giovedì 16 novembre 2017

Asprezze materne

Lunedì sera ho tentato di parlare con mia madre. Le ho chiesto se sarebbe possibile, durante le vacanze natalizie, andare qualche giorno nella sua casa di montagna con gli _zzz. E' sempre un momento critico: mia madre ha un rapporto morboso con la sua casa, così ha sclerato anche lunedì sera.
Basta una semplice domanda “Potrebbero venire gli _zzz?” ed è iniziata una filippica via più lunga e dura ad ogni mmh del mio essere basito, ammutolito. Peraltro _zzz e _zzzino sono persone garbate, fini, ospiti encomiabili. Emerge il potere e ciò che esso porta con sé, tra cui, non ultima, la volontà di far male, anche di umiliare. Mia madre non è diversa da altri esseri umani e gli anelli del potere, per dirla tolkenianamente, stravolgono anche lei.
Inutile tentare anche solo un blando tentativo di convincimento sul fatto che la casa rimanga disabitata 48 o 49 settimane all'anno nuoce ad essa stessa. Io la considero una completa insensatezza e non sono andato al di là di questa parola, pronunciata un paio di volte. “No la casa è mia e tu con gli amici e le morose non ci vai!” è stata la risposta ripetuta ossessivamente (a questo giro è stato aggiunto “le morose”, rispetto agli scazzi precedenti). Qui non c'è raziocinio che tenga, è la psicologia a comandare, una “cosa” che condiziona mia madre invece di essere gestita da lei.
Dopo le intemperie in risposta alla mia domanda è passata oltre, quella casa rimarrà a mio fratello che mi darà la metà in contanti. Io alzo le spallucce, le eredità sono delle rovinafamiglie e, in genere, non me ne frega un pipo. Però a me piace quel luogo e il paesello remoto, poco turistico, a quella casa sono affezionato, non per il valore venale, ma per quello affettivo.
Io mi sto allontanando da tempo dal paesello, considerato che ci vado sempre meno. Anche il passaggio generazionale, a mio figlio, non si compie. UnBipedinone si rompe le palle di venire su da solo e  comprendo questa sua ritrosia.
Mia madre sa che ci tengo a quella casa e ad andarci qualche giorno all'anno. Possibilmente non da solo, visto che vivo già la gradita  solitudine per buona parte del tempo.
Non ha esitato minimamente a girare il coltello nella ferita, ribadendo, con una certa soddisfazione, che quella casa andrà a mio fratello. Ripeto: io non voglio dire una sola parola sull'eredità, l'ho sempre detto  e pensato che è giusto che ella decida autonomamente, è giusto sia così. Ciò nonostante mi ha fatto male: sono anni che spero di poterci andare con qualche caro amico alpinista.
Io sono riuscito a rimanere calmo. La, casa è sua e io devo rispetto ai miei genitori. Tuttavia i genitori non sono essere perfetti e, come scrissi in passato, l'educazione è, quasi sempre, un rapporto dialogico. Cosa posso fare? Nulla. Anche solo una garbata domanda l'ha mandata in crisi (“sclero” e “sclerare” sono neologismi ma rendono bene l'idea).
L'impotenza è  dolorosa e lo è stata anche questa volta. Io sono ben allenato alla rinuncia ma non è questa parte del mio carattere che devo ulteriormente rafforzare. A me piace una certa durezza asburgica e questa volta essa presenta i suoi aspetti meno gradevoli.
Così mi allontano.
E dalle radici trentine e pure da lei.
Sono amareggiato, addolorato.

8 commenti:

  1. Mi dispiace. Quando si santifica la maternità come dimensione ideale a cui può aspirare una donna, penso a storie come queste. Credo ce ne sia una per ogni numero civico, o quasi.

