domenica 25 agosto 2024

L'uomo che piantava gli alberi - 4

(L'uomo che piantava gli alberi - 3: ... e roverelle!)

Giovedì ho fatto un sopralluogo lungo una strada forestale lungo la quale avevo sparso delle ghiande: avevo valutato il rischio delle frese ma non così bene. Non solo frese lungo-strada che hanno operato molto in alto ma pure tagli a mano con decespugliatori: in quel tratto non si è salvata neppure una roverella. :(

Mi erano rimaste cinque roverelle in vasetto che ho deciso di impiantare inerpicandomi vari metri - fino ad una decina - sopra il limite delle fresature.
Versante a meridione con gli abeti rossi in sofferenza: è un ottimo posto per le roverelle.
Sperem!

(unuomoincammino)

7 commenti:

  1. OT
    non ho altro modo di contattarti per cui utilizzo questo tuo spazio:
    ieri avevi lasciato un commento al mio brano "sotto il nocciolo" in cui ti lamentavi (giustamente) della pubblicità che compariva in fondo al racconto. stamattina ti avevo risposto (Purtroppo WordPress funziona così, ma è chiaro che io non c’entro nulla con la pubblicità, la subisco e mi disturba che rovini la lettura del racconto. Ciao UUiC ml) ma nè il tuo intervento nè il mio compaiono nella mia pagina pubblica, evidentemente oscurati da wordpress. E' un fatto increscioso, me ne scuso.
    massimolegnani

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    1. Nulla di cui scusarsi, signor MassimoLegnani.
      Cordialita'.

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  2. Coso, mentre tu pianti le roverelle:

    "Per “Eco”, la rivista diretta da Tito Boeri, ho mostrato come nelle scuole materne pubbliche di comuni della grande Milano, come Baranzate o Corsico, la quota di bambini stranieri vari fra il 60% e il 90% degli alunni; e questi bambini già a quattro o cinque anni tendono a dare risultati un po' peggiori rispetto ai loro coetanei italiani in semplici test che misurano la fiducia negli altri, la capacità di autocontrollo, la capacità di capire il punto di vista degli altri. Rischiamo di gettare le basi dei ghetti e delle baby gang "straniere" di domani, anche se a sinistra parlarne è un po' sconveniente.

    Servono scuole di lingua speciali per questi bambini nativi stranieri, servono scuole di lingua e cultura per i loro genitori e soprattutto per le loro giovani madri casalinghe e isolate fra le loro quattro mura. Non vivremo mai nell’Italia ideale."

    Dal sito del Corriere.

    Ora, immaginiamoci in quale mondo vedremo "scuole speciali" per i figli e "scuole speciali" per i genitori, senza contare il modo per obbligare gli uni e gli altri a frequentarle.

    Tornando al discorso del "razzismo" e il concetto di "Italia ideale".

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    1. > gettare le basi dei ghetti e delle baby gang "straniere" di domani

      Mmh, perche' "domani"?
      Da queste parti c'e' un centrone commercialone raggiungibile da una ferrovia suburbana.
      Le bande di giovani nordafricani penetrati da poco o di seconda generazione che i sinistranti vogliono etichettare come italiani, si organizzano in bande di alcune decine, prendono tale ferrovia, scendono alla fermata vicina, entrano nel centro commerciale e via col pagarci le pensioni con rapine, furti, pestaggi: non hanno ancora stuprato una t*oia infedele, per il momento.
      Questo avviene da alcuni anni, altro che "domani".

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    2. Perché chi scrive l'articolo non vive nel mio quartiere, dove, come sai, io sono contento che i "nuovi italiani" tutto sommato stiano nel loro e siano relativamente ben educati.
      In confronto ai meridionali che abitavano gli stessi quartieri cinquant'anni fa.

      La cosa assurda è che le stesse considerazioni circa i figli dei nuovi italiani si potevano fare all'epoca sui figli dei meridionali, dei miei compagni di scuola ne ho persi di vista il 90% proprio perché progressivamente selezionati perché manifestavano ritardi nel parlare e nel ragionare.

      Il ghetto, quando fui alle medie costruirono una serie di casermoni popolari fuori dalla città e ci deportarono le famiglie più problematiche. C'era un mio compagno di scuola, che abitava nel mio palazzo, che piangeva, sapendo di andare a vivere ad Alcatraz o a Gaza. Ancora oggi c'è sempre la polizia, sirene, incendi, eccetera.

      Il Corriere è un prodotto editoriale che ha il fine di raccontare una certa storia. Non è la fotografia della realtà e non è nemmeno la profezia del futuro.

      Il vero interruttore di cui ci dovremmo preoccupare e che il Corriere ovviamente omette è che mentre i meridionali e i figli avevano lo sfogo delle fabbriche e da li la opportunità di emancipazione, i nuovi italiani arrivano in un contesto decadente, che sembra tutto oro e figa ma è la facciata di cartapesta, sono i nuovi grattacieli del centro di Milano. In realtà non c'è più "nuovo", tutto quello che abbiamo è il "vecchio" che cerchiamo di tenere su coi puntelli.

      Quindi al primo giro i nuovi italiani, venendo dalla fogna, sono nello spirito del "tutto bello". Poi i figli si trovano inchiodati nella condizione dei genitori ma con ben altre aspettative. Da quella frustrazione, accoppiata allo "ugualismo" ipocrita, nasce alla fine la asocialità e la delinquenza.

      Delinquenza che poi è perfino idealizzata e proposta dai "media", i modelli sono sempre e solo delinquenziali.

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  3. Bello piantare alberi. È qualcosa che non si fa per noi ma per le generazioni che verranno...

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  4. Incrocio le dita per le roverelle. 😉

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