Dopo essermi spaccato la testa per cinque giorni, e l'anima, così duro questo lavoro, sono tornato da loro. Rosa Canina ed io li seguiamo da qualche tempo, sporadicamente, vorrei di più. Cercavo, stasera, un po' di sollievo, demoralizzato per lo schianto, per complessità e gazzarra, un fottuto, merdoso casino.
Quando parlo di patologie degli artificializzati urbani ho in mente anche la salubrità, la sanità in pensiero, corpo, mente e spirito di coloro che sono nella natura. Vi lascio alle parole di Leonardo, molto semplici e che vanno al senso, adamantino, di vita, morte e natura.
Ecco, dopo fatica, durezza, di lavoro di questi giorni, spappolato, ho trovato conforto in loro, Nina e Leonardo.
Sono stanco.
Quanto tempo è(ra) che non condividevo un video?
la lotta per la sopravvivenza è sempre esistita, oggi tra l'altro, visto che i caporioni si sono tutti acculturati e hanno messo il divieto di sparare nelle proprietà private ci sono anche gli uccelli a rompere i ciglioni, le tortore te le ritrovi ovunque e mi hanno rovistato nel vaso in cui avevo messo i semi dei pomodori, così ho spostato il vaso più vicino a casa dove ci sono i gatti, però questa volta son intervenute le lumache che di notte mi hanno mangiato tutte le piantine.
RispondiEliminaAllora ho spostato il vaso e l"ho messo sul tavolo in giardino dove qualche volta mangiamo all'aperto, così le piantine dei pomodori son cresciute, le ho messe a dimora, ma ancora non mangio un mio pomodoro.
è la prim volta che mi succede, ma i parassiti son davvero cresciuti in maniera spropositata
Il "problema" dei parassiti presenta, peraltro, delle ciclicità. Probabilmente un meccanismo per evitare che si sviluppino degli antagonisti che, negli anni senza quei parassiti, no potrebbero campare.
EliminaI caporioni (tipo la Brambilla) sono dei deficienti artificializzati urbani che credono di vivere nel mondo di Walt-Disney.
Si atteggiano a puri superiori essendo solo dei cretini superiori. Le parole di Leonardo spiegano molto chiaramente qual'è la realtà.
Coso, io per mangiare vado al supermercato.
RispondiEliminaHo ucciso animali solo per una specie di auto-educazione alla tradizione atavica (incluso la fabbricazione degli strumenti) ma non lo faccio mai perché per fortuna non mi serve. Non coltivo nemmeno i pomodori, li compro. Mio nonno in mezzo alla città aveva orto e galline e c'era anche l'immancabile albero di cachi e un fico, abitudine medievale di quando poteva mancare tutto e ti dovevi arrangiare. Per farti capire il tipo, mio fratello aveva comprato un paperotto che poi era cresciuto rapidamente e diventato impossibile da tenere in casa, l'ha dato a mio nonno pensando che l'avrebbe tenuto in cortile, mio nonno ce l'ha dato la domenica dopo sotto forma di arrosto.
Però qui parliamo di un'altra cosa secondo me. Oggi vale la regola che le bestie sono persone e gli animali domestici sono figli. Se portata avanti con coerenza questa idea ha delle conseguenze devastanti. Per esempio non solo diventa impossibile allevare pecore perché bisogna che il lupo sia libero di mangiarle ma è anche ovvio che non si possono allevare le pecore perché hanno diritto di vivere libere e di non essere ne tosate ne munte ne macellate.
Sarebbe interessante immaginare un mondo dove siamo tutti vegetariani e non esista più l'allevamento.
Caro Nessuno,
RispondiEliminacome al solito ti lavi le mani. Vai al supermercato, compri carne in vaschetta e ti senti fuori dal gioco, come se quella carne fosse comparsa lì per miracolo. Uccidere un animale “per autoeducazione atavica” lo consideri un atto consapevole, ma delegare quotidianamente l’uccisione a un sistema industriale brutale e disumano ti pare irrilevante?
Questo è il tuo vero paradosso: non hai il coraggio di sporcarti le mani, ma neanche di riflettere sul sangue che hai sulle dita ogni volta che afferri un vassoio di petti di pollo. Perché quella carne non viene da tuo nonno, ma da allevamenti dove gli animali non vedono mai la luce, non camminano mai, non respirano aria pulita, non muoiono dignitosamente. Li mangi perché è comodo. Altro che atavismo, questa è comoda ignoranza travestita da disincanto. E poi... la “tradizione”? A che serve oggi, se non come coperta per non sentirsi idioti a fare qualcosa che in realtà non vuoi più fare?
Non sei un contadino, non sei un cacciatore, non sei un uomo antico. Sei solo uno che si è costruito una piccola favola personale per non ammettere che vive nel sistema che dice di criticare. E sull'umanizzazione degli animali: che oggi si esageri è vero. Ma tu usi l’eccesso emotivo altrui come scusa per non mettere mai in discussione la tua totale deresponsabilizzazione.
Gli animali non sono figli, certo. Ma non sono nemmeno strumenti biologici per farti la spesa veloce. Il rispetto non passa per la caricatura ma per una reale presa di coscienza della relazione tra vita, morte e nutrimento. Tu non ce l’hai.
