e mi raccontò dello sciopero della fame che Gandhi fece perché la moglie, di casta alta, voleva far pulire i cessi ad una persona di casta inferiore. 

Quindi io sono ferocemente contrario a far fare ad altri ciò che non ci piace. Lo so, questo è un moralismo severo, estremo, che contrasta colla natura, colle leggi della termodinamica per le quali lo spirito innato è la massima resa al minimo dispendio energetico. Il reddito di fancazzanza è la coronazione ideologica della massima resa col minimo "lavoro".
Ho trovato  la soluzione alla aporia, come usa messer Vapore Sodo: sul piano della natura, della ecologia

  1. Non si mangia gratis.
  2. Quello che scansi tu poi tocca a me.
    No grazie!
  3. Se non fai bene il tuo lavoro poi i danni li subisco io.
    No grazie!
  4. Ci sono infiniti lavori di ogni tipo, ripeto, di ogni tipo che ogni persona, può fare per mantenere sé stessa e per contribuire alla comunità.

Quindi sì al dovere di lavorare per non pensare su spalle altrui.
Il resto è demagogia per pigri, furbastri, e cialtroni dalla quale io sto più lontano possibile.

47 commenti:

  1. vabbé, dai, lavorare è utile ai mortidifame ed aiuta il passaggio terreno, ma debbo constatare sulla mia pelle che dopo una certa (80 per me ma varia da caso a caso) risulta impossibile per via dei dolori corporali previsti dalle IA quando ci progettorno proprio per distaccarci dalla vita.
    Piuttosto nel tuo scritto vedo che hai trascurato l'aspetto migliore che regna sovrano nella patria dei caki e cioè le pensioni di reversibilità pagate con l'irpef dei lavoratori, re-introdotte di nascosto nel 16 o 17 non ricordo bene anche dopo un minuto di vita coniugale e senza badare all'età del beneficiato, vuoi mettere tu perdersi quei bei redditi (nel caso di pensioni caporionesche tipo quella del lavoratore Bonanni ancora google ne parla).
    Quindi ci sono possibilità anche per i mortidifame, divulghiamo la cosa affinché anche le misere pinzioni dei lavoratori non vadano disperse e che ne beneficino i nipoti sia maschi che fimmine che possono essere sposati sul letto di morte e ricevere il 60% dal giorno del triste evento.
    La cosa potrebbe pure esser buona per i migranti che riescano a farlo anche ai fini della cittadinanza come fece la messicana che si sposò mio suocero vedovo colonnello di oltre novanta anni e da 30 anni riceve nel mechico i soldi strappati dalle buste paga dei poveri lavoratori mortidifame thajathani gestiti dai vari caporioni che loro si scelgono ogni 5 anni e fregandosene altamente del mio partito degli under 70.000

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    1. Mi fate sorridere, colle vs. espressioni colorite! :)

      Egregio Fracatz, l'INPS è la cortocircuitazione demagogica massima: una devastazione per i bilanci dello stato di 18 miliardi di euro all'anno, con una quantità enorme di parassiti che hanno versato 10 e prendono 100.
      Prima o poi collasserà.
      Ovviamente i parassiti hanno votato coloro che hanno promesso loro che il parassitaggio possa continuare spensieratamente.
      Tanto ci sono i servi del fiscoglebainpsaccoglienza, i nuovi schiavi, i lavoratori con trattenuta alla fonte, nuovi schiavi che vengono spremuti come limoni.
      Ciò piace molto ai compagni ugualisti, che considerano uguali cicale e formiche. Anzi, no, come disse un compagno - non sto scherzando, veramente al GAS discutemmo di questo! - le formiche sono "fasciste" (vi rendere conto di quanto sono cretini!?) e quindi le cicale sono più uguali!

      Su migranti e invasori e come risolvere la questione, ho decine di pagine a riguardo.
      Buondì

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    2. L'espressione "parassiti" è impropria, proprio per il discorso sulla clientela. Se l'Italia è andata avanti per decenni sulla base di vari meccanismi clientelari per cui si dava sostegno-fedeltà a qualcuno e in cambio si riceveva un premio, non si può parlare di un meccanismo evolutivo di predazione come quello che produce il parassita, è piuttosto una perversione generalizzata, tipo sodoma e gomorra, perché tutto è alla luce del sole, tutti o quasi partecipano in un modo o nell'altro.

      Come ho scritto in precedenza, alla base c'è la scelta tra un "tanto peggio, tanto meglio" che è più comodo, meno faticoso e l'alternativa di definire e poi rispettare una "morale".

      Per esempio, consideriamo il solito discorso de "ho lavorato una vita, ho diritto alla pensione". Lasciamo perdere il problema di quantificare il "lavoro" e la "pensione", il problema consiste nell'associazione tra uno e l'altra passando per il "diritto", cioè il concetto che questa associazione sia "giusta" e di conseguenza utile. Escludendo che "giusta" sia da collegare metafisicamente ad un precetto divino.

      E' una menzogna perché la associazione come "diritto" tra "lavoro" e "pensione" non solo non è utile ma è nefasta, dato che prescinde da un processo causa-effetto. In altre parole, la "pensione" con consegue il "lavoro" ma è data a priori. Da cui il "lavoro" può essere qualsiasi e ugualmente la "pensione", non c'è legame, non c'è funzione, si potrebbe lavorare come bestie da soma per decenni e vedersi attribuita una pensione di un centesimo o leggere la gazzetta per un anno e prendere un milione.

      Ancora, non si tratta di parassitismo ma di una specie di religione perversa, per cui un clero di psicopatici somministra ad un "popolo" di minus habens tutta una dottrina di fandonie che finisce per consentire al clero di vivere come nababbi e al popolo di rotolarsi nel fango di queste misere "conquiste", con i due retropensieri che potrebbe anche finire e che il conto lo pagheranno i figli o i nipoti.

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  2. Beh, l'aporia era riferita al conflitto israeliani/palestinesi in verità!

    Comunque vedo che ha citato Gandhi e, non so se la cosa era voluta o è un caso, ma anche lui aveva un pensiero simile al vostro.

