mercoledì 5 marzo 2025

Uno all'ora

Sono in attesa da una buona ora qui dal mio medico di famiglia, mai incontrato prima. Estremamente lento e pacato nel conversare. Così entra un paziente e ci sta per quarti d'ora perché nel frattempo egli risponde, in lunghi tempi, alle innumerevoli telefonate che riceve.

È entrato un maranza, oltre 40' fa, che ha rotto il cazzo tutto il tempo, in sala di attesa, col suo furbofono a grande volume e le decine di puttanate che ha visto, è ancora dentro. Ho ancora due persone prima di me. Quante ore dovrò stare qui? Siamo a uno all'ora. Ora capisco perché egli non riceve su appuntamento.

Du' palle, non riesco ad essere così paziente., sono uscito dall'ambulatorio alle 19

Aggiornamento: tre pazienti, soo uscito dopo 3h 13' dall'arrivo.

34 commenti:

  1. un medico d'altri tempi, il mio visita profondamente solo le under 35enni e quando l'ho fatto notare alla consorte s'è incazzata terribilmente ma non troviamo qualcosa di diverso sulla piazza

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    1. Che medico birbone! :)
      Meglio che vengano visitate solo le giovani donne che... nessuno!

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  2. UUIC ma dal dottore non sei già un paziente:))
    Sul furbofono(perché questo nome poi c'è lo spiegherai?),ti dò ragione,potevi non sorbirti sproloqui invitandolo ad uscire fuori, perché lì ogni paziente può diventare un paziente:))

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    1. ho pazientato in sala di aspetto quasi due ore e 3/4, ho pazientato anche durante la mia "visita" per una lunga telefonata che il mio medico di famiglia ha ricevuto da una giovane paziente col marito/moroso/compagno che non stava bene.

      Furbofono è la traduzione di smartphone e rende discretamente bene la scemenza di quel termine, non percepita in inglese.

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  3. Hai messo la moderazione ,ti hanno fatto davvero arrabbiare allora,pazienza anche qui dai .
    Saluti

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    1. Avendo poco tempo per il diario, non ho neppure il tempo per rimuovere e poi ripubblicare dei commenti togliendo il pattume e lasciando il buono. Cosa ancora più complicata quando essi hanno già delle risposte.
      La pubblicazione dopo valutazione dei commenti è uno strumento da usare come rimedio estremo.
      Necessario essere laici e affrontare e risolvere i problemi quando si presentano.

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  4. Quanto odio le attese dal medico.
    Dove vivevo prima ci dovevo perdere mezza giornata.
    Un inferno.

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    1. I tempi della sanità sono estenuantemente lunghi, specie per coloro che non vi sono abituati.

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  5. L'attesa è stata lunga e spero che almeno sarai rimasto soddisfatto delle visita. Devo dire che questo medico è un pochino anomalo.

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    1. Come ho scritto oggi (v. sotto) ... anomalo per letargia.

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  6. Ma come? Li rifà nuovi uno ad uno?

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  7. Ma ormai anche quelli che ricevono su appuntamento non sanno gestire gli appuntamenti. Dovrebbero almeno prevedere 1 ora per ogni paziente. Invece prendono appuntamenti per ogni 10 minuti e poi si sta ad aspettare ore. Come se tutti fossimo nullafacenti. Se una prende un permesso nel nnbastano neanche due ore. E non parliamo di quanto si aspetta solo per prender una ricetta. Fortunatamente la mia dottoressa adesso ha finalmente il segretario che si occupa della distribuzione di referti e ricette ( anche questi con orari ben precisi) ma prima per anni ci ha fatto vivere nel delirio più totale lamentandosi di avere troppi pazienti e troppe richieste. Se non riescono a gestirsi che vadano a fare un altro mestiere.

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    1. Quando si vuole massimizzare l'efficienza nell'uso di una risorsa (in questo caso medico, altrimenti magistrati, etc.) si creano appositamente delle code, in modo chebla "risorsa" non abbia buchi, lassi temporali, nei quali non è in funzione.
      Qui anche poca organizzazione ovvero mancanza di una collaboratrice, ad esempio.

