Stava scendendo l'acqua calda, scorreva
lungo i capelli, il collo, portava via un po' di stanchezza. Eri in
ritardo solo di un'ora e mezza. Pure due cinghiali enormi, prima
di arrivare. Pensavi sarebbe stato sufficiente un quarto d'ora di strada., invece erano quasi quaranta minuti e due valli attraversate di traverso. Senti ancora l'acqua
calda portarti via la fatica, tutte quelle ore. E piano la fame
aumentare solllecitata dall'odore di grigliata, all'arrivo.
Vieni, facciamo una festicciola. Avevo
capito così. Aspettavi di trovare qualche amico intorno ad un
tavolo e invece.. tutte quelle auto intorno alla chiesa, in quel
piccolo borghetto di piccole case in pietra sperso tra le colline
remote, forse già monti.
_uez stava curando l'
asado e piano
piano riconobbi i volti. Molti di quelli li avevo visto al
MalaYunta. Altri erano maestri o tangheri di lunga data. Avevo già annunciato
ai mei amici che non sarei andato la sera in città. Solo quella
milonga, la Fabbrika, già goffa nel nome con quella cappa nel mezzo, una sorta di bestiario goffo che non mi è mai piaciuto
neppure quando ero ancora più principiante.
Erano le due e trentuno. Mezzora
per tornare a casa, in piedi da venti ore. Fermat* a pochi metri da casa e a pochi metri da lui, quel grasso tasso che si era
arrampicato un po' goffo sulla scarpata a sinistra, dopo averti
attraversato la strada. Ma che rompono i koglioni questi,
non se ne possono stare a casa invece di smarugare per le strade del
bosco a quest'ora!? avrà pensato. Si chiudono gli occhi, ma ci sono ancora un paio di minuti e poi a casa, a casa dolce casa.
Si scivolava sul pavimento. Si
scivolava molto e ci eravamo accorti che il senso del tatto, forse il
più vituperato, era assai preciso e per il pavimento in vecchie
piastrelle esagonali, specie all'ingresso e davanti a San Francesco e
sul lato della cappella della deposizione dalla croce, era pieno di
gobbe, inciampavamo e scivolavamo, a volte un po' ridicoli.
Io penso che se la signora Elena, la
devota signora che non si perde un rosario, sempre lì in prima fila,
a funerali, battesimi e sacramenti, la pia donna, se avesse visto,
sarebbe scappata inorridita, scandalizzata. Avrebbe contattato il
prevosto o qualche autorità. Sarebbe corsa via, forse inciampano,
gridando a squarcia gola: Ohh mio dio!! stanno ballando il tango in
chiesa, staaanno ballando il taaango in chiesa!
Forse alcuni erano intimoriti, altri
straordinariamente spontanei, anche troppo, visto l'indegna gazzarra,
ciarlavano e blateravano a voce alta.
Ma che cazz, chiudete quelle cazzo di
bocche! Avevo pensato più volte. Non c'è alcun rispetto per il
tango, siamo in chiesa, cazzo!. La danza è sempre stata la prima
forma di preghiera e noi eravamo lì, felici, con i nostri corpi e
la musica, a farci del bene, tutta roba buona invenzione di questo
dio che lo abbiamo così, sto Nazareno, appeso alla croce, poraccio,
crocifisso da potenti e benpensanti del tempo.
Eri lì anche tu a celebrare la festa,
alla fine un po' stanc*, sedut* sui banchi spostati a lato, a mirar,
tra sanpancrazi, madonne, santanonti e persino due ceri accesi.
Avevano acceso pure due ceri per la nostra festa nel tempio.
Anche il lavoro aveva impiegato un paio
di ore ad uscire da te, che lo avevi assorbito come acqua una spugna
asciutta. Un sogno di una notte di metà
settembre, ad occhi aperti che si chiudevano di stanchezza, e T, così
pretenzioso ed esigente, neppure il tempio dal pavimento sgarrupato
lo soddisfaceva, neppure il frusciare del vento tra quelle casine di
storta e nuta bellezza, là fiori e il silenzio, potevano servirlo.