    In particolare riteneva che tutti dovessero svolgere del lavoro manuale anche chi era avvocato o dottore. Proprio perché vedeva nel sudore della fronte un valore di per sé che nobilitava l'uomo.

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    1. È dai tempi del GAS che devo gestire l'apparente impossibilità di trovare soluzioni dovuti a conflitti etici contrastanti.
      Direi che gran parte degli ingegneri, a differenza degli scienziati, lavorano in condizioni "aporiache" quotidianamente: trovare una soluzione quando criteri confliggono.

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    2. Ganhi ha ragione: è il lavoro manuale che più viene schifato e disprezzato da ampie parti di popolazione, da fancazzisti pubblici da uffici, cafoni neoricchi, compagni al caviale con servi filippini, evasori (non immaginate quanti evasori do sinistra conosco!), pensionati versato 10 arraffare 100,, percettori di reddito di fancazzanza, etc. .
      Ad esempio: la maggior parte dei condomini non muove letteralmente una mano neppure per cose minimali.
      Un colossale parassiitismo, ciclismo di massa, che siningegna in ogni modo per scaricare più possibile sugli altri.

      Potrei collegare vari commenti da parte di sinistroidi puri e duri che nella ricorrenza, in vari luoghi, si vantano del proprio cicalismo.
      Ovvio che le formiche parassitate, quando si lamentano, siano pure fasciste.

      Questo spiega perché dall'altra parte, le indicano non con il canterino insetto scelto da Esopo ma con un arachidi, le zecche.

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    3. Uff, quanti refusi, errori e distorsioni scrivendo da furbofono.

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    4. Non si preoccupi! Ormai siamo tutti abituati ai refusi indotti o provocati dai "furbofoni"!

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    5. Il linguaggio naturale ha un'ottima ridondanza che ci permette di correggere quanto leggiamo.

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  3. Vorrei intervenire su un tema che tocca profondamente la nostra società: il senso del lavoro, soprattutto in professioni come quella dell’insegnante o del medico, dove si ha a che fare con le vite degli altri, con la loro crescita, la loro salute, il loro futuro. È vero, spesso si dice, con amarezza, che ci sono insegnanti che sono a scuola solo per lo stipendio, o medici che lavorano senza più passione. E non possiamo negarlo: in ogni mestiere ci sono persone più o meno motivate. Ma sarebbe un errore, e anche una forma di ingiustizia, fare di questi casi un giudizio generale. La verità è che la maggior parte delle persone lavora con impegno, con dignità, spesso tra mille difficoltà, con poche risorse, pressioni crescenti e un riconoscimento sempre più raro.
    La domanda vera, allora, non è solo "chi non lavora bene?", ma "cosa stiamo facendo, come società, per riconoscere, sostenere e far crescere chi lavora con coscienza e responsabilità?". Perché il problema non si risolve con la rabbia o con il moralismo. Si risolve costruendo una cultura del lavoro fatta di rispetto, di etica, di formazione continua e di esempio. Dove il lavoro non è solo un diritto, ma anche un contributo, una relazione, un segno lasciato nel mondo. E vorrei chiudere con una riflessione più personale, più emotiva:
    il lavoro è il modo con cui ogni giorno entriamo nella vita degli altri. Che tu insegni, curi, ripari, pulisca o coordini, stai lasciando un’impronta. Magari piccola, invisibile, ma reale.
    E allora la vera domanda, per ognuno di noi, non è “quanto prendo?” o “quanto devo fare?”, ma: che tipo di segno voglio lasciare? Perché, alla fine, è da questo che si misura la dignità del nostro lavoro. E anche, in fondo, quella della nostra umanità.
    G

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    1. > La verità è che la maggior parte delle persone lavora con impegno, con dignità, spesso tra mille difficoltà, con poche risorse, pressioni crescenti e un riconoscimento sempre più raro.

      Scusi, avete numeri, studi, misure, a sostegno della vostra affermazione?
      Non capisco perché il lavoro dovrebbe sfuggire all'entropia e alla sempervalida distribuzione di Gauss.
      La realtà è che:

      La maggior parte delle persone lavora con medio impegno, con media dignità, con medie risorse, etc. .

      Pochi lavorano in modo eccelso, il grosso così così, pochi in modo pessimo.
      La distribuzione varia e peggiora nettamente nei contesti dove è eliminata la respons-abilità: fare o non-fare, stipendio assicurato, posto fisso, etc. .
      In alcuni contesti (ad esempio l'edilizia nelle ricorrenti bolle speculative) si arriva al paradosso che prezzi alti attirano improbabili ragionieri, fornai, disoccupati, laureati in scienze politiche mesi a fare piastrellisti, lattonieri, idraulici allo sbaraglio, etc. arrivando addirittura al paradosso di avere prezzi esorbitanti e prodotti di qualità infima.

      Qualità ed eccellenza sono di pochi, signor G. .
      A volte mi pare di dovervi ricordare cose così evidenti.
      Mah, non capisco se state giocando ad un gioco oppure si tratti di altro problema,

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    2. Ti confesso che ho faticato a capire se stesse correggendo me o dettando una lezione di statistica spicciola. Forse non era chiaro, ma il mio commento non negava affatto l’esistenza della mediocrità nel lavoro, anzi, la davo per scontata. Solo che, a differenza sua, non credo che ridurre tutto a una curva di Gauss risolva la questione.
      Dire che molti lavorano con coscienza e dignità non vuol dire che “tutti sono eccellenti” sarebbe infantile pensarlo. Ma nemmeno condivido l’idea che la media sia inevitabilmente sinonimo di approssimazione o disinteresse. Esistono persone che, pur nella “media”, si impegnano, crescono, si assumono responsabilità. E questo, mi spiace, sfugge a qualsiasi distribuzione statistica: si chiama umanità.
      Quanto al tono da “mi tocca ricordarvi l’ovvio”, la capisco: dev’essere frustrante vivere circondati da ingenui che vedono ancora valore nelle cose. Ma no, non stiamo giocando. Né sto cercando di raccontarmi una favola sul lavoro. Sto solo cercando, magari con un po’ più di fiducia e un po’ meno cinismo, di ricordare che esiste ancora gente che lavora bene, anche senza dover rientrare in una campana Gaussiana di eccellenza. Poi, se per lei tutto si riduce a numeri e fatalismo, buon per lei. Io, nel dubbio, continuo a credere che valga la pena sostenere chi lavora con coscienza. Anche se non è un genio. Anche se non finisce sulle curve.
      G

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    3. Noto che la statistica, i numeri, vi stanno sul gozzo.
      Nel mondo reale l'impegno e la dedizione - specie quando assenti a causa di stipendio/salario assicurati a prescindere (la rovina di ogni società ugualistica) - non hanno valore se non portano a buoni risultati.
      Voi vi fareste operare da un cialtrone, incompetente che però si impegna molto?
      Penso di no.

