sabato 2 maggio 2020

Quasi

Sono cinquantaquattro giorni che mangio sempre da solo (non sono ingrassato, infatti).
Ho resistito bene.
Erano così belli i convivii con Rosa Canina e il prepararli.
Sì, non si tratta affatto del solo cibarsi. C'è un nutrimento per l'anima, per gli occhi, per l'ego, per gli affetti nel convivio. Certamente ho cercato di compensare, di preparare cibi sani e buoni, di preparare benino la tavola. Ma non è la stessa cosa, no!

Il traffico giù in fondo valle è già aumentato. Non c'è più il silenzio e non ci sono ancora né Rosa Canina, né UnBipedinone.
Non posso certo lamentarmi, vedo un paradiso verde (nonostante questa orribile siccità che continua feroce), il cibo è stato decente, la salute non manca. Mi sono quasi abituato a questa reclusione solitaria.
Quasi.
Mancano poche ore a lunedì.

4 commenti:

  1. UUIC: "Mi sono quasi abituato [...]"

    E questo è esattamente quello che NON bisogna fare, anche perché a me pare che portare ad abituarsi a questa linea di condotta sia uno degli obiettivi di chi ha in mano la barra del timone (e non sto parlando di Conte e degli altri par suo, governo e [finta] opposizione insieme). L'interesse di costoro NON è il nostro, quindi: rispedire al mittente.

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    1. Come scrissi più volte, ho un caro cugino, in una città lombarda e le sue figlie lavorano nella sanità, una delle quali addirittura in un reparto di terapie intensive.
      I racconti di mio cugino (che non vede la figlia da mesi) sono terribili.
      Io non sono interessato a comportamenti antagonistici ma li considero una fonte di seri problemi sia per gli antagonisti che per coloro che se li devono subire: se questo o quello vogliono che si faccia così, allora ci sarà questo o quel motivo/complotto e allora io faccio esattamente il contrario. No grazie, non mi interessa!
      Ancora, imparare da scienza e conoscenza: la storia, i fondamentali della medicina. A fronte di morbi altamente infettivi e/o pericolosi da SEMPRE si sono attuate forme di quarantena, è la profilassi più efficace.
      Per me, per tutti, non deve essere l'interesse di questo e quello ma il proprio a condurre una strategia di reazione.

      Devo dire che io amo molto lo stare in casa, non mi dispiace affatto stare anche in solitudine (non solo, siamo esseri viventi che, in una vita sana, armoniosa, devono poter avere sia momenti sociali, che famigliari che di solitudine) e quindi tutto ciò mi ha pesato meno di quanto non abbia pesato ad altre persone. Persone molto estroverse, che necessitano di abbondanti contatti sociali, hanno molto sofferto questa quarantena.

      Infine, sempre chiedersi cosa bisogna fare, chiedersi cosa bisogna non fare non porta da nessuna parte.
      Cosa bisognerebbe fare?
      Sempre utile considerare delle buone, fattibili proposte, non dico mica di no a priori.

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  2. La particolarità che mi ha sempre colpito dell'Uomo è la grande capacità di adattamento nelle situazioni peggiori. Anche i carcerati si abituano a fare meno della libertà. Ma questa caratteristica ha il suo rovescio, nel senso che ci si abitua, purtroppo, anche quando si vive al meglio, smarrendo la felicità che si ritrova nel poter desiderare quello che si ha.

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    1. Mi è piaciuta molto queesta osservazione, Arturo.
      Come edonista (intelligente dovrebbe essere pleonastico, gli edonisti stupidi non sono tali, sono solo dei cretini) ho sempre rimarcato che le nostre capacità cognitive, estetiche (nel senso di rapportarsi alla realtà con i sensi) si basano non sulla staticità delle situazioni ma su contrasti tra stati differenti e sulle differenze di stato.
      Le farneticazioni su "felicità" presunte permanenti sono delle cazzate colossali. Cosa direste di unamante della birra che ti proponesse di avere un condotto che ti somministri della birra ventiquattro ore al giorno, sette giorni alla settimana? Ma questo è scemo, è bacato in testa!

      Quindi alla riduzione graduale della quarantena corrisponderà l'utiità marginale massima (per dirla alla economichese) la goduria massima per poter tornare, anche un po' alla volta, ad abitudini, consumi, usanze, abbandonati da settimane.
      La felicità non sta nel possedere e nelle sazietà permanente di ciò che si ha, ma di questi cicli perpetui tra negazione del piacere e sua soddisfazione.
      Vivendo bene, paradossalmente (ma neppure troppo, visto che le persone, anche solo a livello concettuale lo ammettono) ci si assuefa a tale ben-essere e non lo si apprezza / percepisce / sente più.
      Simmetricamente io sono consapevole che anche l'allentamento graduale dei vincoli dovuti a questa crisi ha degli effetti negativi.
      In fondo alla valle è già aumentato il traffico, i ritmi torneranno ad essere via via più frenetici, l'inquinamento tornerà ad attanagliare città, la pianura padana, le molte conurbazioni italiane.
      Io mi ero abituato anche ad alcuni aspetti assai positivi di questa crisi.

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