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  8. Anche dal mio medico c'è un'attesa molto lunga!Olga

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    1. Buonasera Olga.
      Qualche giorno da, in inquota.tv, con Rosa Canina, vidi un documentario girato - presumo - dalle vostre parti, sulla ex miniera e minatori di Cave del Predil.
      Montagne aspre, natura splendida. Penso anche che... i Friulani siano in gamba, gente assai civile.

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  9. Il problema non è del medico ma del dipendente.

    Se tu lavori pagato ad ore o meglio ancora a cottimo, per esempio installi condizionatori e più ne installi in una giornata più guadagni, sarai portato a ottimizzare l'efficienza del tuo lavoro, cioè servire quanti più clienti possibile.

    Se invece sei pagato un fisso a prescindere da quello che fai, per i medici un tanto a paziente che hanno in carico, non ti importa nulla di servire uno o cento clienti in una giornata. Anzi, cercherai di contrattare con chi ti paga in modo da aumentare il più possibile il fisso e diminuire il più possibile perfino le ore in cui sei formalmente "disponibile", nel caso dei medici le giornate in cui ricevono i pazienti.

    Nelle fabbriche tipo catena di montaggio si rimedia mettendo il dipendente davanti ad una macchina che fa un certo numero di cicli e se il dipendente non segue il ritmo della macchina scatta un allarme. Ovviamente si tratta di ottimizzare il numero di cicli per dipendente e il numero di dipendenti per fabbrica.

    Nel caso dei medici è difficile "meccanizzare" i cicli-paziente, è difficile gestire il numero di medici complessivo perché questi possono sempre scegliere un altro percorso professionale e infine c'è sempre il ricatto ambiguo "pubblico-privato", fino all'assurdo del medico che svolge la libera professione "intra moenia", cioè nello stesso luogo fisico dove sarebbe pagato dallo Stato. Come se un operaio Mercedes montasse automobili Renault per conto suo nello stabilimento Mercedes.

    Secondo me si potrebbero risolvere solo in un modo e cioè vietando l'esercizio della libera professione. Se uno vuole esercitare la professione di medico deve sapere che lo può fare solo all'interno del servizio pubblico. Allora puoi dettare le regole. Viceversa il servizio pubblico sarà sempre un modo per portare risorse verso il "privato", il medico sarà sempre portato a prendere il "fisso" col minimo sforzo per poi spingere il paziente a rivolgersi al "privato" quando il minimo sforzo non basta.

    In alternativa si abolisce il servizio pubblico e allora ancora le regole vengono dalla contrattazione tra cliente e fornitore, come per l'installazione dei condizionatori. Io pago e pretendo. Se non sono soddisfatto non pago o pago un altro fornitore.

    L'unico problema è che non si possono fare contenti "i poveri" e "i ricchi", nello stesso momento. Non si possono curare quelli che non pagano e fare in modo che i medici guadagnino tanto. I due estremi sono l'Unione Sovietica dove il medico guadagna come un operaio ma allora si comporterà come un operaio, quindi ti opera col flessibile e gli USA dove il ricco riceve le cure migliori e il povero nessuna.

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    1. Osservazioni ineccepibili, Nessuno.
      Quello della "intra moenia" è un cancro della sanità italiana.