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  4. Siccome è palese la necessità di passare l'insetticida, farei presente che una delle tante distorsioni praticate ad arte sulle menti del "popolo" è che non solo esistano i "diritti", quando la parola indica "quello che è giusto" e non "quello che ti devono garantire in cambio della clientela" ma che il "lavoro" sia un "diritto", quando il senso della Costituzione, per altro sovrascritta dal Diritto Comunitario, è che il "lavoro" sia un DOVERE, cioè parte dei doveri che competono al cittadino. Ovvero, ognuno deve contribuire alla società producendo e infatti la tassazione idealmente dovrebbe essere solo quella proporzionale (non linearmente) al reddito prodotto col lavoro.

    Un'altra idea ovviamente malsana che deriva da queste due, cioè che esistano "diritti" come funzione della tutela clientelare e che il "lavoro" sia un "diritto", consiste nel fatto che il "lavoro" debba provenire dallo Stato, in qualsiasi modo e a qualsiasi titolo. Da cui estensione del concetto di "Servitore dello Stato" esteso all'intera popolazione, dato che tutti, idealmente, vivono tra le parentesi stabilite da "sopra". Qui si dovrebbe affrontare l'annoso problema dello Stato che coincide col Partito e il Sindacato che è emanazione del partito, quindi lo Stato coincide con il Sindacato, da cui la "vertenza" non riguarda due privati e un contratto tra le parti, riguarda lo Stato che deve assicurare l'intera esistenza, la salute, l'istruzione e il "lavoro", da cui poi viene tutto quello che consegue la disponibilità economica.

    La Festa del Lavoro, il Primo Maggio, è come il Venticinque Aprile, la Festa della Liberazione. Sono festività "laiche" inventate dalla "sinistra" per "manifestare" e quindi aggregare le prime due categorie, quelle degli idioti assistiti e quella dei mai cresciuti. Non a caso il Primo Maggio non si immagina come il "lavoratore" in panciolle che finalmente si riposa o meglio ancora come un riconoscimento, un premio, una medaglia, si immagina come il "Concertone" in cui si inneggia all'antifascismo, alla resistenza, alla rivoluzione antiborghese, eccetera, tutti "sinonimi".

    Se vogliamo il Concertone è una versione adolescenziale e festaiola della parata sulla Piazza Rossa, una cosa inventata da Breznev negli Anni Sessanta.

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    1. Riletto, ineccepibile!
      Già scrivere dovere è metterla su un piano etico elevato.
      Sul piano della realtà significa farecalmenonip necessario per mantenersi e per non pesare sulle spalle altrui, i soliti sgobboni che oltre la fatica del lavorare bene devono subire il peso del non-fatto dai parassiti fancazzisti.

      Ci sono milion mila modi per contribuire lavorando per la propria comunità, dopo aver fatto tutto il possibile per il proprio mantenimento.

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  5. Iniziato il conclave. Che lo Spirito Santo guidi Zuppi in questo mondo turbolento. Pace e bene al nostro Cardinale di "strada"

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    1. Zuppi, quello della "roba pollificata"?
      https://unuomoincammino.blogspot.com/2019/10/prego-accostare-3.html

      Avrebbe potuto usare un nuovo nome (ravioli, fagottini, etc.) invece volle stravolgere, violentare il cibo locale a favore degli invasori islamici, contro gli invasi.
      Se Odino lo incenerisse fra 2' sarei solo contento.

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  6. Che sollievo, davvero. Finalmente qualcuno che ha il coraggio di dirci che il lavoro non è un diritto, ma un dovere! Anzi, una penitenza. E che lo Stato è il male, il sindacato un trucco, e il Primo Maggio una festa per “idioti assistiti”. Che lucidità, che rigore. Quasi ci dimenticavamo di vivere in un complotto gramsciano permanente. Immagino che per lei, se uno non produce reddito netto, sia meglio che si ritiri in una grotta. Malati? Inabili? Genitori in maternità? Tutti scansafatiche del sistema, naturalmente. E che dire dei concerti? Vergogna. La gente che canta e sta insieme invece di marciare in fila con la busta paga in bocca. Per inciso: il fatto che la Costituzione italiana e gran parte della civiltà occidentale riconoscano il lavoro come diritto (oltre che dovere) non è un dettaglio trascurabile. Si chiama equilibrio costituzionale, ma capisco che quando si parte lancia in resta contro “lo Stato che coincide con il Partito” c’è poco spazio per la complessità. La invito a una sfida: provi, per un giorno solo, a immaginare che non tutto ciò che sfugge al suo controllo ideologico sia parte di una degenerazione culturale. Magari scopre che dietro quei “mai cresciuti” c’è gente adulta, che lavora, paga le tasse, pensa con la propria testa e ‘orrore!’ celebra il Primo Maggio non per nostalgia sovietica, ma per riconoscere il valore di ciò che ha. Se questo le dà fastidio, nessun problema: è proprio il segno che c’è ancora bisogno di queste feste.
    G

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    1. Il lavoro è un dovere
      1 - il dovere di non pesare sulle spalle altrui
      2 - perché in natura non si mangia gratis.
      Ho parlato di pulire i cessi della propria abitazione, potrebbe essere il raccattare rifiuti sparsi da incivili, cucinare ciò che si mangia, devitalbizzare gli alberi e milioni mila altri lavori: producono utilità, non reddito, G. !
      Vediamo, se come cattocomunista, riuscite a intravvedere altre forme di parassitismo incompatibili col dovere di lavorare.

