lunedì 25 settembre 2017

Non c'è altra via?

Dopo quindici mesi di siccità orribile (dalla quale, non siamo usciti e, peggio, molto peggio, temo non usciremmo a breve) e spento l'infernale forno africano estivo, le temperature sono scese ed è possibile nuovamente tornare a muoversi e faticare nella natura. Per una volta ho spento la modalità organizzatore e sono stato felicemente al traino dell'organizzazione di _gorza, forte e paziente camminatore di altre volte.
Siamo andati nell'Appennino alto ormai deserto di vita umana e che scoppia di vita bestiale e vegetale. Ci abitava un tanghero, prima di trasferirsi in città. Furono millecinquecento, poi undici mi raccontava egli, poi andò via con sua madre e ora, ora sono rimasti in sette.
Sul velluto verde di un castagneto delle fiabe, quasi incredibile nella sua bellezza di giardino dell'Eden, nelle nuvole grige di ieri di pioggia un po' stitica, parlavo con un pensionato che si definisce agricoltore hobbista e delle traversie infinite che essi (gli agricoltori) devono superare a causa di ungulati, normazione vessatoria, cambi climatici. In effetti non c'è alcuna politica che preveda un aiuto o, se vogliamo, una minore vessazione per coloro che tentano di stare lassù, di dar vita ad una eco-nomia montana.
Chiudono i piccoli negozietti  della zia Emma, le trattorie residue, non nevica più, non c'è più turismo sciistico. Egli si lamentava, tra altre cose, che...non fanno strade. In effetti se vuoi numeri devi aprire strade: masse e relativi consumi arrivano solo dove arrivano le strade.
Ma è il modello sudtirolese (e quello vicino, trentino), fatto anche di cultura, di legame identitario con le radici, per la piccola patria, di diritto (testamentario, del maso chiuso) e strade ad ogni malga che debba essere turisticizzata che vogliamo? Per quanto adornata di scoppi di gerani e surfinie, di legni scuri finto antichi, non c'è che quasi nulla di montagna selvaggia lì. E' tutto perfettamente organizzato, infrastrutturizzato, messo a listino. Un enorme parco divertimenti montano nel quale puoi andare uscito dall'ufficio, bardarti con l'armatura, salire con la seggiovia e scendere a rotta di collo (downhill), nel quale calzi le ballerine, sali alla stazione di monte della funivia dei miracoli, mangi una pizza e fai due passi fino al bianco del ghiacciaio, senti un po' di freddo ai piedi e torni a valle.
La malinconia dei deserti umani appenninici è il costo da pagare per questa Natura che torna tiranna? Turismifici rutilanti sazi di mediocri canederli fatti con speck di cosci polacchi e lavorati da operai macedoni serviti in kitsch afro fusion che supera ogni limite del kitsch. o pure squallidi turismifici alla Sestriere o alla Tonale oppure... oppure boschi e selve deserti umani che scoppiano di fauna e flora? Non ci sono altre vie?
In questo borghetto incantato abbiamo visto una casetta dei sogni, restaurata finemente, il lusso della bellezza povera recuperata in tutti i dettagli. Macigno e castagno, fuoco scoppiettante e acqua pura, noci, mazze di tamburo e profumo di caffè della moka, asciugamani ricamati a mano e letti in ferro battuto antico, stufe col fuoco e bagni piccini glorificati di marmi preziosi.
L'abbiamo restaurata solo per nostro piacere, se tentassimo di venderla non prenderemmo nulla di quanto investito, chi comprerebbe una casa così qui?
Il paradosso dei paradisi per nessuno.







24 commenti:

  1. Risposte
    1. Adesso ricordo: l'espressione in Tresana era diventata comune nel pennolese/pratonovello/cadefalchi perche mia zia andava a scopare in Tresana con tutti. A suo tempo le case della Tresana, come quelle della Pennola e borghi limitrofi avevano esclusivo accesso per strada bianca, dalla parte di Castelluccio/Porretta. Dalla parte opposta, si arrivava dalla mulattiera di Monteacuto (via Madonna del Faggio) o dal Molino della Squaglia, più in basso. In tutta quella terra ci son tre cognomi: Pranzini, Balducelli, Lancioni. I Pranzini venivano dalla Toscana. Avevano una casa su Pontevecchio, e sempre tiravano le castagne ai vigili dalla finestra che guardava il Ponte. I Balducelli erano proprio di lì, di quella cresta che guarda il Corno. Da almeno 3/4 generazioni. I Lancioni erano butteri Maremmani. Venivano coi muli e i cavalli dalla Maremma e producevano il carbone lungo la via, oltre a portare il carbone vegetale di Maremma. Sul finire dell'800 uno di quelli aveva perso la moglie ma aveva giá due infanti. Così si sposò la bisnonna di mia mamma. Si fecero commercianti da lì in poi: scendevano a Firenze per le vie del bosco a comprare caffè e zucchero. Essenzialmente vivevano di castagne e vino. A mia madre sempre si metteva il vino nel caffellatte. Tutti bevevano forte, e i cavalli sempre sapevano come tornare alla greppia durante la notte senza bisogno di condurli.