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  10. Parte 1
    Il tema della remunerazione dei medici e delle dinamiche tra pubblico e privato nella sanità è indubbiamente complesso, e la proposta di vietare la libera professione per risolvere i conflitti di interesse solleva delle questioni meritevoli di attenzione. Tuttavia, credo che un approccio più equilibrato e riflessivo possa condurre a soluzioni più sostenibili e giuste.
    1. Il problema del sistema di pagamento: È innegabile che il sistema di pagamento possa influenzare i comportamenti dei medici. Se un medico è remunerato per prestazione, ad esempio per paziente, l'incentivo a trattare più pazienti in breve tempo potrebbe portare a una riduzione della qualità del servizio o a una spinta verso l’uso di risorse private. Tuttavia, occorre anche riconoscere che la motivazione di un lavoratore non è solo economica, e che un medico può essere spinto a dare il meglio di sé non solo dal compenso, ma da un senso di dovere e responsabilità. Le migliori pratiche, infatti, spesso emergono non tanto da incentivi esterni quanto da un impegno personale che trascende le sole logiche del guadagno immediato. La libera professione può, se ben integrata, consentire ai medici di arricchirsi e ampliare le loro competenze, cosa che spesso giova anche al servizio pubblico. Un sistema troppo rigido rischia di ridurre la libertà professionale, creando una sanità che non valorizza l'autonomia del medico, ma la frena, riducendo la sua possibilità di contribuire attivamente a un ecosistema più ampio di cura.
    2. Conflitto pubblico-privato e il "modello ideale": L'idea che il pubblico e il privato siano opposti è un vecchio cliché che non tiene conto delle potenzialità di un sistema integrato. In un mondo dove la sanità è considerata un diritto fondamentale, si può benissimo immaginare un modello che permetta l'accesso universale alle cure senza sacrificare l'efficienza e l’innovazione che un settore privato può portare. La competizione tra pubblico e privato, piuttosto che essere una fonte di divisione, potrebbe stimolare un miglioramento generale. Dopotutto, la stessa dinamica che osserviamo nell'economia più generale, quella in cui la concorrenza tra attori diversi promuove l’efficienza e l’innovazione, potrebbe applicarsi anche alla sanità. Certo, la sfida è regolare con saggezza, evitando che la competizione si traduca in disuguaglianze o in un sistema che esclude chi non può permettersi di pagare, ma non possiamo ignorare i benefici di un sistema che promuove l'eccellenza attraverso incentivi ben progettati.
    3. Il "fisso" e la qualità del lavoro: Un altro punto fondamentale riguarda l'idea che, se un medico è retribuito con un fisso, tenda a lavorare con il "minimo sforzo". Sebbene questa generalizzazione possa applicarsi in alcuni casi, non è affatto una regola universale. La realtà è che un sistema che premia esclusivamente la quantità può soffocare la qualità. Allo stesso modo, un sistema che premia esclusivamente la stabilità può non incentivare l'innovazione. Le due cose non sono mutualmente esclusive. Per esempio, pensiamo a come, in molti ambiti della società, la qualità del lavoro non sia mai stata una funzione diretta della quantità di lavoro svolto, ma piuttosto della passione, della competenza e dell’impegno individuale. Il medico, come ogni professionista, se motivato dai giusti incentivi e da una cultura di eccellenza, saprà sempre dare il meglio di sé, anche nel contesto di un "fisso". La questione, quindi, non riguarda solo l’ammontare del compenso, ma la qualità dell'ambiente in cui il professionista opera e l'orientamento delle politiche sanitarie.



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    1. Nel caso dei medici di famiglia, si tratta di liberi professionisti con contratto specifico colle ASSL.
      In ambito umano non ci sono soluzioni definite, sono sistemi con un numero talmente elevato di variabili indipendenti che paiono fuori controllo.

      Non esiste un diritto alla salute: quello sanitario è uno dei sistemi più difficili, costosi, complessi ovvero insostenibili.
      Basta poco e va tutto a patrasso.
      È una macchina enorme in cui ci vanno risorse, denari, competenze, tecnologia.
      Certo, se uno pensa che i denti si cavano con una pinza da un maniscalco, allora può essere considerato un "diritto".
      Se si vuole un buon odontoiatra, con un ambulatorio ben attrezzato, in cui ci arrivi acqua potabile e corrente elettrica, etc. niente diritto.
      Infatt... ora non ci sono medici a sufficienza.
      Diritto un ficovsecvo, non c'è neppure il.medico, lo creiamo dal nulla colla bacchetta magica!?

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    2. che i denti si cavino con una pinza...

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    3. Sonore arrivato, risponderò successivamente ad altri commenti.