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    2. Visto che è bene prendersi cura dei propri veci, oppure pulirsi dopo aver cacao, istituito due nuove feste corrispondenti: c'è proprio bisogno di queste feste (per idioti!).

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    3. "Il lavoro non è un diritto, ma un dovere!" Giusto, come se vivessimo in una società medievale dove chi non lavora viene gettato nella prigione dell’inerzia sociale. Immagino che, secondo te, chi non riesce a trovare un impiego per motivi economici, sociali o sanitari dovrebbe essere messo a coltivare la propria terra in qualche angolo sperduto del mondo, lontano dalle comodità moderne, per «produrre» in solitudine. In fondo, se non produci, non esisti, giusto?
      Adesso, non fraintendermi, sono d'accordo che lavorare sia importante e che tutti dovremmo contribuire alla società. Ma il lavoro non è una condanna, né un modo per evitare di essere "un peso per gli altri" (che poi, chissà chi definisce chi è un peso per chi, mi chiedo). Il lavoro è un diritto perché permette a ciascun individuo di avere una vita dignitosa. O forse pensi che le persone con disabilità, o i genitori in maternità, o i malati cronici siano solo una banda di parassiti che vivono sul sudore della fronte degli altri? Si dovrebbe farli lavorare anche se non possono, perché, come suggerisci, la loro unica alternativa è ritirarsi in una grotta? Come direbbe un famoso economista, “speriamo che la grotta sia dotata di Wi-Fi per i tuoi commenti!”
      E a proposito di parassitismo, l’idea che chi riceve sussidi dallo Stato sia un "parassita" è una visione talmente ristretta che è quasi comica. Mi viene da ridere pensando a chi ha l'ardire di chiamare "parassiti" chi, per motivi al di fuori del proprio controllo, si trova in una situazione di difficoltà. Quindi, secondo questa logica, i disoccupati sono colpevoli di non aver trovato una posizione come CEO di una multinazionale, e le persone malate sono semplicemente degli ingombri sociali che non vogliono «produrre» abbastanza per la nostra società. E invece, quelle stesse persone, che si rimboccano le maniche per sopravvivere, dovrebbero essere riconosciute e aiutate, non demonizzate come “non produttive”.
      Poi, veniamo alla questione delle feste del lavoro. Ah, il Primo Maggio. Ecco un'altra delle tue perle. La tua critica alle manifestazioni di quel giorno come un rituale per “idioti assistiti” mi fa pensare a quanto tu abbia frainteso il significato di solidarietà e lotta sociale. La gente che celebra il Primo Maggio non lo fa per essere assistita o per avere una scusa per non lavorare. Si celebra perché è un promemoria delle lotte che hanno portato a diritti come il salario minimo, le ferie pagate, l’orario di lavoro decente e la sicurezza sul posto di lavoro. Ma chissà, forse preferiresti che tutto ciò non esistesse. Sarebbe bello immaginare un mondo dove i diritti dei lavoratori vengono “spazzati via” insieme alle festività. Magari con una bella giornata della produttività individuale, dove tutti devono lavorare ininterrottamente senza sosta e senza riconoscimenti, proprio come nel buon vecchio sistema feudale.
      Ah, e il “Concertone” come parodia della Piazza Rossa? Davvero un capolavoro di sarcasmo. Sì, è proprio così che funziona: una manifestazione per ricordare le lotte sociali del passato è esattamente equivalente a una parata di un regime totalitario. Ti sei dimenticato che il Primo Maggio non è solo una festa "sinistra" ma un simbolo di unità e progressismo che, sebbene non perfetto, è stato un pilastro nella lotta per i diritti dei lavoratori. Ma va bene, se per te il concetto di solidarietà è il massimo dell’idiozia, possiamo sempre tornare all’era dell’egoismo puro, dove ognuno è abbandonato a sé stesso e la società si riduce a una gara per "chi vince prende tutto".
      Infine, la tua visione dello Stato come un'entità da cui tutti dovrebbero distaccarsi, facendone a meno, è il sogno di ogni libertario che spera in un’utopia di non-intervento statale. Però mi domando: in questo mondo ideale, chi proteggerà i più vulnerabili? Chi garantirà i diritti fondamentali a chi non può "produrre" come gli altri? O forse l'idea è che se sei troppo debole, ti ritiri dalla società, senza diritto a supporto. Ma che bel mondo, davvero!

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    4. Tra le tante bambinate ecco quella più divertente:
      "Sì, è proprio così che funziona: una manifestazione per ricordare le lotte sociali del passato è esattamente equivalente a una parata di un regime totalitario. "

      Primo, notare il concetto di "manifestazione".
      Io manifesto il mio interesse per la ragazza mezza biotta tramite l'espressione da pesce lesso.
      Le "lotte sociali", espressione che come d'abitudine nobilita una parola (lotte) con lo pseudo-attributo (sociali), a voler dire che quelli si che sono lotte sacrosante, dato che sono sociali. Come la famosa "giustizia sociale", che è più giusta per il fatto di essere appunto sociale.

      Il concertone, esattamente come la parata, sono eventi pensati ed organizzati per intortare le masse di scemi con poche idee semplici che definiscono un "noi i buoni, il popolo eletto" e "loro i cattivi, figli del demonio".
      Prego notare che il PCI era la succursale italiana del PCUS e se non avessimo avuto l'enorme culo di essere occupati dagli USA, l'Italia, invece di essere parte del G8, quindi tra i primi dieci Paesi industrializzati del mondo, sarebbe stata piallata come la Romania.

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    5. Ah già, scusate, il PCI non è mai esistito.

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    6. Veniamo piuttosto al concetto del "dovere".
      I bimbi vanno a scuola quando vorrebbero andare a giocare ai giardinetti. Ci vanno perché sono obbligati. La fine della scuola implica(va) due cose, il dovere scolastico diventava dovere militare e dovere lavorativo. In entrambi i casi tutti avrebbero voluto andare in camporella e invece toccava andare in caserma o in fabbrica e in ufficio.

