domenica 21 aprile 2019

Pi sero!

Leggevo una pagina di Sara (e i suo risvolti recenti) e stavo per scrivere un commento... lo metto qui a mo' di pagina (finalmente ho qualche tempo ed energia per il mio caro diario).

Conobbi, quando abitavo in Lombardia, un artigiano che, una volta che seppe che mi sarei trasferito in Emilia, in Appennino, mi disse che conosceva una famiglia, un po' più a monte, nella valle dove abito, che talvolta lo chiamava disperata per la presenza di chiocciole nel loro orto.
Pi sero! (problemi sero, in cadenza lombarda che mi fa ancora sorridere) egli rispondeva loro: arrivo io.
Andava a trovarli col suo furgoncino e si portava a casa, ai piedi delle prealpi lombarde, intere secchiate di squisite chiocciole. Un intervento biologico che aveva salvato l'orto degli amici emiliani dell'artigiano e riempito il suo congelatore di prelibatezze.
La povertà spingeva a recuperare fonti di proteine nobili che ora, nella nuova ignoranza dell'abbondanza, trascuriamo o schifiamo.

Finalmente ho qualche quarto d'ora per il diario!

17 commenti:

  1. Livio narra di un soldato romano di origine ligure-apuana, che di notte usciva dall'accampamento per andare a cercare le lumache.

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    1. Si mangiano (intendo sono nella cucina popolare) anche dalle vs. parti?
      In Lombardia moltissimo, in Emilia molto meno, direi.

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    2. In queste zone , per la precisione alla Serra di Lerici, fanno una sagra delle lumache, da tempo immemore.

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  2. Ci rimpinziamo compiaciuti di gamberi, lumache e perfino lercissime cozze, poi schifiamo serpenti, bachi e cavallette? Curioso, no?

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    1. Quando non hai proteine anche le lerce cozze diventano importanti fonti di proteine.
      Comunque a me i molluschi di mare piacciono un sacco, compre le cozze 'gnoranti.
      Faccio una buona "pepata" bianca (una ricetta di un ex conoscente abbruzzese ma Rosa Canina mi dice che è la ricetta base in uso a Bruxelles) che si dovrebbe chiamare peperoncinata (no pepe, solo peperoncino) che passo - mi perdonino i puristi - qualche minuto almeno di cottura in pentola a pressione che raggiunge, in genere, i 120°).
      Comunque, crostacei e molluschi non sono cibi proprio sani, contengono colesterolo e allergeni (infatti, in alcune culture, sono cibi tabù e anche a ragione, direi).
      Quando ero piccolo al Sud morivano di colera anche perché mangiavano cozze crude "disinfettate" (?) col limone.
      Mi ricordo ancora i TG.

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    2. Una delle tue esortazioni più frequenti riguarda il non divagare, rimanere sulla concretezza. La concretezza della mia osservazione era quanto sia poco razionale apprezzare certi cibi e schifarne altri che sono esattamente della stessa natura. Lo so benissimo che c'è dietro una ragione culturale, non la rinnego né la squalifico. Ne osservo però l'inconsistenza oggettiva (col che non intendo dire che amerei ingozzarmi di cavallette, men che meno se obbligato a farlo per legge, bensì che non ci sono ragioni oggettive per considerare una cicala di mare meglio di una bella cavallettona grassa e pacialotta).

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    3. Lorenzo, 'sta storia del pesce sulle isole è una cosa tutta tua.
      Io sono piuttosto stoico ma non mi nego certo dei piaceri. Anzi, per goderne maggiormente io rinuncio ad essi volontariamente.
      Leggo e sorrido.

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    4. > Quando non hai proteine non hai nemmeno l'auto e il frigorifero.

      Osservo il tuo tentativo di saponetta retorica.
      Allora, assumiamo di vivere nel 2019 con auto e frigorifero o no?
      Se non ci sono auto e frigorifero si torna ai tempi nei quali c'era scarsità di proteine animali.
      Se ci sono auto e frigorifero, questi permettono di conservare e distribuire anche pesce, molluschi, crostacei.
      Un sistema di caccia e distribuzione talmente efficiente che ha annientato la fauna marina e che, in economia dell'estinzione, visto che il pescato è sempre di meno, spinge a predare le aree di riproduzione.
      O non hai le proteine perché non riesci a procacciarle conservarle e distribuirle oppure non le hai o sono in esaurimento perché hai annientato le "riserve" ittiche.

