venerdì 6 maggio 2016

6 maggio 1976

Sono passati quarant'anni da quella sera. Ricordo che la mamma portò mia sorella e me, scendendo a rotta di collo per le scale, in cortile in _rl _lf Straße 1.
Sebbene fossimo a circa duecento chilometri in linea d'aria, la scossa fu violenta e lunga, terribile. Che paura, noi, che disastro là.
I Furlan furono esemplari, onorevoli! Gente dignitosa, austera, con le palle. Hanno avuto a cuore le loro radici e le hanno ricostruite. Fossero tutti così in Italia.


giovedì 5 maggio 2016

Ladri di metà

  • La differenza tra ambientalismo ed ecologia è la stessa che c'è tra Walt-Disney e la Natura.
    Un uomo in cammino.

Se li avessi incontrati prima, tango e arti marziali, mi sarei buttato in loro subito. Sarei diventato più estremo, tenero amante di donne tra le mie braccia, lottatore, combattente, educatore civico diretto, picchiatore, squadrista idealista (potere aggiungere tutti gli insulti delle zecche, ora capisco che sono tentativi di insulto che descrivono cose degne, di valore), vorrei essere celerino e andare a pestarle.
Ogni tanto in consessi milongheri alla mia obiezione sul fatto che quel fine settimana lo avrei dovuto passare col mio bipedinone, mi chiesero perché non portassi anche mio figlio. Se UnBipedinone imparasse tango ora, lo assorbirebbe come una spugna, miei mesi di studio potrebbero essere per lui alcune ore di studio. Ma non è il tempo. C'è questo scollamento tra la vita e quello che dovresti sapere nella vita. Ma questo è il tempo ed è nella natura delle cose. Poi c'è la metà mancante per artificio, per frode.
Anche martedì sera, dopo una serata molto intensa di cointegro, alla fine del partitone, una sorta di basket-rugby-lotta in cui si può essere molto maschi, duri, aggressivi, vigorosi, mi chiedevo perché fosse arrivato così tardi nella mia vita, perché solo tardi sono riuscito ad emanciparmi dalla merda insipiente volemosebenista, a scrollarmi di dosso questa schifosa finzione ipocrita, questa colla puzzolente dell'estremista, fondamentalista moderatezza, tra il cattolico, l'illuminista, il marxista.
Sento che mi manca qualcosa: in questi giorni sto zuzzerellando per siti identitari, neofascisti, sovranisti, anarcoidi, libertari, ecologisti, neonazisti. Scopro un mondo di valori che sono semplicemente stati demonizzati, rimossi, ricoperti di insulti e menzogne. E così ciò che massimamente odiavo del castello di mezze verità cattolico lo riscopro, moltiplicato per diecimila, nell'oppio marxista, comunismo orto/diversamente/neo/para, in quella galassia sinistra che trasuda d'artificiale.
E con tutto ciò osservo pure quanto non mi piace o che detesterei di questo mondo degli antagonisti alla "sinistra", quanto esso stesso sia, per molte cose, dentro nella gabbia dell'omologazione, dell'uniformarsi comodo. Ma essi non negano l'eccesso, non ammettono la finzione, l'ipocrisia, la plastica utilitarista, come comandamento di vita (l'antipode della nobiltà d'animo, della morale dell'onore di Alain De Benoist).

Mi viene una rabbia grande, potente, una razionale ira, anche ora mentre scrivo. Questa truffa ideologica, questa adulterazione della realtà che pretende di eliminarne una metà per rendere tutto un insulso grigiastro politicamente corretto, ugualista, la fogna in cui tutti viene confluito, mischiato frullato.
Ieri ho pianto anche in treno, in ufficio e poi quasi con mio figlio a cena per il pensiero che la mamma si sta consumando.
Ora riesco ad avvicinarmi a quella meravigliosa completezza della realtà, fatta di asprezza e soavità, di durezza austera e di essere teneramente vulnerabili, di odio feroce e di affetti grandi, di pugni e carezze, di dolore e piacere, di maschile maschio  e femminile femminile, di gioia e disperazione, interno ed esterno, identità e alterità, morte e vita.
Riesco, ora che ho passato la vetta, scendendo sul versante verso la morte, ad apprezzare la completezza, trovo qui il mio olimpo ecologico, romantico di tempesta e sereno, di impeto calma, passioni divoranti e distacco meditativo, ortodossia e trasgressione.
Osservo il mio odio che si alimenta dell'accorgersi delle metà sottrattemi, metà di vita, la morte, metà d'amare, l'odiare, metà dell'accogliere, il respingere, il punire metà del premiare, metà del senso del vivere, metà di similitudini e differenze. Il mio disprezzo si riversa  su  questi truffatori ideologici, sulla orribile ghenga, su questa orribile feccia brulicante, corruttrice, ugualista, perbenista, marxista, monoteista, illuminista, oscurantista, antirealista, antifa, anti qua anti su e anti giù, artificiale, cattocattolica, come acqua del mare in tempesta in un polder in cui hanno ceduto le dighe.
Amo il mio odio che aumenta di giorno in giorno per questa plastica ugualista, la merda che mi ha sottratto metà della Vita, che ci ha sottratto, che vi ha sottratto metà della vita, che vi sottrae metà della vita.