      Ci sono gli inabili? Si e quindi?
      Come questo contraddice il fatto che i bimbi devono andare a scuola? Anzi, i bimbi disabili si cerca di farli andare a scuola nonostante tutto, quindi di includerli nel dovere.

      Se qualcuno non può lavorare si provvederà al suo sostentamento però ovviamente questo ha la conseguenza dei "falsi invalidi" e non solo, arriviamo al "reddito di cittadinanza" che secondo il "guro del blog" dovrebbe liberare tutti dalla necessità cosi che ognuno possa dedicarsi alle sue passioni, invece di fare l'idraulico farà il poeta o il musicista o il pilota.
      Facciamo che smettiamo di prenderci per il culo?

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    7. > chi, per motivi al di fuori del proprio controllo, si trova in una situazione di difficoltà.

      Anche nelle situazioni di difficoltà si possono fare vari lavori utili a se stessi e alla comunità.
      Voi siete fissato sul lavoro professionale, retribuito.a esso è solo una parte del lavoro necessario. Esistono molti lavori di grande importanza che non sono retribuiti e che sono MOLTO importanti.

      Il lavoro è un dovere.

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    8. Nessuno, siamo.in pochi a non abboccare a questa sinistra narrazione del lavoro-diritto-bla bla bla.
      È possibile osservare molti luoghi nei quali è evidente il degrado umano, spirituale, economico, ambientale, ammorbati da un miscuglone velenoso di ideologia, fancazzismo, ideologie sceme, livore e astio per coloro che si sbattono e hanno risultati, menefreghismo o ostilità per le cose pubbliche.
      Togli dovere/respons-abilità e ottieni il peggio da persone, organizzazioni, economie, nazioni.

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  7. Segue
    La verità è che ci troviamo in una società complessa, dove l’equilibrio tra doveri e diritti è fondamentale. Semplificare e ridurre il lavoro a una mera “produzione” è non solo miope, ma pericoloso. Non tutto ciò che non è produttivo economicamente è inutile, e non tutto ciò che è prodotto dal lavoro è giusto.
    Mi auguro che tu possa un giorno riscoprire il valore di un mondo in cui, oltre al dovere di lavorare, ci sia anche il diritto di vivere dignitosamente, indipendentemente da quanti soldi hai nel conto corrente o dal lavoro che fai. Se non ci riesci, non preoccuparti: c'è sempre una grotta in cui rifugiarsi.
    G

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    1. > ridurre il lavoro a una mera “produzione” è non solo miope, ma pericoloso.

      Excusatio non petita, accusatio manifesta.

      Necessario, fondamentale, lavorare per produrre ciò che si consuma.
      Questa è solo una parte del lavoro necessario: quando pulite e sistemate il letto in cui dormite, fate il bucato delle lenzuola,etc. non è lavoro retribuito, economico: è ancora più importante: è lavoro doveroso per la salute e il decoro e per il fatto che non ne sbolognate la fatica ad altri.
      Moltiplicare per mille.

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  8. Premessa, questo blog raccoglie dei fenomeni da baraccone, tradizionalmente. Andiamo ad esaminare.

    "Finalmente qualcuno che ha il coraggio di dirci"
    Non ci vuole nessun coraggio, casomai ci vuole la pazienza come dare ripetizioni di matematica ad un ragazzino ciuccio.

    "E che lo Stato è il male".
    C'è scritto chiaro e tondo che non è lo Stato come concetto astratto ma il meccanismo per cui il cittadino è "servo dello Stato" e riceve la scodella di pappone in funzione della clientela. Ovvero il cittadino si sottomette alla "Classe Dirigente" e in cambio viene in qualche modo "allevato" come fa il contadino con galline e conigli. Che poi quando serve vengono accoppati ma il cittadino pensa sempre che tocchi ad altri.

    "il sindacato un trucco"
    In teoria il sindacato è una associazione tra privati che rappresenta gli interessi dei suoi associati. Come, che ne so, l'Automobil Club Italiano. Il trucco consiste nel fatto che in sindacato NON rappresenta gli interessi degli associati ma si incarica di realizzare le direttive del partito da cui emana. Anche quando significa massacrare gli associati, esattamente per la stessa ragione per cui un partito massacra i sostenitori (non dico elettori perché diversi partiti hanno la dittatura nella ragione sociale).

    "il Primo Maggio una festa per “idioti assistiti”
    Per idioti assistiti e mai cresciuti.

    "se uno non produce reddito netto, sia meglio che si ritiri in una grotta. Malati? Inabili?"
    Lo stato di malato ed inabile si suppone non sia la regola ma l'eccezione e quindi va gestito come eccezione e non come regola.
    Prego notare che come per il "proletariato", si dovrebbe lavorare per ridurre al minimo il numero degli inabili, non incrementarlo al massimo.

    "La gente che canta e sta insieme invece di marciare in fila con la busta paga in bocca."
    Non faccio lo psichiatra non mi interessano questi deliri.

    "il fatto che la Costituzione italiana e gran parte della civiltà occidentale riconoscano il lavoro come diritto"
    ASSOLUTAMENTE FALSO, non c'è scritto da nessuna parte che il lavoro sia un diritto. La ragione è ovvia, se fosse un diritto, lo Stato dovrebbe garantire un lavoro a tutti. Le cure mediche sono un diritto e ci sono gli ospedali "gratuiti", in Italia non esiste nemmeno il servizio di collocamento. Viceversa, il lavoro è un dovere perché il cittadino deve contribuire, altrimenti lo Stato dovrebbe sfamare ed alloggiare tutti, moltiplicando i pani e i pesci.