      Elimina
    2. Grazie per la testimonianza di storia locale, Max e della menzione della cultura del castagno. Quell'albero da frutto salvò molte comunità. Bello, buono e sano che vanno insieme. Ora quella cultura soffre per l'aumento delle temperature, gli xeno parassiti, le malattie, la siccità e per il fatto che è una economia ad alta intensità di manodopera.
      I giardini-castagneti sono di una bellezza straordinaria. Che si sta perdendo, piano, nell'oblio.

      Elimina
  2. Vai da solo, è una meraviglia unica. Non c'è sarcasmo, dico sul serio.

    RispondiElimina
  3. Giustamente, ognuno vede le cose alla sua maniera, anche in base alle esperienze passate, alle abitudini, alle attitudini. A me le uscite "in solitaria" han sempre appagato parecchio, anche se ne faccio ormai ben poche e sempre meno "audaci" (non che sia mai stato chissà quanto "audace", intendiamoci). Se tu non ti ci trovi hai tutte le ragioni del mondo per fare altrimenti.

    RispondiElimina
  4. Oh ... sto leggendo ''L'evoluzione dell'animale umano'' di Jared Diamond ...

    RispondiElimina
  5. Notevole, la deviazione del pensiero anti-carnista.
    Mancava alla mia collezione delle malattie mentali.

    { grazie }.

    ===

    RispondiElimina
  6. Spero di riuscire a rispondere quanto prima a questa miscellanea di strane cose, alcune sensate altre meno.

    RispondiElimina
  7. > qui si fotografa nostalgicamente un ambiente antropizzato

    Ecco l'ugualismo sull'antropizzazione.
    Rendiamo uguali questo borgo e, chessò, la zona dell'Acna di Cengio oppure il tumore cementizio nord milano, Porto Marghera, la terra dei fuochi, o le distese cappannonizzate dell'area FI-PO-PT-LU etc. .
    Tanto è tutto antropizzato, tutto uguale, no!?

    RispondiElimina
  8. > Tutta roba che viene dagli anni '70 che che NEGA, CANCELLA, IGNORA, DISCONOSCE

    Lorenzo, ti fai prendere dal tuo furore ideologico antagonista e perdi la ragione.
    Nelle belle città italiane, quasi tutti i palazzi signorili antichi avevano un parco interno.
    Non perché fossero dei fancazzisti capricciosi che non sapevano cosa inventarsi.
    Ma perché la qualità di vita è fatta anche di verde, di spazio, di vuoto pieno di biologia, di piante, cespugli, erba.
    Questo, ovviamente, è precedente a ipotetici condizionamenti degli anni 70.

    Il fatto che ci sia una totale perdita di raziocinio negli oppiomani marxisti verdognolizzati, ad esempio voler abolire il nucleare e poi voler immigrazione senza limite, come se i 2 miliardi di asiafricani che arriverebbero si spostassero su muli, si scaldassero con il fiato, si asciugassero i capelli col ventaglio, è un segno evidente dell'orribile regressione oscurantista, della furia ideologica di questi demente fanatici.

    Del resto tu sei il primo tecnoteista che vorrebbe negare i limiti fisici quantitativi e qualitativi del pianeta "tanto la tecnica ci permetterà di essere in 216 milioni in val padana."

    RispondiElimina
  9. Lorenzo: "cambiano solo le quantità in gioco"

    Solo quelle. Hai detto niente.

    RispondiElimina
  10. > Le "belle città italiane" sono una emerita cazzata scritta da uno che NON SA UNA MINCHIA ne di architettura ne di storia.
    > I palazzi signorili NON avevano affatto un "parco interno".

    Prego osservare qui.
    Servono altri esempi?
    Perché usare quei toni urlati?
    Ci tieni proprio a passare per saccente e smargiasso?

    RispondiElimina
  11. > Cito Un esempio di delirio maniacale.
    > "E' la fine di un ciclo: quello del movimento verde mondiale. La malattia che uccide il movimento è la stessa che sta conducendo il pianeta alla distruzione: l'antropocentrismo,
    > il mettere cioè l'uomo e le sue esigenze egoistiche di specie al centro e al di sopra di tutto, persino al di sopra della sopravvivenza dell'ambiente naturale e biologico che è al fondamento dell'esistenza dell'uomo stesso.
    > Si tratta, per semplificare al massimo, di pura stupidità della scimmia autoproclamatasi Homo sapiens sapiens."


