domenica 18 agosto 2024

L'uomo che piantava gli alberi - 3: ... e roverelle!

 (L'uomo che piantava gli alberi - 2)

Ero così felice quando, venerdì pomeriggio, ho visto che la semina delle ghiande (ne raccolsi alcuni chili) che "deposi" a getto a dicembre 2022 ebbe successo.
Lungo quell'ex sentiero ho trovato alcune piccole quercine, direi una ventina. Così la quercia grande (Quercus Pubescens, roverella) che mi fa felice ogni giorno, quando la vedo dalla finestra a nord, a casa, quando ci passo sotto, andando al lavoro, mi fa compagnia anche qui, ora.
Ho dovuto scegliere con attenzione i luoghi: terreni luminosi, marginali, evitando quelle fasce massacrate dalle frese a strascico oppure falciate fino all'ultimo centimetro (prati qui gestiti a tre tagli all'anno, con molta attenzione e pure molta efficienza, i bordi spesso a mano, fino all'ultimo centimetro utile).

I boschi artificiali, pressoché monocolturali (con presenza di qualche larice, qualche raro pino silvestre) alle quote montane basse e medie è una forzatura che ha dimostrato, con Vaia, i propri limiti. A quella tempesta equinoziale segue da qualche tempo il disastro del bostrico che si manifesta, sulle pendici dei monti, specie quelle rivolte a meridione, in orribile ampie chiazze grigiastre di pecci rinsecchiti.
La sparizione delle latifoglie è uno degli innumerevoli casi di "economia della estinzione": le latifoglie sparirono proprio perché assai più pregiate e quindi abbattute e vennero sostituite con il peccio che cresce molto più velocemente.
Come reazionario al progresso al peggio, devo dire che anche il conservatorismo forestale basato sulla monocultura del peccio, ha mostrato i suoi limiti, specie ora che le estati sono diventate spaventosamente africane, ovvero calde, lunghe, siccitose.

Noto che qui, molto ligi alle direttive delle province autonome (Bolzano e Trento) e rispettive istituzioni forestali, hanno finalmente lasciato crescere latifoglie: faggi, aceri, frassini e... betulle. Ho sempre invidiato la splendida e folta presenza delle mie amate betulle nei boschi delle Alpi centro - occidentali. Ieri, nei tagli forestali intorno ad una malga, ho visto che ri-finalmente, iniziano ad esserci delle betulle che NON sono state tagliate. Lungo il cammino dove ho trovato le mie quercine c'è anche uno splendido faggio e pure molti piccoli faggi nell'area intorno ad esso. Finalmente!

Ora c'è qualche piccola roverella che, su alcune coste aride, calde ed esposte a meridione, ha iniziato la sua crescita e contribuisce a rendere il bosco un po' più naturale.
Sono proprio felice.





30 commenti:

  1. Il punto della faccenda è che tutto il paesaggio è comunque artificiale da millenni. Bisognerebbe fare la prova di chiudere completamente una porzione e non metterci mano per decenni e secoli per vedere in che modo e in che forma si rigenera.
    Qui dalle mie parti i boschi di montagna sono per lo più di faggi ma sospetto che fossero le parti usate solo per la legna perché poi ogni altro metro doveva produrre pascolo, castagne, granaglie, patate, eccetera.

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    1. Invece le querce, di varie specie, sono molto usate per i parchi cittadini. Il guaio è che mi pare siano poco resistenti alle condizioni in cui si trovano, spesso si ammalano e deperiscono per poi richiedere l'abbattimento. Nel parco dove vado spesso c'era un quadruplo filare di querce, ne hanno tirate via almeno la metà e le altre sono li li per andarsene.

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    2. Querce nei parchi cittadini...
      Mmh.
      Allora: la mia impressione eè che nei parchi cittadini si privilegino conifere e latifoglie a crescita veloce: cedri atlantici, cedri del libano, aceri, pioppi, tigli, ippocastani.
      nel tempo le cose cambiano: ad esempio, gli ippocastani, di moda nel secolo scorso, non si usano più in città a causa delle loro castagne che, in autunno, possono, in caduta, danneggiare carozzerie (molto) fragili.
      Pure i tigli non vengono più utilizzati in città in quanto, dopo la fioritura, in estate, producono uan sorta di areosol appiccicoso che imbratta strade e veicoli,
      Anche nel giardinaggio urbano c'è un notevole impoverimento e riduzione di bio diversità.
      Le querce: in articolo (di Salviamo il paesaggio) era sottolineata una sorta di ostilità culturale alle querce nel giardinaggio urbano: erano alberi sacri per i pagani / nordici (se qualcuno si ricorda, i pfennig, i centesimi del marco tedesco, avevano, in una delle monete, proprio un ramoscello di quercia).
      A questo si aggiunge un accrescimento decisamente lento che mal si concilia con il fatto di alberare i parchi in un tempo breve.