mercoledì 4 maggio 2016

Mamma che invecchia

Sento la mamma che invecchia, la salute la lascia. La sofferenza, comunicata con una voce tremolante come le sue mani, di un corpo che perde funzioni e vigore, entra nel suo corpo, nella sua anima.
La mia impotenza si aggiunge al dolore, lo alimenta.

Naturamare - 3

(Naturamare - 2)

A volte sento, intuisco che questo camminare nei luoghi di Natura ancora residualmente integra, una ricerca di un contatto archetipico con la Madre. Così, come se fossimo un po' imbarazzati - e questo non può succedere che in gruppo - allora il camminare silenzioso diventa frizzante, allegro, animato, ma forse anche un po' più lontano dall'intimità.
Dopo decenni di visita a quei luoghi, di amore, scopro ancora luoghi nuovi. Questa volta siamo partiti dall'interno dell'Argentario, a pochi metri dalla vetta e ci siamo incamminati scendendo, scendendo sempre di più, quasi fino a mare. La terza giornata di tre di un inverno che non è esistito, con maestrale. Maestrale significa aria tersa. Il freddo (relativo, sorrido) significa godersi il sole come lucertole. E la vista che respira, che abbraccia il Re Tirreno, grande, diventa essa stessa innamorarsi della Madre.
Dovrei raccontare qualche aneddoto, descrivere i luoghi, come li abbiamo vissuti. Faccio fatico, perché sono sballottato dall'intensità della vita, in questi giorni, lascio qualche nota nelle didascalie.

Giglio a ponente

Giannutri a meridione

Retroguardia resistente di Ansonica
in terrazza abbandonate degradate a gariga
dopo incendi e ora in ricostituzione



Cisto marino (Cistus monspeliensis)
Così ne ho poi conosciuto il nome 

Ancora muri a secchi di terrazzamenti agricoli abbandonati.
Palma nana italiana, ulivi, Ansonica. mirto.
La Natura si riprende l'assoluta, straordinaria eccellenza del lavoro agricolo di secoli.

Boschi e macchia per chilometri, ti disveli selvaggio, Argentario

In senso orario in mare: Giglio, Montecristo, Corsica, Elba

lunedì 2 maggio 2016

Il piccolo travaglio

Ieri ho osservato un mio piccolo travaglio. Avviene ogni volta che io entro nella modalità "devo chiedere". Io odio chiedere e odio al cubo ricevere dei no. Questo comporta dei blocchi, degli stalli quando mi rapporto male con le donne, con un cattivo approccio mentale. Col tempo ho imparato a lavorare per cambiare approccio. Scherzare, ridere, perculeggiare, sfidare, essere eccessivi, offrire: tutto ma non chiedere.
Avrei dovuto chiamare _rroli ieri, ma sentivo che non ero nello stato d'animo. Dopo la breve conversazione frizzante di venerdì tardo pomeriggio le avevo inviato un messaggio: perché non facciamo qualcosa insieme il fine settimana prossimo? Organizzo un giro bello vicino a te, per te.
Niente. Silenzio eloquente più di mille parole.
Però non voglio lasciare lì questo fantasma. Oggi la chiamo.
Devo sentirmi bene: quando io mi muovo fisicamente mi sento bene. Così ho preso il secchiello dell'urina e sono andato a qualche minuto da casa, su quel prato accanto al bosco, a portarla ad una giovane e florida non più così piccola quercia. L'ho chiamata, ho fatto la voce rocaprofondarauca da mostro molestatore che ci siamo messi tutti e due a ridere come scemi. Ho preso un no sul grugno. Stava andando a Firenze, alla In.Stabile col compagno tanghero che non mi ha mai detto che sia anche compagno di letto oltre che di milonga. Che avrei voluto un po' parlare ma sentivo che tergiversava, ha annuito quando le ho chiesto se non potesse parlare. Compagno di letto, anche, probabilmente. La fortezza è rimasta inespugnata.
Questa è la terza volta, direi che ormai ci metto su una croce; dopo il terzo no, non ha senso, diventa incapponirsi. E io è proprio fuori dalla milonga che la voglio vedere, non è questione di tango, non mi interessa quella regina in parte ma tutta.
Era di fretta senza auricolare in auto venerdì e anche se frizzante fu una conversazione breve. Ma io dovevo rompere il mio piccolo grande blocco e essere respons-abile nella comunicazione.
Poi, sottolineo il poi, mi sono reso conto che quel no solo un semplice no, andato via come acqua sulla cera.
E' tutto il pre che mi inquieta. Poi è sereno.


