mercoledì 13 agosto 2025

Prisma nero

In questo caldo infernale oggi c'è ne siamo andati su. Il solito pezzo, dalle malghe al passo, quasi solo fatica. Vedo, nel passare degli anni, i larici che crescono, le mucche che diminuiscono. Dopo Vaia e bostrico, ora qualche latifoglia; per quanto tardi la provincia ha cambiato la pessima politica monocolturale del peccio. Ora crescono betulle, frassini, sorbi degli uccellatori, qualche faggio, più  sotto. Il bosco misto è molto più  sano, forte, bello, ricco.
Arrivati al passo, Rosa Canina e "futura nuora" si sono sparapanzate lì, il figlio di mia cugina, il figlio di Rosa Canina ed io siamo saliti, fuori sentiero, per quella splendida piramide di micascisti scuri, quasi neri, fino in cima. Posto da camosci, quello, oggi nessuno, solo una coppia di corvi e una poiana del cui nido ho sentito il fetore. Alla base delle falesie, degli strapiombi  sui quali i rapaci nidificano, non c'è cosa più ributtante delle loro deiezioni carnine putrefacentisi.
Eppure, anche questa nota olfattiva pessima, non è che parte della fantasmagoria della natura, specie su queste vette selvagge, umanamente deserte: nella settimana di Ferragosto non un alpinista uno a parte noi tre.
Lassù la bellezza sul cuore delle Alpi Retiche.
Amo molto questo prisma di roccia nera, questa vetta scorbutica, selvaggia.
Qui penso al Signore delle Cime, al suo Regno di cui siamo parte.

Ogni anno che passa noto sempre più la rapida risalita della quota sommità dei larici: piccoli ne abbiamo visti molti oltre i 2e5, quasi 2e6.

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