      C'è un detto, negli stati del sud degli SUA che dice che se sei a cavallo e arriva un tornado, cercati una quercia e legati con il lazo ad essa. Questo per sottolineare la estrema robustezza e forza di quegli alberi.
      Ragionevole che negli ambienti e artificiali e inquinati urbani vegitino male e quindi siano meno robuste / fagili.

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    3. Può darsi che i parchi in posti diversi abbiano arredi diversi.

      Qui tutti i parchi hanno filari di querce e, guarda caso, di tigli.
      I tigli vanno bene ma li mettono troppo vicini quando sono piccoli e quindi dopo trent'anni si fanno ombra e si ammalano. Però li la soluzione è semplice, ne tagli uno si e uno no e buonanotte.
      Ovviamente non ci sono macchine dentro il parco quindi il tiglio può impiastrare solo l'erba sotto.

      Le querce sono d'appertutto, come i platani ma si ammalano di qualche batterio, quelle che ho visto io cominciano a colare un essudato nero e poi seccano e muoiono.
      Le prime le avevano ricoperte di colla e di pellicola trasparente prima di abbatterle, forse per evitare di diffondere il patogeno, poi hanno lasciato perdere. Non so, non faccio il botanico.

      I platani si mettevano lungo i viali, anche se qui avevano messo i ciliegi e sono morti quasi tutti, più che altro li hanno devastati con potature assurde, secondo me perché ancora, non li volevano curare.

      Comunque ci sono platani anche nei parchi ma non tanti quanto le querce.

      Poi nei parchi grandi abbastanza ci sono essenze varie che formano una specie di "sottobosco". Pensavo fosse naturale invece ho visto che anche quello lo piantano apposta con piantine piccole che poi col tempo si infoltiscono.

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    4. Secondo me quando io scrivo parco intendo un posto dove puoi camminare per un'ora da una estremità all'altra e tu invece intendi il "parchetto" cittadino con qualche panchina e i vialetti, diciamo tipo campo di calcio.

      Comunque, insisto, il problema del verde è che va gestito. Non possiamo, non vogliamo e non sappiamo gestire niente, quindi aspettiamo che capiti qualcosa e allora "emergenza".

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    5. Esistono alcuni nuclei di bosco integrale, di foresta vergine, in Italia ed in Europa. Diciamo più bosco integrale che foresta vergine, date le dimensioni geografiche limitate.
      La maggior parte dei boschi sono sottoposti, più o meno, all'azione dell'uomo,
      Direi che sia i parchi che i giardini urbani (usiamo questi due termini per indicarne le dimensioni differenti, grandi i primi, più ridotti i secondi) sono tipicamente opera umana.
      Una volta, nei grandi parchi dei nobili, si utilizzavano anche essenze a lenta crescita, come le querce (i platani, ad esempio, crescono velocemente).
      Brutta storia quella delle patologia delle querce con essudazioni nere.
      Ho ricercato e ho trovato un "papero" (articolo) di un'istituzione elvetica (Istituto Federale di Ricerca per la Foresta, la Neve e il Paesaggio) "Le querce devono fare i conti con due malattie che si manifestano contemporaneamente" secondo il quale, la causa sarebbe il "Phytophthora cinnamomi, che in precedenza era presente come agente causale della malattia dell'inchiostro solo sul castagno dolce". Dunque un fungo che, leggo altrove, è noto per aver già attaccato le querce in Spagna.

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    6. Ci sono due parchi abbastanza grandi vicino casa mia, in entrambi c'è la moria delle querce. Secondo me il patogeno è stato introdotto dai vivai da cui vengono i nuovi alberelli che ogni tanto collocano a dimora. Sempre perché c'è l'azienda fornitore che lavora col culo ma nessuno controlla e poi il cugino, l'amico, eccetera.