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    5. In Italia le popolazioni costiere hanno approcci assai differenti rispetto al mare: grossolanamente sono gente di terra i calabresi e i sardi, sono gente di mare siciliani, liguri, campani, veneziani.
      Nella cucina sarda non c'è il pesce.
      Viceversa c'è una tradizione gastromomica di piatti di cino di mare lungo il Tirreno e l'Adriatico.
      In Grecia non so, sono ignorante.
      Purtroppo molte persone ti davano del matto e del pirla, Lorenzo, leggo la tua testimonianza.
      C'è da dire che il cibo di mare è da sempre un cibo pregiato: il fatto che molte persone non lo mangiassero non significava che non ci fosse ma che era cibo per signori, per la popolazione ricca, un po' come la selvaggina che patrimonio degli aristocratici.
      La mancanza di frigoriferi non poteva accentuare la preziosità di quel cibo e il fatto che fosse disponibile solo a segmenti assai ristretti della società.

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    6. Messer Pigiatasti, l'alimentazione è un fatto culturale oltre che ambientale. L'ambiente determina cosa puoi mangiare, cosa è meglio non mangiare (e.g. il culto della mucca in India aveva origini piuttosto pratiche, è più efficiente tenrla viva e mangiare i latticini che cibarsi della sua carne).
      Sulla deperibilità della carne suina in climi caldi ha già scritto Lorenzo.
      Perché una cannocchia / cicala di mare sì e non una locusta? Perché qui c'erano le prime ma non le seconde, se non assai raramente.
      Pensa gli anglofoni, sbaffano tranquillamente i bovini ma non gli equini. Che differenza c'è? Solo culturale.
      Gli equini erano strumenti di lavoro e di guerra.

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    7. Parlavo di serpenti (li abbiamo, magari non giganteschi ma grandi, in Lomellina), di cavallette e non locuste (le abbiamo, anche enormi, e tu che giri per l'Appennino dovresti saperlo), di bachi (ce n'è un assortimento assai vario praticamente ovunque). Quando vango l'orto, in primavera vengon fuori dei lombrichi che sembrano bistecche, giusto per aggiungere qualche altra "specialità".

      Ora, mi ripero, non intendo cambiare le mie abitudini se non in caso di costrizione ineludibile, però davvero non c'è motivo razionale per avere l'acquolina in bocca di fronte a un'insalata di polpo e rifiutare di assaggiare qualche ricetta a base di lombrichi. I motivi, come tu stesso osservi, derivano dalle abitudini che acquisiamo in età infantile, "assorbendole" da chi abbiamo intorno. Un sacco di ragazzini, a scuola, manifestano un apprezzamento per il kebab così sperticato da darmi l'orticaria (per me il kebab in Italia non dovrebbe proprio starci, se non altro per ragioni simboliche o di opportunità; per quelle stesse ragioni amavo gli involtini primavera quando i Cinesi erano quattro gatti dalle nostre parti, giammai ne mangerei una briciola oggigiorno).

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    8. Potrebbe essere. Un mio collega ha assaggiato uno scorpione fritto, in Tailandia, e gli è piaciuto. E' un detto comune dalle nostre parti quello che recita "fritta, è buona anche una ciabatta". In molti casi un ingrediente in sè scialbo o addirittura poco appetibile può dare esiti insperati se cucinato nel modo opportuno.

      Mi hai messo una pulce nell'orecchio: devo assaggiare qualche lombrico (le galline di mio cugino smaniano quando mi vedono alla vangatura, perché di quando in quando gliene lancio uno... avranno i loro perché). Fritti? Mmm... troppo esili, seccherebbero. Sotto forma di ragù? Troppo lunga la cottura, si spappolerebbero. Marinati! Ecco: una bella spurgatura nella segatura perché "scarichino" tutta la terra, quindi a mollo una mezz'oretta nel succo di limone. E' un po' crudele ma, del resto, uccidere le cozze a fuoco lento non è meglio, né è meglio gettare aragoste vive nell'acqua bollente.

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    9. > fritta, è buona anche una ciabatta

      Eheheh, come dare torto al detto popolare?
      :)

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  3. Io navigo per la rete talmente poco che temo sarebbe più il costo che il beneficio.

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