Tornando, l'erba era alta; ad un certo punto ho sentito qualcosa di morbido sotto il piede sinistro e un forte squittio. Oh cazzo, ho pestato 'na lepre! mi son detto intravvedendo il bruno/fulvo sotto l'erba.
Nessuna lepre, era un cucciolo di capriolo.
Penso che non sia successo nulla, in fin dei conti cerco di avere passi leggeri sulla terra. Ho sentito l'abbaiare della madre che in pochi secondi è arrivata come una gazzella a balzi grandi nell'erba di maggio alta e girava intorno a balzi, agitata, mi sono allontanato velocemente, senza toccarlo, senza osservarlo.. Sono sceso a casa a cucinare per il mio bipedinone.


La solitudine dei numeri primi - 1

  • Nasciamo, viviamo, esultiamo, amiamo, soffriamo e moriamo da soli.
    _rio, amico caro di università


Ho vacillato una volta finita pagina trecentoquattro. In effetti non sta bene piangere in treno, neppure per le solitudini dei numeri primi altrui. Pedalavo in città, sotto la pioggia, ero lì non essendoci, sulla strada e sopra, nella metafisica indotta, a sentire lontani i rumori del traffico, il ticchettio della pioggia sulla cerata.
Ora lo rileggo, forse riuscirò a superare la spaccatura tra continuare, continuare a farmi divorare e la paura di finire, una piccola morte di un libro, uscendo dalla solitudine e tornando in essa.

Poi aveva chiuso la ferita nella sua mano e aveva baciato Alice sulla sua bocca. Lei aveva sentito nella sua saliva il sapore del proprio sangue e si era immaginata che fosse circolato in tutto il corpo di suo marito per tornare di nuovo a lei, pulito, come in una dialisi.
C'era stata quella volta e ce ne erano state infinite altre, che Alice non ricordava più, perché l'amore di chi non amiamo si deposita sulla superficie e da lì evapora in fretta.
p. 251


domenica 1 maggio 2016

Festa dell'ipocrisia del lavoro

  • La malattia viene quando la gente si allontana dalla natura. La gravità della malattia è direttamente proporzionale al grado di separazione.

    Più la gente fa, più la società si sviluppa, più aumentano i problemi. La crescente devastazione della natura, l’esaurimento delle risorse, l’ansia dello spirito umano, tutte queste cose sono state provocate e diffuse dal tentativo dell’umanità di realizzare qualcosa. In origine non c’era nessuna ragione per progredire e non c’era nulla che dovesse essere fatto. Siamo arrivati al punto in cui non abbiamo altra via che portare avanti un movimento che non porti avanti niente.

    Masanobu Fukuoka

  • Diffida di chi non lavora per pulirsi la casa e cucinare per sé.
    _rio, caro amico anarchico.