      Poi comunque come per le case anche gli alberi sono immaginati come "immobili", cioè eterni, non come qualcosa che ha un ciclo di vita e che va mantenuto e alla fine sostituito. Invece è sempre "emergenza".

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  2. Intanto, ti rovino il "mood".
    Favelas

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    1. La terzomondizzazione dell'Italia.
      Io non ho mai capito cosa ci sia di positivo in questo progresso che manda in brodo di giuggiole i sinistroidi.
      Ovviamente un disastro anche dal punto di vista ecologico.
      I boschi di Monte Mario inceneriti per un rogo originatosi da uno fornelletto di 'ste baraccopoli.

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    2. I "sinistroidi" non sono uguali, gli idioti vogliono solo l'aiutino peloso, i mai cresciuti vogliono fare casino e mettersi in mostra, rimangono i "dirigenti" che sono tutti psicopatici e quindi per loro tanto peggio, tanto meglio. Anche perché contano di comprarsi la tenuta agricola, facci caso, tutti loro ce l'hanno e lasciare le merdacce a fare i conti col degrado delle periferie e dei palazzoni.

      l'incendio è il meno. Pensa che la gente della baracaccopoli deve pisciare e cacare, poi avranno dei vizi, fatto sta che un attimo ricavare una bella epidemia. Aggiungiamo i nuovi italiani che ci portano le simpatiche malattie tropicali tipo vaiolo delle scimmie, dengue eccetera, più le solite cosette medievali tipo la tubercolosi e la lebbra.

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  3. Mi piace questa idea di andare a piantar ghiande. A me non è mai venuto in mente. Sono dai miei genitori oggi, qui intorno ce ne sono a iosa. Una bella natura forte e potente.

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    1. Nel frattempo, considerato che le ghiande hanno germinazione "complicata, non così robusta" mi sono portato avanti e, temendo un insuccesso della "riproduzione per lanci" a casa ho ottenuto una ventina di querce in vasetto che ho portato qui e che sto piantando.

      Qui, c'erano ancora alcuni nuclei residuali di faggi che, piano, sono tornati ad espandersi (evidentemente i forestali hanno posto limiti severi al taglio delle latifoglie). Molto ridotta la presenza di querce: ne erano rimaste solo due nel tratto di boschi e prati che va verso il comune sudtirolese a nord.
      Il bosco misto è forte e potente, specie se non degradato da tagli a ceduo (frequenti).
      Quando frequentai la Germania, con la madre di mio figlio, già negli anni novanta si erano accorti, in seguito ai catastrofici danni inflitti alle peccete dalle tempeste equinoziali, della loro fragilità anche in termini meccanici e già da quegli anni la silvicoltura tedesca aveva stabilito di ritornare ai boschi misti.

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    2. Pianta i castagni, che le ghiande sono commestibili ma fanno schifo.

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    3. Sì, ho pensato anche a quelli. In realtà le castagne sono il frutto di castagni da frutto innestati su quelli selvatici. Frutticoltura e lavoro relativo.

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    4. Se non fai l'innesto la pianta fa lo stesso le castagne, solo che sono piccoline. Sono comunque meglio delle ghiande. Nei filari di querce malate che dicevo, nel parco vicino casa mia, non so per quale ragione ci sono due castagni. Poi c'è un vialetto e oltre i filari continuano con degli ippocastani, anche loro malaticci per via dell'insetto che sverna sotto, tra le foglie cadute. Tanti anni fa ci andavo con mia nipote per farle vedere la differenza tra le castagne edibili e le castagne dell'ippocastano, avevamo anche fatto un "lavoretto" incollando le foglie e i frutti su dei fogli di cartoncino.
      Il castagno ha diversi usi oltre i frutti, il legno è pregiato e i fiori, che sono abbastanza consistenti, servono alle api e similia.

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    5. Non so come si faccia ma un altra pianta utile sarebbe il nocciolo, che però è più un alberello, un arbusto. Qui nel parco ce ne sono diversi, collocati nelle aree "dense", a fare massa.

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    6. Sul castagno, cito:
      "... forma associazioni in purezza o miste, affiancandosi alle Quercus (per lo più farnia e roverella), al frassino, al carpino nero, al noce, al nocciolo, ecc. Per le sue caratteristiche è una specie strettamente associata alla roverella, tipica mesofita della foresta mediterranea decidua."