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  11. Parte 2
    4. L'eliminazione del servizio pubblico: A volte si tende a dipingere la questione della sanità come una scelta tra due estremi: o il sistema pubblico, che garantisce l’accesso universale, ma è meno efficiente, o il sistema privato, che premia l'efficienza, ma crea disuguaglianze. Ma questa visione polarizzata non tiene conto delle opportunità di mediazione che possono esistere. Piuttosto che eliminare il sistema pubblico, bisognerebbe riflettere su come migliorarlo, magari attingendo ai benefici che un mercato più competitivo può portare. È fondamentale non perdere di vista la necessità di garantire a tutti l'accesso alle cure, ma ciò non implica necessariamente un servizio pubblico inefficiente e privo di innovazione. L'integrazione tra pubblico e privato, infatti, potrebbe non solo favorire una maggiore efficienza, ma anche stimolare l’innovazione, mantenendo il sistema sanitario accessibile per tutti. Escludere il pubblico, d’altra parte, potrebbe esacerbare le disuguaglianze e creare un sistema in cui solo i più ricchi godono di accesso alle migliori cure.
    5. Sostenibilità e accesso alle cure: L'idea che un sistema completamente privato possa risolvere tutte le problematiche legate all'accesso alle cure è discutibile. L'esperienza ci ha mostrato che un modello basato solo sul mercato rischia di escludere le fasce più vulnerabili della popolazione, accentuando le disuguaglianze sociali. Tuttavia, non è neppure sostenibile pensare che il sistema pubblico possa sopportare da solo tutti i costi, soprattutto in un contesto di risorse limitate. Un sistema misto, ben regolato, che integri il pubblico e il privato, potrebbe essere una via più equa e sostenibile. Bisogna trovare un equilibrio che non solo consenta un accesso universale alle cure, ma che incentivi anche l'eccellenza e l'innovazione, senza sacrificare la qualità dei servizi offerti a chi non può permettersi il privato.
    In conclusione, la gestione della sanità e dei suoi professionisti è un tema che merita una riflessione profonda e complessa. Non possiamo cadere nella trappola di pensare che il problema si risolva semplicemente eliminando una parte del sistema o adottando un modello unico. Piuttosto, dobbiamo cercare soluzioni che combinino il meglio dei due mondi, affinché l’accesso alle cure sia garantito a tutti, senza rinunciare all’eccellenza e all’innovazione che solo un sistema competitivo e ben regolato può produrre.

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    1. Sono tutte cavolate.
      Il punto è che il "pubblico" collassa perché la premessa delle "cure gratuite" è ovviamente una menzogna paradossale e nello stesso tempo i medici non vogliono lavorare per amore del prossimo e per la scienza, vogliono arricchirsi.
      Il pubblico per i medici è un po' come l'insegnamento per gli insegnanti, un lavoro dove timbri il cartellino per uno stipendio garantito. Poi quelli più svegli hanno la loro attività professionale a parte con cui si arricchiscono. Non ci vuole in genio a capire che tenere la porta chiusa da una parte implica avere la fila davanti la porta dall'altra parte. Palese conflitto di interessi.

      A me sembra che la soluzione sia una sola e tra l'altro me l'hanno già presentata tanto dal punto di vista medico che da quello finanziario.

      Andiamo verso un futuro dove la "pensione" sarà un proforma e tutti dovranno accantonare di tasca propria un fondo privato, cosi come la "sanità" sarà un proforma e tutti dovranno pagare il canone di una assicurazione sanitaria.

      Punto.
      Il resto sono fandonie.