    "Se questo le dà fastidio, nessun problema: è proprio il segno che c’è ancora bisogno di queste feste."
    La frase "c'è bisogno" non specifica CHI ha bisogno.
    I bambini hanno bisogno della tetta della mamma.
    Gli idioti hanno bisogno del capoccia che gli dica come vivere e intanto gli metta in fila per la scodella di pappone.
    I mai cresciuti, bloccati nella adolescenza, hanno bisogno di un pretesto per mettersi in mostra verso i loro pari, quindi del "casino".
    Nota che l'adolescente si mette indifferentemente in mostra come "partigiano" e come "SS", oltre a non avere la capacità di discernere il bene dal male, nemmeno gli importa, perché buttarsi dalla finestra è solo un modo per attirare l'attenzione e ricevere l'approvazione degli altri.

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    1. Nessuno, qui avete il pregio, l'onore e l'onere di poter tentare di fare chiarezza, di raddrizzare gli storti, di picconare le narrazioni dei mondi al contrario.

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    2. Non so perché ma blogger ha pubblicato questo mio commento h 18:41 come anonimo.

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  9. Lorenzo c'è stata la fumata bianca...che Dio aiuti anche te.

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    1. Ho incontrato una signora che mi testimoniava Geova. Mi ha detto che il mondo è del Demonio. Le ho chiesto chi ha creato il Demonio. Si è girata ed è andata via.
      La cosa bella che quando mi ha fermato mi ha chiesto "lei come immagina il futuro" e io le ho risposto "mi immagino che da un momento all'altro mi cada un vaso di fiori in testa e buonanotte".
      Ci sono queste persone, gli uomini col borsello e le donne in tenuta domenicale, che stanno li come due carabinieri alla fermata con un trespolo con scritto "corsi biblici gratuiti" e sotto degli opuscoli con "come essere felici per sempre" e altri slogan analoghi.

      Forse questo blog non è il posto per tirare fuori l'annosa questione dell'esistenza (e delle proprietà) di Dio, che tipicamente non viene accennata nelle scuole del regno, quando vedo che mancano cose più immediate.

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  10. ahahahajajhahajhajhajjahahjahh
    Ignorare la Storia è il primo passo verso la propaganda da bar. E l’Italia non è mai stata né la Romania né mai lo sarebbe potuta diventare.
    L’affermazione secondo cui “se non fosse stato per l’occupazione americana, saremmo finiti come la Romania” è non solo storicamente falsa, ma anche offensiva nei confronti dell’intelligenza storica del nostro Paese. Ridurre la complessità dell’Italia del secondo dopoguerra a uno scontro tra “buoni capitalisti americani” e “cattivi comunisti servi di Mosca” è roba da paninari con la nostalgia della Guerra Fredda.
    L’Italia NON era la Romania. E non lo sarebbe mai diventata. Ecco perché:
    1. Differenza storica e culturale radicale: L’Italia è una nazione con una cultura democratica che ha radici antiche. Il pluralismo politico, la forza dei partiti, il ruolo centrale della Chiesa cattolica e delle forze moderate, e la presenza di una borghesia attiva e influente rendevano impensabile un'assorbimento forzato nello spazio sovietico come accadde nei Paesi dell’Est.
    2. Il PCI italiano NON era una fotocopia del PCUS. Chi afferma il contrario dimostra di non aver letto nemmeno mezza pagina di storia politica. Il PCI, pur avendo legami con Mosca, svolse un ruolo parlamentare, democratico e radicato nella società civile italiana. Nel 1947 Togliatti fu tra i fondatori della Repubblica e accettò la democrazia rappresentativa. Negli anni ’70, con Enrico Berlinguer, il PCI tagliò apertamente i ponti con Mosca e sviluppò l’eurocomunismo, una via democratica, occidentale e profondamente italiana al socialismo. La rottura fu netta e pubblica: dopo l’invasione della Cecoslovacchia nel 1968, Berlinguer parlò di “divergenze insanabili” con l’URSS.
    3. Il contesto geopolitico era totalmente diverso: la Romania, come l’Ungheria, la Bulgaria o la Polonia, fu inglobata nel blocco sovietico in base a un preciso accordo tra le potenze vincitrici (gli Accordi di Yalta). L’Italia non lo fu mai. Era nella sfera d'influenza occidentale, sì, ma in modo negoziato e complesso, non militarmente occupata e brutalmente colonizzata come l'Est Europa.
    4. Il PCI aveva un consenso vero, non imposto con la forza. Era il secondo partito del Paese, aveva radicamento popolare, nelle fabbriche, nei sindacati, nei comuni, non nelle caserme del KGB. Non prese mai il potere con la forza, né lo tentò. Parlava al popolo, non lo terrorizzava.
    5. Infine: l’Italia era (ed è) una nazione occidentale, mediterranea, pluralista, con forze culturali e politiche che hanno sempre bilanciato ogni estremismo. Pensare che sarebbe potuta diventare come la Romania è come dire che una Ferrari diventerà una Lada se le manca la benzina. Un’assurdità logica e storica.
    Quindi basta con queste caricature storiche da meme da Facebook. Se il PCI avesse avuto l’appoggio delle armi sovietiche come successe nei Paesi dell’Est, forse qualcosa sarebbe andato diversamente. Ma non lo ebbe. Non lo chiese. Non lo volle. E la Storia, quella vera, lo ha registrato. Studiala prima di parlare di “culo” per l’occupazione americana. Perché ridurre tutto al culo degli altri, spesso, è solo il riflesso di chi non ha mai avuto la testa per capire davvero le cose.
    G

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    1. "propaganda da bar"
      Da quando la propaganda si fa al bar? Io ero rimasto che al bar si discutesse degli imbrogli con cui la Juventus determinasse il risultato delle partite di calcio. Forse converrebbe non ripetere dei ritornelli sentiti in giro.
      La propaganda si fa con gli strumenti di controllo delle masse. Nel Novecento si faceva con la carta stampata e con la radio, saltuariamente con i comizi.

      "l’Italia non è mai stata né la Romania"
      Grazie al cazzo, io non sono mai stato una giraffa.

      "né mai lo sarebbe potuta diventare"
      Se per Romania intendiamo uno Stato vassallo dell'URSS dominato da una dittatura di funzionari comunisti con al vertice uno tipo Chaucescu, allora si, non solo sarebbe potuta diventare, era già stata con Mussolini e il Fascismo. Si sarebbe solo sostituita una dittatura con un'altra.

