mercoledì 31 maggio 2017

Esso controlla te - 2

(Esso controlla te)

Il suocero di mia sorella è (stata) una persona importante nel calcio italiano ed europeo, prima come calciatore poi in un ruolo tecnico, vincendo scudetti e altri trofei in entrambe le posizioni. Una persona con intelligenza e disciplina vivaci e brillanti: come succede per il mio caro amico  _uda, con le caserme dei Vigili del Fuoco problematiche, chiamavano il suocero di mia sorella per squadre con potenzialità di successo ma, appunto, difficili.
Di una famiglia contadina lombarda è riuscito ad eccellere anche in un mondo così [omissis] proprio per la disciplina e l'acume dovuti anche a quella cultura.
Io che conoscevo l'importanza nel calcio di quella persona, l'ho presentato a mio figlio: osservavo lo stupore negli occhi di UnBipedinone che diventavano fanali quando egli narrava la sua storia sportiva. Poi...
Senza che io me lo aspettassi, ha iniziato a raccontargli alcune cose avvenute nella sua vita. Stile semplice e schietto, una comunicazione empatica ed efficace. Molte cose erano molto simili a ciò che gli detto con molta energia, chiarezza e determinazione, a volte anche duramente, sabato pomeriggio.
Del resto, 'sto suocero, ha avuto a che fare con centinaia di ragazzi giocatori professionisti, molti dei quali con i problemi dovuti al pompare ego e capricci , con montagne di denaro, femmine e gloria volatile, estemporanea riversati su poco più che adolescenti.
Ecco che il suocero di mia sorella inizia a  battere su...
Su omologazione, rimbecillimento e manipolazione e, vedendo mio nipotino cresimato che era assolutamente ipnotizzato dal nuovo furbofono appena regalatogli, come il sistema utilizzi strumenti molto piacevoli (reti sociali, il furbofono, etc.) per renderti manipolabile: per essere meglio manipolabile devi essere instupidito. Poi altra esperienza di vita, insegnamenti tanto di pregio, morali quando politicamente scorretti. Ad esempio, inizia a parlare di dolore e rinuncia. Chi cazzo mai parla, al giorno d'oggi, di resistere al dolore, di rinunciare? Sono diventati tabù.
Insomma, facevo fatica a credere che egli avesse ripetuto, con proprio stile e col fascino di uno sportivo del calcio importante su mio figlio.
Osservavo mio figlio ascoltare con attenzione la storia di vita di quella persona, i suoi insegnamenti singolari, poco allineati, disagevoli. Due volte in poche ore, prima io poi lui.

E' stata una bella giornata con mio figlio. Si è decisamente limitato nello spippolamento, ha vissuto.
Ci vuole tempo e costanza per educare ed essere educati (*).

16 commenti:

  1. A mia sorella che, vedendo il figlio cresimato "ubriacato" di spippolamento furbofonico che iniziava a brontolare dicendogli che lo avrebbe avuto solo un'ora la giorno, ho detto che non ci possiamo permettere di vietarlo, visto che poi diventerebbero dei disadattati.
    Piuttosto che è un'opera di educazione al controllo de "il coso". Ci vuole tempo, forza e costanza.
    In altre parole una sorta di vaccinazione anti spippofurbofonite che duri nel tempo.

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    1. Nonostante tu continui ad affermare miei presunti entusiasmi su Captain Fantastic, scrissi che uno dei limiti di quell'approccio educativo "non camprare aggeggi non sottoscrivere contratti" [con gli usi di massa della societa' contemporanea] portano a dei disadattati, ovvero persone NON adatte ad affrontare pericoli e inquinamento della societa' dei grandi numeri, senza sistema immunitario alle sue numerose patologie.

      Questo vale anche per i mezzi di comunicazione, compresi i furbofoni.
      Peraltro il non possesso e' escludente. POrtare un figlio nei boschi del Montana, nelle valli inselvatichite dell'Appennino o in citta' senza furbofono non e' poi cosi' diverso.
      Invece io vorrei che mio figlio impari ad utilizzarlo invece di esserne una sua appendice dipendente e manipolata.

