C'è questa cosa strana che succede. Sono giorni di grande serenità, di piaceri ritrovati, di nuove attività. Ieri ho cucinato per UnBambino, per il suo amico, per una mia amica (la tizia che ciabattò lo zio Osho), serata splendida, soave, dopo giorni di pioggia non c'è nulla di più stupefacente di godersi il tramonto sereno e terso, poi il crepuscolo, nell'aria tiepida di giugno, la valle rigogliosa di verdi, sotto, verdi lucidi e brillanti della “verdura” ben lavata, vedere il luccichio delle lucciole e sentire il verso della civetta (l'abete di A-Woman piantato con UnBambino
a gennaio, tra l'altro, ha attecchito e cresce rigoglioso, è pieno di morbidi getti verdi, già gli voglio bene allo scarraffone).
Alle 4 mi sono svegliato dalla sete. E in quel momento sento il buco, il pensiero che va a questo amore finito. C'è un po' di dolore in fondo. Poi passa. Beh, in vent'anni non ho ancora capito questo mistero dell'amore: il cuore e l'affetto che diventa grande e forte, il resto che svanisce.
Fortunatamente rimane un mistero.
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