Infine, il tuo “immaginiamo un mondo senza allevamento” è un bel giochino mentale, ma viziato alla base. Come se solo esistessero due opzioni: o si mangia tutto quello che respira o si vive in una fiaba vegana dove le pecore si tagliano da sole le unghie.
Falsa dicotomia. Il problema non è la sopravvivenza ma la scala, l’intensità e la disumanità di questo sistema. Che tu sostieni. Tre volte al giorno. Insomma, Nessuno… non sei fuori dal problema. Sei il suo consumatore modello, con qualche frase arcaico-romantica per sentirti meno colpevole.
Ma la verità è semplice: ti piace la carne, non vuoi sapere come si produce, e quando qualcuno ti mostra lo specchio ti inventi una storia sul nonno e sul papero. Tanto vale dirlo: mi piace mangiare carne e preferisco non pensarci. Sarebbe più onesto. E finalmente... umano.
Quello che oggi tu, Nessuno, non sei.
Coso, vedi tu, io mi sarei anche rotto i coglioni.
Elimina“mi sono rotto i coglioni”. La frase del piccolo borghese che, davanti alla realtà vera, preferisce girarsi dall’altra parte e fingersi assente.
RispondiEliminaTu che compri carne al supermercato senza nemmeno voler sapere cosa c’è dietro, ti senti fuori dal gioco, innocente, come un bambino che gioca a nascondino con la coscienza.
Ma non sei innocente, sei complice. Complice di un sistema che allevamenti intensivi li trasforma in inferni di dolore, dove la vita non conta nulla e la morte è solo una routine industriale. Non hai argomenti, non vuoi capire, hai solo paura di guardare in faccia ciò che ti alimenta. Ti “sei rotto i coglioni”? No, ti sei rotto il coraggio. E mentre tu te ne stai lì a tirar tardi a lamentarti o a girarti dall’altra parte, ci sono vite spezzate che non hanno voce, ma che pagano per la tua comodità.
Non sei un “nessuno”. Sei l’incarnazione del problema che rifiuta di diventare parte della soluzione.
Sparisci pure. Perché in questa storia, chi non vuole vedere è già perduto.
E chi chiude gli occhi per paura, merita di restare nell’oscurità.
Ti lascio con i tuoi amici...goditi la vita a spese e con i sacrifici degli altri. Ciao...
RispondiEliminaUn video che fa tanto riflettere,quel siamo tutti sulla stessa barca.Lo capiremo mai?
RispondiEliminaLui ha detto delle cose vere,sta nell'orto,nel campo ,ma quanti sempre a sputare sentenze mettendosi su quel piedistallo pur di lavarsi la coscienza.
Dice bene quando ci mette dinanzi alla natura ,se ti poni dall'esterno puoi dire qualsiasi cosa se sei dentro vedi tutto diversamente.
Vorrei vedere quanti si fanno punzecchiare da una zanzara senza quel momento fatidico.
Sfruttamento, allevamenti intensivi e secca tutto a iosa ,questa però è l'uccisione di una natura su cui fare soldi che non bisogna sorvolare o scherzare.
Ci sarebbe da dire così tanto su questo post.
B.
Ciao B,
Eliminaho letto con attenzione le tue parole. E sì, il video lascia un segno, perché dice l’essenziale senza alzare la voce. E forse per questo lo si ascolta davvero. Hai ragione: chi sta dentro alla terra, chi la lavora, chi ci affonda le mani ogni giorno, ha uno sguardo diverso. Non teorico. Non ideologico. Uno sguardo che conosce la fatica, la morte, il silenzio.
Ma vedi, proprio per questo non possiamo fermarci al “siamo tutti sulla stessa barca”. Perché se la barca affonda, non basta constatarlo. Bisogna scegliere dove si sta, dove si rema, per chi si lotta. E non si tratta di sputare sentenze. Si tratta di assumersi un pezzo di verità, anche quando scotta. Hai citato la zanzara, quel gesto d’istinto che ci rende umani, fallibili. Ma credo, con rispetto, che non si possa mettere sullo stesso piano la zanzara e un vitello chiuso in una gabbia, ingrassato a forza, mai libero, mai visto. Schiacciare una zanzara non è lo stesso che partecipare, anche solo come consumatori, a un sistema che toglie ogni dignità alla vita animale. Il primo è un gesto, il secondo è un intero meccanismo economico e culturale che ci riguarda, che ci definisce. E se non lo guardiamo in faccia, ci trasforma, piano piano, in persone che non vedono più.
La natura non è tenera. Ma non è neppure ingiusta. Noi lo siamo, quando dimentichiamo che ogni cosa ha un prezzo, e che c’è chi lo paga in silenzio, animali, piante, umani invisibili.
Non sto sul piedistallo. Sono stanco, ogni tanto mi spappolo come in questi giorni. Ma provo a restare nel corpo, nel tempo, e dentro le cose. Non per giudicare, ma per non restare cieco. Parlarne serve. Farlo senza sconti, anche. Perché se non ci aiutiamo a vedere, finiamo per fare finta di vivere.
Grazie per le tue parole. Davvero. Anche quando si guarda da angolature diverse, se si guarda davvero, ci si può incontrare.