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    2. Parte 1
      La riflessione sulla sostenibilità del sistema sanitario, e in particolare sulla contrapposizione tra pubblico e privato, è certamente una delle questioni più complesse e urgenti nel panorama contemporaneo. La posizione che sembra prevalere in molte discussioni è quella di un'inevitabile alternativa tra due modelli opposti: un sistema pubblico che garantisce l'accesso universale, ma è inefficiente, e un sistema privato che premia l'efficienza, ma crea disuguaglianze. Tuttavia, ridurre la sanità a una dicotomia così netta rischia di ignorare le opportunità offerte da un approccio integrato e ben regolato che possa sfruttare i punti di forza di entrambi i mondi. Nel dibattito sulla qualità del lavoro medico e sulla motivazione dei professionisti, non si può negare che il sistema di compenso e le dinamiche professionali abbiano un impatto significativo. Tuttavia, ridurre la professione medica a una questione di "arricchirsi" o di "lavorare per il guadagno" è un'interpretazione che non fa giustizia a quello che è il vero cuore della pratica medica. Molti medici, nonostante il sistema di pagamento per prestazione o la possibilità di esercitare la libera professione, sono guidati da un profondo senso di dovere verso i loro pazienti e dal desiderio di offrire un servizio di alta qualità. La medicina, come molte altre professioni, non è solo una questione di numeri, ma di passione, competenza e impegno. D’altro canto, sebbene la motivazione economica non possa essere l'unico motore di un medico, è altrettanto vero che l'efficienza di un sistema sanitario dipende anche dalla possibilità di attrarre e trattenere professionisti altamente qualificati, non solo con incentivi economici, ma anche con un ambiente che favorisca il loro sviluppo professionale e la loro crescita. Un sistema che non riesce a valorizzare adeguatamente il lavoro dei medici rischia di perdere non solo in termini di efficienza, ma anche in termini di qualità delle cure offerte. Un medico che lavora in un ambiente che lo motiva e lo supporta, dove la libertà professionale è tutelata, è più incline a offrire il meglio di sé, sia nel pubblico che nel privato.
      La vera sfida, tuttavia, sta nell'integrare i due mondi in un modello che non crei disuguaglianze, ma che al contempo promuova l'eccellenza e l'innovazione. È possibile immaginare un sistema sanitario che mantenga il principio di accesso universale, senza compromettere l'efficienza e la qualità delle cure. Questo modello non significa eliminare il pubblico in favore del privato, ma piuttosto riconoscere che entrambi i settori possono coesistere e potenziarsi a vicenda. La competizione tra pubblico e privato, se ben regolata, non deve necessariamente tradursi in un'esclusione dei meno abbienti, ma piuttosto stimolare l'intero sistema verso un miglioramento costante. La chiave sta nel garantire che l'accesso alle cure non dipenda esclusivamente dalla capacità di spesa di un individuo, ma che il sistema pubblico rimanga solido, inclusivo ed efficiente.
      In questo contesto, l'idea che un sistema privato risolva magicamente le problematiche legate all'accesso alle cure è troppo semplicistica.

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    3. Parte 2
      I modelli di sanità che dipendono esclusivamente dal mercato rischiano di escludere le fasce più vulnerabili della popolazione, accentuando le disuguaglianze e creando un sistema sanitario a due velocità. Tuttavia, è anche evidente che un sistema pubblico che non riesce a evolversi, a rispondere alle sfide dell'innovazione e a garantire un livello di qualità adeguato, non può sostenersi a lungo senza compromettere il suo stesso valore. Infine, riguardo alla proposta di un sistema in cui ogni individuo debba sostenere personalmente i costi della propria assicurazione sanitaria, occorre riconoscere che, sebbene il sistema attuale sia spesso inefficiente, un approccio completamente individualistico rischia di escludere coloro che non hanno le risorse economiche per far fronte a tali costi. Il futuro della sanità dovrebbe essere pensato in termini di sostenibilità, ma anche di giustizia sociale, garantendo che tutti, indipendentemente dal loro reddito, abbiano accesso alle cure necessarie. La risposta a questi dilemmi non risiede nel rifiutare uno dei due sistemi in favore dell'altro, ma nella capacità di sviluppare un sistema ibrido che bilanci l'efficienza del privato con l'accesso universale del pubblico, e che possa evolvere in modo da rispondere alle esigenze di una società sempre più complessa.

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    4. Insisto, non esiste niente nell'universo che sia "giustizia sociale". Meglio, ripeto, è stato fatto l'esperimento più volte abolendo qualsiasi cosa fosse "privata" e imponendo che tutto fosse "collettivo". Il risultato è stato che nessuno veniva escluso ma nello stesso momento non c'era nemmeno qualcosa da cui si potesse essere esclusi. Facciamo un esempio, qualsiasi scemo può garantire le cure dentistiche gratuite a tutti. Basta che la procedura avvenga in una bottega qualsiasi e il dentista sia una persona qualsiasi con le pinze. Con un po' di pratica anche io posso "curare" i denti con la pinza. Se invece si vuole garantire a tutti che ci sia un medico specializzato con la sala operatoria e la sedia regolabile, luci e arnesi motorizzati, uno scanner tridimensionale, una macchina per le radiografie "normali" e magari una TAC per quelle tridimensionali e una macchina che stampa li per li le protesi da applicare e un infermiere con un certo livello di specializzazione e tutte le dotazioni che potrebbero essere utili per qualsiasi condizione possibile, che sia cronaca o acuta, bisogna prima mettere in piedi tutta la filiera che serve per arrivare li e poi bisogna trovare i soldi per pagare ogni minuto in cui l'apparato è attivo.