    Interessante osservare come si dia del delirio ad una cosa OVVIA e completamente ragionevole visto che è del tutto ovvio che l'uomo non può che vivere in un ambiente che gli assicuri le condizioni di vita biologiche necessarie, vitali.

    RispondiElimina
  12. > Solo quelle. Hai detto niente.

    Giusta osservazione, messer Pigiatasti.
    La scala.
    Ciò che è uno dei limiti provvidenziali alla qualità della vita e alla vita stessa.
    Una delle cose che fa infuriare i crescitisti senza se e senza ma, magari ben inzuppati di tecnoteismo progressistoide.

    RispondiElimina
  13. > I "palazzi" NON AVEVANO NESSUN PARCO, semplicemente perché non c'era spazio.

    Non solo ciò è falso e si può osservare ancora la città vecchia con innumerevoli parchi interni (vuoi chiamarli broli? giardini?) ma è comune in tutti i centri storici delle città italiane e, in molti di essi, ancora presente (qui Vicenza ad esempio), sopravissuti ai riempimenti del boom.

    Certamente ci furono epoche nelle quali le città furono via via più stipate. Ma ce ne furono altri nei quali i borghesi e i nobili che se lo potevano permettere, crearono ampi spazi verdi internamente. Tipicamente, molti palazzi nobiliari del Settecento furono (ri)edificati proprio così.

    > le città italiane che sono "belle" nel senso neoromantico sono quelle che crollano facendo centinaia di morti ogni volta che capita il prevedibile terremoto

    E quindi?
    Le radiamo al suolo? Creiamo dei bei formicai antisismici, magari da 10000 abitanti per ciascun palazzo. Beh, la storia e gli avi interessano solo a giorni alternati.

    RispondiElimina
  14. Qui Roma dall'alto, sempre una parte del centro storico.

    RispondiElimina
  15. Io non ce l'ho con Lorenzo, per il quale o espresso più volte una qualche forma di apprezzamento, però quando sostiene che Gambarana e Tokio sono la stessa cosa... be', dai! Allora anche un mercantile transatlantico e un carretto a braccia, seguendo la stessa "logica", sono la stessa cosa. Ma no, perché ora partiranno i soliti distinguo, i però, i se, i ma, e così via negando l'ovvio tramite sofismi palesemente sconfessati dall'osservazione spicciola.

    C'è poi il vezzo consolidato del dare più o meno implicitamente del deficiente a destra e a manca, ma quella è un'altra storia e il più delle volte si riesce a soprassedere.

    RispondiElimina
  16. Bello e retoricamente efficace, il plastico della Bologna storica fotografato con quell'angolo, postato dal filosofo Lorenzo ... penso che lo riposterò su FB.

    Però ...

    invito Lorenzo, se passerà da 051, ad andare al bar di via Fondazza n. 29 : proprio di fronte al banco, sulla parete sinistra, c'è una bella foto aerea del centro storico attraverso la quale egli apprenderebbe che 1 ) quasi tutti i civici bolognesi sono stati costruiti per ospitare un giardino interno, ergo 2 ) è confermata quell'esigenza di natura di cui ha scritto Uomo.

    ( poi, quoto MKS ).

    ===

    RispondiElimina
  17. Marco Poli, grazie mille per citare questa piccola perla bolognese. Da bolognese e appassionato della storia locale potremmo citare tante zone verdi dentro mura, dedicate al bello e all' utile...sostengo cmq che la forma nostra del bello sia data dall'utile nel senso storico del termine. Basterebbe riflettere sul paesaggio del casentino (creato a partir del 500) o della selva amazzonica (creazione umana a base di tala/quema) o del sud dell inghilterra (creazione difensiva a partir del basso medioevo). Mavabè, ci sono abbastanza ricerche a riguardo.

    RispondiElimina
  18. Il bello utile.
    Sì.
    Penso che sia questo che distingue il bello, utile, dal finto, volgare, kitsch, finto.

    A volte è l'unitile ad essere così utile e bello. Qui riportato in un bislacco connubbio, del quale preferisco di gran lunga l'ambientazione gattopardesca di Luchino Visconti. "Il secondo valzer" di Shostacovich e l'atmosfera mondana di una corte di fine ottocento che rendono bene la sensazione e l'elettricità di certe milonga glamour, trasudanti di dolce vita, belle donne, intrighi, tensioni ...
    L'inutile che ha l'utilità della gioia.

    RispondiElimina

Rumore, robaccia fuori posto, pettegolame, petulanze, fesserie continuate e ciarpame vario trollico saranno cancellati a seconda di come gira all'orsone.