      "offensiva nei confronti dell’intelligenza storica del nostro Paese"
      Offensiva del ranforincobiquadrato del nostro paese. Cosi, inventiamo e distribuiamo parole a caso.

      "Ridurre la complessità dell’Italia del secondo dopoguerra a uno scontro tra “buoni capitalisti americani” e “cattivi comunisti servi di Mosca” è roba da paninari con la nostalgia della Guerra Fredda."
      Forse non è chiaro. Il "secondo dopoguerra" potè esistere solo in funzione del "primo dopoguerra". Non mi interessa nemmeno definire l'uno e l'altro, non mi interessa entrare nei deliri sui "paninari", il fatto è che gli Americani occupano l'Italia con le armi, eliminando chi si opponeva allora e ovviamente promettendo di eliminare chi si fosse opposto in futuro. I Comunisti non fecero alcuna "concessione" per spirito filantropico e amor di pace, fecero invece il calcolo che opporsi in armi agli Americani avrebbe significato finire ammazzati o imprigionati. Inutile anche chiedere aiuto alla mamma PCUS perché la guerra tra USA ed URSS era esclusa.

      "L’Italia NON era la Romania. E non lo sarebbe mai diventata."
      Abbiamo già scritto grazie al cazzo?

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    2. "Il pluralismo politico, la forza dei partiti, il ruolo centrale della Chiesa cattolica e delle forze moderate, e la presenza di una borghesia attiva e influente rendevano impensabile un'assorbimento forzato nello spazio sovietico come accadde nei Paesi dell’Est."
      Non aveva impedito la guerra civile prima, il Fascismo poi e la guerra civile dopo. Se lo rendevano impensabile, era un vincolo limitato agli scemi, a partire dai qui presenti.

      "Il PCI italiano NON era una fotocopia del PCUS"
      Fotocopia significa "uguale". Il PCI non era uguale al PCUS, era una sezione distaccata e periferica che doveva eseguire le direttive, che riceveva insieme alle valigie diplomatiche piene i soldi.

      "Chi afferma il contrario dimostra di non aver letto nemmeno mezza pagina di storia politica."
      Vedi sopra alla voce "non capisco un cazzo".

      "Il PCI, pur avendo legami con Mosca, svolse un ruolo parlamentare, democratico e radicato nella società civile italiana."
      La funzione parlamentare era puramente simbolica dato che l'occupazione militare americana implicava il divieto per il PCI di potere avere una maggioranza e quindi esprimere un governo. Il radicamento nella "società civile", tipico neologismo degli scemi, era conseguente alle direttive secondo cui, dovendo aspettare tempi migliori, si dovesse fare opera di proselitismo fino al giorno della sollevazione popolare che avrebbe accolto i "liberatori". I tempi migliori non arrivarono mai perché l'eventualità di una guerra con la NATO divenne via via sempre più remota, fino al collasso dell'URSS.

      "Nel 1947 Togliatti fu tra i fondatori della Repubblica e accettò la democrazia rappresentativa."
      Togliatti eseguiva gli ordini. Non c'era nessuna alternativa se non la guerra tra USA e URSS.

      "Negli anni ’70, con Enrico Berlinguer, il PCI tagliò apertamente i ponti con Mosca e sviluppò l’eurocomunismo, una via democratica, occidentale e profondamente italiana al socialismo"
      Ah le risate. Adesso però, se fossimo tra gente normale, toccherebbe descrivere in cosa consistesse "la via italiana al socialismo". Siccome siamo tra personaggi da circo, direi di omettere questa ulteriore dimostrazione.

      "La rottura fu netta e pubblica: dopo l’invasione della Cecoslovacchia nel 1968, Berlinguer parlò di “divergenze insanabili” con l’URSS."
      Ma no? Berliguer parlò di "divergenze". Ebbe, allora...
      Partirono legioni di volontari comunisti italiani per liberare l'Ungheria e la Cecoslovacchia dall'occupazione sovietica, giusto?

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    3. "Il contesto geopolitico era totalmente diverso"
      Questo era il punto dell'assunto originario, che l'occupazione militare americana ha salvato l'Italia determinando il contesto geopolitico per cui l'Armata Rossa si era fermata sul confine.

      "Il PCI aveva un consenso vero, non imposto con la forza"
      Questa frase è veramente demenziale. Anche il Fascimo aveva un consenso vero, tutti gli Italiani erano fascistissimi fino all'invasione Americana. La "forza" non si usa per "imporre il consenso", che è un concetto paradossale, si usa per sopprimere il dissenso e quello che rimane giocoforza è solo consenso. Sempre della serie "non capisco un cazzo".

      "Non prese mai il potere con la forza, né lo tentò"
      Assolutamente falso. Non solo lo tentò ammazzando quanta più gente possibile, civili, Fascisti e partigiani allo stesso modo ma il progetto originario era la secessione di tutto il Nord Italia per farne una "repubblica democratica". Quello che non funzionò fu che i Comunisti non avevano i mezzi per sopprimere i Tedeschi e la RSI prima dell'arrivo degli Americani. Una volta arrivati gli Americani, tutto quello che si potè fare fu inscenare la commedia della "liberazione" a cose fatte. Gli Americani nel frattempo ignoravano i Comunisti perché militarmente irrilevanti e invece si premuravano di sottoscrivere la resa delle armate germaniche in Italia.

      "Parlava al popolo, non lo terrorizzava."
      La mamma dei Comunisti è sempre incinta.

      "Infine: l’Italia era (ed è) una nazione occidentale, mediterranea, pluralista, con forze culturali e politiche che hanno sempre bilanciato ogni estremismo".
      Certo, come sopra, saltiamo a piè pari qui vent'anni di Fascismo.

      "Se il PCI avesse avuto l’appoggio delle armi sovietiche come successe nei Paesi dell’Est"
      No i Paesi dell'Est non furono "appoggiati" dalle "armi sovietiche", furono occupati e i Sovietici installarono i loro regimi fantoccio. Il resto sempre grazie al cazzo come sopra.