      Se non si vuole escludere, significa che se Mario non paga, Luigi dovrà pagare per se stesso e per Mario.

      Oppure Mario non paga, Luigi nemmeno e allora lo curo io con le pinze.

      Non risolveremo mai niente fino a che continueremo a vivere di menzogne.

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    5. Il problema del/nel privato è l'ingordigia
      Ricordo quel primario milanese che asportata organi sani per intascare le prebende dell'intervento.
      Il problema del pubblico è la mancanza si responsabilità che a sua volta, causa mille problemi, dalla inefficienza

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    6. ... dalla inefficienza all'assenteismo. Su un giornale in linea locale, proprio ieri leggevo di un radiologo assenteista, con un lavoro enorme da parte della GdF per dimostrare che... era assente quasi tutto il tempo (non escluso che qualche magistrato compagno lo reintegri con risarcimento, quelli sono il cancro dell'Italia, campioni ineguagliabili di giustizia al contrario).

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    7. Nessuno, siete arrivati al nocciolo della questione ciò che è tabù: se Mario non paga, Luigi dovrà pagare per se stesso e per Mario.
      La demagogia di dx blaterare di tagliare le tasse e mantenere i servizi.
      La demagogia di sx blaterare di mantenere "i diritti" e vorrebbe portare qui nel minore tempo possibile decine di milioni di invasori, relativi clan vecchi compresi e caricarli sul SSN già in difficoltà (ovviamente con viva e vibrante soddisfazione per i disastri che ciò comporta ai zotici, meschini, fasciolegaioli, inferiori piccoli borghesi italioti).

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  12. Grazie per i commenti che leggero' piu' attentamente appena possibile.
    Aggiungo, dopo conversazione con compaesani, che pare che il dottore sia molto bravo (ha salvato vari pazienti da grqvi malanni riconoscendoli per tempo) soffra di... "letargia".
    Pensavo che alcuni "cascanonno" fossero dovuti ad una giornata pesante, ad una insonnia. Invece...

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  13. Capisco le preoccupazioni sollevate da chi sostiene che il sistema sanitario non possa essere sostenuto senza un impegno economico concreto da parte di tutti. Tuttavia, credo che il punto centrale non sia solo la responsabilità individuale, ma anche come costruire un sistema che riesca a garantire a ciascuno il diritto alla salute senza creare disuguaglianze. È vero che i sistemi collettivi hanno avuto delle difficoltà in passato, ma questo non significa che non possano essere riformati e adattati alle necessità moderne. Il modello ideale, a mio avviso, non è né un sistema completamente pubblico né completamente privato, ma un'architettura che integri i punti di forza di entrambi i mondi, evitando che nessuno resti indietro, senza però sacrificare l’efficienza e la qualità delle cure. La vera sfida sta nel trovare un equilibrio, dove la responsabilità economica venga condivisa equamente, ma senza penalizzare chi è più vulnerabile.

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  14. Per fare un esempio, immaginiamo un sistema sanitario che integri i servizi pubblici e privati in modo complementare. In questo modello, il sistema pubblico garantirebbe l'accesso universale alle cure primarie e alle emergenze, assicurandosi che nessuno venga escluso per motivi economici. Tuttavia, per evitare lunghe attese e migliorare l'efficienza, i pazienti potrebbero avere la possibilità di scegliere di accedere a cure specialistiche o interventi non urgenti tramite strutture private convenzionate. Queste strutture private opererebbero sotto rigide regolazioni, con tariffe moderate e assicurazioni sanitarie che non gravano eccessivamente sui singoli.
    Inoltre, i medici e i professionisti sanitari potrebbero lavorare in entrambi i settori, mantenendo un forte legame con il sistema pubblico, ma ricevendo incentivi legati alla performance e alla qualità del servizio, senza che questo diventi unicamente un motore economico. In questo modo, il sistema pubblico non verrebbe sacrificato, ma potrebbe migliorare la propria efficienza tramite l'integrazione con il privato, e i pazienti avrebbero maggiori opzioni senza che il diritto alla salute venga messo in discussione.

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