venerdì 8 maggio 2020

Reale e artificiale

  • It seems we grew up in totally different worlds.

Ieri sera ero incappato nel video a corredo. Si ripropone la frattura tra urbanismo progressista (o waltdisneyano, mi verrebbe da dire sarcasticamente) e il realismo di coloro che vivono nella realtà, in provincia, per dirla italianamente, ai confini oppure anche oltre.
Lavorando a casa da oltre due mesi e camminando e muovendomi assai meno, vivo in un ambiente artificiale che mi isola dalla realtà. C'è questa nefasta siccità ma, meno a contatto con la natura, verrebbe da non porsi minimamente il problema, acqua fresca e buona arriva da rubinetto, i supermercati hanno tutto... Ecco che stare nell'artificiale ti aliena. Questo è relativo non solo alle questioni ecologiche, agricole, ma anche quelle economiche, sociali, etc. .
A Tel Aviv si balloccano, nelle colonie o negli insediamenti vivono il conflitto con i palestinesi. Tel Aviv liberal-progressista, Hebron nazionalista, da una parte i diritti, dall'altra lottare conquistare. Anche in Italia si osserva questo jato tra coloro che vivono, lavorano, producono, portano avanti la baracca, risolvono problemi e una parte del paese progressista basata sui diritti, sugli antismi (antisessismi, antifascismi, anticapitalismi... qui il lessico diventa tanto colorito quanto rozzo, squinternato, plasticato). Osservi i colori della scelta degli elettori e hai una mappa di posti dove si risolvono problemi (con tutti gli errori del caso) e dei posti dove si creano i problemi.
Mi ricordo i colleghi progressisti, così giulivamente bonari con l'immigrazione di massa. Che problema c'è? Mi sposto in BMW, non devo attraversare il quartiere intorno alla stazione, di notte. Che problema c'è?
Le regressioni cognitive degli artificializzati urbanizzati sono evidenti: l'osservare la realtà  (e per farlo è indispensabile stare nella realtà) è fondamentale per vivere degnamente e bene e questa artificializzazione rincoglionente le masse procede con la crescita tumorale delle città, metropoli, megalopoli, con l'urbanismo tumorale (*).  Esiste un confine culturale tra ciò che è reale e ciô che è artificiale.
Il venerdì mi prendo la licenza e osservo che Moriya (da 5' 11") è una figa pazzesca con la quale mi accoppierei per diciassette ore di seguito! :)


3 commenti:

  1. Ci sarebbe pure il rincoglionimento dovuto all'autossicodipendenza ma si aprirebbe un altro capitolo di poca dignità per questa nostra specie.

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  2. begli occhi, così pieni di speranza, è ancora nel target, peccato che i nostri caporioni non approfittano dei redditi di cittadinanza per portare a termini opere ormai non più prorogabili quale la raccolta in bacini montani delle acque piovane per poi distribuirle dal lazio in giù. Credo che in campagna mi saranno ormai morti tutti gli alberelli piantati quest'inverno. Figuriamoci quello che succederà quest'estate e presto tutti i fiumi andranno in secca, dopo aver alluvionato la gente quest'inverno

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    1. Dovremmo piantare alberi ovunque, per cercare di salvare la pellaccia. Invece succede che le grandi foreste vengono distrutte, dalla Polonia all'Amazzonia,dall'Indonesia all'Africa equatoriale,in Canada. I boschi che si riprendono Appennino e parte della Alpi ben poco fanno, in confronto.
      Vedere crescere un albero a me dà una gioia pazzesca!

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