      "Non lo chiese. Non lo volle"
      Prego riguardare la storia della "Resistenza".

      Lo scrivo per essere chiari.
      Io non ti considero un mio pari, nemmeno distante.
      Ti disprezzo.
      Forse, se fossi una persona migliore, ti compatirei ma ti disprezzo.

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  11. Risposta al tuo “disprezzo”
    Il tuo “disprezzo” non è un'opinione scomoda. È un fallimento umano, morale e intellettuale.
    Non sei un pensatore lucido, non sei un critico controcorrente, e di certo non sei un ribelle illuminato. Sei solo un esempio scolastico di arroganza sterile, il solito livoroso che confonde la rabbia per profondità e l’insulto per argomentazione. Ma non sei il primo: i fanatici di ogni epoca hanno parlato come te. E come loro, anche tu non costruisci nulla. Distruggi, o almeno ci provi. Senza riuscirci.
    Chi dice “ti disprezzo” perché non regge il confronto è già fuori da ogni orizzonte civile. È il primo passo verso il fanatismo, verso l’odio che non cerca dialogo ma annientamento. È il linguaggio di chi si sente minacciato dal pensiero altrui perché dentro non ha niente, solo frustrazione e superbia.
    Sai chi ragionava come te? Quelli che hanno ammazzato Aldo Moro. Quelli che mettevano bombe ai treni. Quelli che parlavano di “nemico interno” e poi giustificavano i gulag, le foibe, le camere a gas. È lì che portano la tua rabbia e il tuo disprezzo: nel fango della storia.
    Ti credi libero, ma sei schiavo del tuo livore. Ti credi temuto, ma sei ignorato. Ti credi superiore, ma in realtà non sei altro che un’ombra che si nutre di fiele, incapace di reggere lo sguardo della complessità e della democrazia.
    E sai la verità? Non fai paura. Non impressioni. Fai solo pena.
    Fine della storia.

    G

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    1. Come se toccasse a te giudicarmi.

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    2. Visto che sei disabile faccio la fatica di spiegarmi. Potrei fingere di considerarti un mio pari, potrei fingere cortesia e maniere. E' una cosa che si impara da piccoli e serve per ottenere un vantaggio sugli altri. Il fatto è che se tu e quelli come te non esistessero, il mondo sarebbe un posto migliore, non voglio niente da te, come detto e ridetto, se io avessi il bottone per cancellare i commenti di questo blog, i tuoi sarebbero cancellati. Il problema quindi non sei tu, che purtroppo esisti come esiste la Lebbra, il problema è il titolare di questo blog a cui piace darti spazio per pubblicare i tuoi deliri.

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  12. Ecco alcune caratteristiche chiave che emergono dal suo pensiero:
    1. Antisistema: Si percepisce una forte disillusione verso tutte le istituzioni tradizionali (Stato, politica, partiti, sindacati, ecc.). Non sembra riconoscere l’importanza di una sana dialettica democratica, ma piuttosto tende a ridurre tutto a schemi di potere e manipolazione. Potrebbe essere vicino a forme di populismo, in cui il sistema è visto come corrotto e incapace di rappresentare i veri interessi della "gente comune".
    2. Nostalgia autoritaria: Non si schiera esplicitamente a favore del fascismo, ma piuttosto sembra avere una nostalgia per un ordine autoritario e rigido. La sua visione della storia sembra idealizzare il fascismo come una fase di “ordine” e “stabilità”. Tuttavia, allo stesso tempo, è critico verso ogni tentativo di socialismo o comunismo che non si adatti alla sua visione del mondo.
    3. Rifiuto dell'equilibrio ideologico: Il soggetto sembra non voler appartenere né alla destra né alla sinistra tradizionale, ma è più incline a sviluppare una visione cruda e diretta della politica, dove le categorie ideologiche classiche non sono più rilevanti. Potrebbe essere un tipo di neo-conservatore radicale, che si discosta dalle etichette per proporsi come un "pensatore libero", ma in realtà è un altro modo per giustificare un atteggiamento antidemocratico.
    4. Cospirazionismo e critiche alle "elites": Mostra una forte sfiducia verso le élite politiche e culturali, tipica dei movimenti anti-establishment. Potrebbe essere attratto da teorie che vedono la politica come una lotta tra “popolo” e “élite”, senza tener conto delle complessità storiche e sociali.
    5. Idealizzazione del "popolo" contro le istituzioni: Se da un lato sembra disprezzare le organizzazioni e istituzioni, dall'altro tende a idealizzare il "popolo" come una massa che, pur se sfruttata e manipolata, possiede una verità che le elites negano. In qualche modo, cerca di tornare a una condizione primordiale di “autodeterminazione” e di lotta, senza però proporre soluzioni concrete.
    Questa combinazione di disillusione, sovranismo, e nostalgia per un ordine autoritario potrebbe collocare questo soggetto in una nicchia radicale che non si riconosce nelle etichette politiche tradizionali ma che esprime una critica molto dura e radicale alle forme di governance moderne e ai sistemi democratici.
    Per sintetizzare, si potrebbe dire che ha una visione “autarchica” e anti-establishment, fortemente sospettosa verso i sistemi politici tradizionali e le forze democratiche, ma non si identifica apertamente con la destra o la sinistra in modo convenzionale.

    G

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    1. Abbiamo scritto "non capisci un cazzo"?

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  13. Sono rimasto indietro di alcuni giorni: non ho letto quasi nulla degli interventi ultimi.

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    1. Non ti sei perso niente e niente di costruttivo, solo prese di posizioni e basta. Povera umanità...adesso si spiega perché "loro" vincono facile.

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    2. Coso, sai bene quale sia il problema. Non so dove tu vada a raccattare i casi umani a cui poi fornisci tanto la facoltà di scrivere commenti che la pubblicità dei link. A questo punto sai anche cosa penso del tuo comportamento e quindi di te.

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  14. Ti ho mandato una email UUIC, ti prego di rispondermi il più presto possibile.

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