Anche sul lavoro la retorica non manca. E' incredibile come, con 'sta retorica, i moralisti (e la sinistra che è tra i più feroci moralisti) sia riusciti a rovinare anche il senso del lavoro e l'ecologia del lavoro.
Il lavoro è un dovere. Lo è perché in Natura non si mangia gratis: se non lavori, semplicemente non mangi ovvero crepi.
Il lavoro è una metarisorsa, limitata sul quale c'è competizione. Non c'è alcun diritto al lavoro, non è mai esistito e mai esisterà. Anzi, come metarisorsa, la tendenza è quello di accapparrarsene il più possibile: come? con l'automazione e le macchine e con i capitali necessari al fatto che si possa concentrare maggior capitale. Potrà non piacere ma la realtà spesso è assai sgradevole perché "storta" rispetto alle morali storte: se accetti i sistemi in grande li accetti tutti, non solo la metà che a te_ti piace. L'etologia di specie è massimamente scorretta proprio perché determinata dalla forma più selettiva di evoluzione che è la competizione intraspecie. Come si risolve il dilemma? Con la decrescita demografica, con la territorialità (autarchia locale) che contiene la scala entro il fisiologico e, specialmente, il numero, la quantità delle classi sradicate dalla natura, il proletariato urbano, metropolitano, come quello rurale, numericamente maggiori e meno formate che sono anche le peggiori dal punto di vista riproduttivo. L'invasione di milioni di xeno balordi, senzarteneparte, furbi, patacche, avanzi di galera, incapaci, ignoranti, maneschi, picconatori, delinquentastri, criminali, bruti ipertestosteronici etc. è proprio una conseguenza del bubbone giovanile, della crescita numerica esplosiva della parte meno qualificata della piramide sociale là, quella che qui sta perdendo posti per automazione. Un problema da tenere lontano il più possibile, ogni popolazione legata al territorio che la ospita. Fine.

Il lavoro non è schiavitù, condanna, travaglio o altre cazzate del genere. La schiavitù ha come corrispondente il fancazzismo (non solo quello dei parassiti capitalisti, dei padroni, come dicono loro), parassitismo e assistenzialismo in medio e in piccolo e viceversa. Sono realtà del mondo che sono, sostanzialmente, un dipolo. O entrambi i poli o nulla.
La schiavitù che consta sostanzialmente, nei paesi "moderni", in lavoro schiavile. In anni di esperienza e di osservazione della realtà noto che i più grandi rivoluzionari a parole, i kompagni duri puri, sono spesso i più disordinati destinatori del loro reddito, sono ostili a forme economiche etiche, decrescitiste, che richiedano un impegno personale e la rinuncia ad altro. Non c'è nulla di peggio per 'sta massa di dissociati dirittisti dalla realtà che iil concetto di rimuncia (oltre a quello di dovere).
Se uno abolisce il lavoro - perché le svampite fanfaluche di becera demagogia arrivano anche a questo - semplicemente sta sfruttando altri obbligati a lavorare al posto suo. Del resto, i kompagni miopi, quando si incazzano come vipere pestate con i capitalisti in grande e in medio, poi, si comportano come loro in quanto a garantisti di ignobili pratiche, come pensioni bebè, finte pensioni, assenteismo, fancazzismo, acquisto disetico etc. Come diceva Mao, la classe operaia è fatta di piccoli straordinari borghesi. Col problema che negano di esserlo: anche solo dissociazione, falsità e ipocrisia sono aggravanti massime, un problema in sé.
Il lavoro non è un diritto e nessuno può subire nella propria vita, nei propri ambienti, le conseguenze, le distruzioni per il presunto diritto al lavoro altrui. La sinistra industrialista, operaista sostiene il progetto TAx in Val Susa e ogni altra nefandezza tecnoprogressista economicista. Le varie coop ecodistruttrici in grande son proprio il bracco crescitista, ecocida della peggiore sinistra. Ricordate la puttanata pidiossina-veltroniana dell'ecologia del fare?  Ecco, proprio quella. Siamo all'aberrrazione, allo stravolgimento etico, semantico. Del resto questi kompagni, zecche radical chic, appena hanno due palanche in più, hanno la colf, ne conosco parecchi.
Il lavoro o è sostenibile, ecologico oppure è un problema e come tale va combattuto. Altro che diritto al.

Gandhi, un altro moralista terribile ma che era coerente ed esemplare, quindi un'assoluta, ammirevole eccezione, ribadiva il dovere del lavoro personale, degno, autonomo, fino a che si può lavorare (altro che cazzate sindacalesi demagogiche del Più tutti in pensione più ricca a quarantanove anni sei mesi un giorno - ci sarà qualche schiavo del fiscoglebainps che lavora per il tuo "diritto"). Il lavoro personale NON è quello retribuito: anzi, per quantità e importanza è proprio il lavoro personale e il dovere di compierlo che dovrebbe essere il centro del mondo economico.
Il resto? Ciarpame ideologico intessuto sul lavoro per altri scopi speculativi.
Come dicevo ad un'amica, man mano che passano gli anni più mi accorgo di quanto siano artificiali, lontane dalla natura, ad essa ostili, adulterate ovvero finte, inquinanti le teorie sinistre delle mezze verità, a partire dalla retorica del lavoro.


("masanobu fukuoka", autore sconosciuto)