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    1. "Qualche volta facevano pulizia, aiutati da piccoli robot simili a crostacei di metallo e plastica. I robot pulivano la cupola, i pavimenti, toglievano la muffa. A volte colsi gli abitanti del la città mentre facevano una ginnastica leggera, mangiavano, andavano in bagno, si accoppiavano meccanicamente. Non si baciavano quando lo facevano. E durante tutte queste attività, non toglievano mai gli occhi dallo schermo."

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    2. "Philbin insegnò alla TV e al computer il linguaggio della mente. — Un linguaggio che impiegai quarant’anni ad imparare, con l’aiuto di dozzine di ricercatori. — Quando lo stesso tipo di immagine veniva imposto ad un uomo dalla nascita alla morte, allora si stabiliva un rapporto totale con la mente. E rapporto totale significava controllo totale."

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    3. "Abbiamo addestrato la nostra gente a identificarsi così profondamente con l’immagine sullo schermo che la trovano di loro completa soddisfazione. "

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    4. Grazie Messer Pigiatasti.
      Ho letto tutto il racconto, Screens di John Shirley, i due finali, dei quali uno, se ricordo bene, tuo.
      Penso che questi racconti distopici non siano poi cosi' distopici, in effetti.
      La realta' di una societa' perfetta armonizzata, ideata dal dottor Philbin, nei quali le pulsioni, le tensioni e l'animosita' (voorrei direi cio' che e' dell'anima) e' tutto sublimato a livello virtuale, simbolico, schermico.
      Beh, con i nativi digitali siamo ad un buoin punto.

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    5. Alcuni propongono, a mio avviso assai giustamente, la definizione di "letteratura speculativa" per alcuni rami della fantascienza. Purtroppo la maggior parte dei testi provengono dal mondo anglofono e, trattandosi di letteratura "marginale", patiscono alquanto un processo di traduzione frettoloso e approssimativo. A volte (m'è capitato di riscontrare) tendenzioso in modo più o meno vistoso.

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  3. beh, da sportivo non sono stupito delle sue parole

    se vuoi eccellere devi sacrificarti. uno dei motivi per cui non produciamo più talenti negli sport che contano (ovvero con tanti che praticano la disciplina) è che altrove ci si spacca di più. in Africa come in Germania. in alcune discipline come l'atletica non c'è differenza genetica che giustifichi il gap con i neri africani o americani. il punto è che i keniani con la corsa escono magari dalla povertà, per i nostri ragazzi il piatto di pasta c'è comunque

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  4. >Ad esempio, inizia a parlare di dolore e rinuncia. Chi cazzo mai parla, al giorno d'oggi, di resistere al dolore, di rinunciare? Sono diventati tabù.

    di rinunce ho parlato proprio oggi durante una specie di colloquio.

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  5. mio nipote fa il portiere in una squadretta di calcio allievi e già si vede a giocare nella Juventus, col suo telefonino si è fatto filmare e ha mandato le immagini a Torino nella speranza che qualcuno lo chiami. Oggi non essendoci più valori, quelli veri si sogna di fare il calciatore per i pupi e per le pupette le veline e spsare poi un calciatore. Studiare niente.

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    1. Dire che tuo nipote è abbastanza "normale".
      Io, molto acido, una volta che anche il mio bipedino era preso dai fumi del "da grande farò il calciatore professionista" gli ho detto, molto chiaramente e duramente che avrebbe avuto una probabilità su 100.000.
      Diciamo che smise di pensare a quella cazzata e tornò a praticare il calcio come sport e non per tutt'altro.

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  6. Coglioni con gli occhialao sneppciao sempre coglioni rimangono.

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  7. L'idea che tu debba essere ancora più connesso e che debba esserlo più compulsivamente è un'idea patologica.
    Più che parte dello spettacolo (visto che l'occhialuto non sale certo sul palco, ad esempio, a cantare, suonare, danzare o recitare) diventi un dispositivo di trasmissione dello spettacolo.
    Prego notare come il paradigma di uso delle masse col loro consenso giulivo è evidente, qui.

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  8. > L'importante è che sia un aggeggio che è "collegato" ad altri "n" aggeggi che nello stesso momento "fanno esistere" chi li indossa.

    ROTFL
    Ahaha
    :D

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