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    7. Attenzione che il noce avvelena il terreno attorno le radici per impedire la competizione con altre piante.

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    8. Grazie per il suggerimento.
      Metterò a semina qualche castagna e poi ne porterò su le piantine! Ottima idea.

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    9. Noccioli già presenti qui. Le ghiande servono anche a caprioli, cervi, cinghiali che sono tutti... animali molto buoni! ;)

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    10. Erano buoni quando si mangiavano, adesso sono i "figli" degli "animalisti".

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    11. Vedo molte giovani coppie senza figli e con dei cani.
      Mah.
      Boh.

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  4. e dei platani che sovrastano i palazzi di 8 piani, qui a roma ne vogliamo parlare????

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    1. I platani possono diventare dei veri e propri monumenti arborei giganteschi, bellissimi.

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  5. Le nostre città stanno andando in rovina e facciamo finta di non vederlo. La ragione è che il grosso è stato costruito sull'onda del "boom economico", con premesse e conseguenze del tutto diverse dalla condizione presente. Ora ci troviamo al punto di dovere rimettere mano a tutto ma non siamo nemmeno capaci di immaginarlo, figurarsi farlo davvero.

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    1. Tempi duri portano persone in gamba, tempi dolci, morbidi, portano cattive persone.
      Quindi tutto soffre di incuria, sciattewria, mancate cura e manutenzione.
      Qui, nella parte marginale dei boschi, ad esempio, sta espandendosi la vitalba che, quando ero piccolo, semplicemente non esisteva.
      Le vecchie generazioni avevano un'osservazione assai acuta e precisa del territorio e lo gestivano in maniera oculata, perché da tale cura semplicemente dipendeva la sopravvivenza.
      Ora, ad esempio, lo sfalcio è fatto sempre più spesso a macchina, non c'è tempo e/o attenzione alla vitalba ai margini.
      Se tira giù un po' di abeti, chi se ne frega!

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    2. La cosa è un po' diversa. All'epoca del "boom" si facevano le cose a capocchia con l'idea de "poi ci penseremo", nella convinzione che nel 2000 ci sarebbero state le città volanti. Invece le cose a capocchia sono rimaste li, sono invecchiate e adesso ci crollano addosso, come il platano malato quando viene il fortunale. Quando era un alberello giovane e vigoroso il problema non c'era, poi però nessuno l'ha più guardato, cosi come nessuno ha guardato il marciapiedi, la strada, tutti gli scavi per mettere tubi e cavi, la fognatura, eccetera.

      Si è anche imposta l'idea dell'abitare come chiudersi in casa, la casa-fortezza e casa-capsula spaziale. I dintorni sono terra di nessuno, non il proseguimento della casa. Non si vive più fuori casa, nei cortili, nelle strade, nelle piazze. Si corre verso l'auto, si va da un'altra parte, si esce dall'auto e ci si chiude dentro un'altra fortezza. Quindi ancora, nessuno guarda il platano, il marciapiedi, la strada, eccetera. Sotto il platano trovi il nuovo italiano in ciabatte.

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    3. Epperò, giuro, nel complesso del due locali da trecentomila euro c'è il "consierge", quello che una volta avrebbero detto "portinaio" e tutte le tapparelle sono comandate via scemofono tramite "domotica". Credo ci sia anche la doccia per i cani o qualcosa del genere. Tutto al chiuso eh, perché appena oltre la porta c'è Alien.

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  6. Seminare alberi, una bella occupazione! per qualche anno ho messo semi di Bagolaro in giro per i sentieri... poi mi sono stufato, o li tagliano o li calpestano, quando va bene dopo un paio di anni passa un piromane ... concludo che la società di oggi non merita tanto impegno...

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    1. Capisco. Come fa presente Messer Pigiatasti (MrKeySmasher) ci sarebbero molti più alberi se un sacco di zelanti non si applicassero a distruggerne molti. Purtroppo, su un'altra zona nella quale avevp gettato ghinde, ho visto oggi, passando di fretta, che frese e decespugliatori sono arrivati molto in alto sulle sponde. Temo che le mie quercine...
      Bagolaro, romiglia, spaccasassi, ottimo, pure, specie in quelle zone.
      Signor Pier, ce ne fosse pure uno, di bagolaro, salvatosi, e ora bell'albero, sarebbe uno splendido risultato.
      Bravissimo, mi congratulo con voi!

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