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    1. Anch'io penso che non dipenda dalla maternità.
      Ritengo che non dipenda neppure da un desiderio mancato di "famiglia del Mulino Bianco". I miei non hanno mai avuto quel "modello" (?) come riferimento o desiderio.
      Ritengo che sia più una questione territoriale, di ego, come indica qui sotto messer Pigiatasti.
      Ho una parte di potere su un certo territorio e la uso.
      Qui non si condivide alcunché visto che non ci vado mai su. Quest'anno ho fatto tre settimane, gli anni precedenti due scarse. Con mio fratello andiamo d'accordo. Egli, abitando più vicino, si reca nel paesello molto più di frequente.

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  2. Non sono affari miei, ma visto che pubblichi mi permetto di scrivere due punti brevi brevi:

    1. ecco la territorialità all'opera, alla faccia de "il mondo è di tutti"

    2. ecco i figli ricondotti alla loro naturale dimensione di estensione dell'ego dei genitori, alla faccia del "per amore dei figli si fa qualsiasi cosa"

    Esiste il politicamente corretto anche in queste cosette, per cui si dice, si dice, si dice... ma prima o poi la realtà vien fuori. Non è mai bello. Mi spiace idealmente che questa volta ti abbia toccato, come mi spiace idealmente quando tocca chiunque altro, ma le cose stanno così. E' che quando ci "formano" ci inzuppano la testa di leggende ed essere trascinati coi piedi per terra non è mai una bella esperienza.

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    1. Fine analisi, messer Pigiatasti.
      Io penso che siano tutte cose naturali che anche i genitori, madre e padri, abbiano.
      Diciamo che poi dovrebbe esserci anche una parte raziocinante per cui, sai che, con certe persone puoi abbassare un poco la difesa del tuo territorio.
      Mia madre ha passato da qualche anno gli ottanta, insomma, non è che vivrà ancora decine e decine di anni.
      Cosa vuole? Ingastrire e inacidire i rapporti famigliari per un oggetto che non può neppure più utilizzare, causa gli sbalzi nella pressione sanguigna che la montagna le causa?
      A me dispiace per la cesura generazionale che si compie: mio figlio ha già blandi rapporti affettivi col paesello che diminuiscono di più ogni stagione che passa senza che egli lo frequenti.
      Io non ho decine di settimane di ferie all'anno, buona parte di esse sono con mio figlio, che da solo si rompe il pipo, quindi non vuol salire, non salgo neppure io.
      Mah, io la trovo una totale follia.
      Oltretutto, considerando che non è che porti su decine e decine di amici, ma persone come gli _zzz che sono discrete, educate, rispettose, etc. .

      Le cose stanno così.
      Io non ho neppure molti margini, perché anche il solo parlarne, accennarne, destabilizza emotivamente mia madre.
      Ogni tentativo di persuaderla potrebbe portarla ad un infarto, a malori, vista l'emotività che ella ha su 'sta fissazione.
      Mah.
      Beh, ho rincunciato a molte cose nella vita, rinuncerò anche al paesello.
      Certo che da qui ad essere contenti...

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    2. Quando gli istinti non si possono esprimere nella concretezza, si esprimono per via surrogata, simbolica. Di quella casa in sè e per sè probabilmente a tua madre non importa poi un gran che, però quella casa rappresenta la sua possibilità di conservare un territorio, una parvenza di controllo sulle cose che la circondano. Una specie di placebo, insomma. Non è una critica, è un'osservazione -- anch'io ho i miei simboli salvagente, tipo la mia motocicletta ultratrentennale. Che valore ha? Nessuno, in assoluto. Altissimo in quanto placebo (se preferisci, surrogato).

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  3. Stamane mi ha chiamato.
    Io sono piuttosto lontano, ora. Spero che'sta freddezza mi passi. Del resto siamo ad un punto in cui le rispettive visioni sono incompatibili. Gioco a somma zero.
    Non è bello ma è così.

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  4. Gli anziani, in generale, hanno un attaccamento alle loro "cose"
    Potresti tentare, in futuro, un accordo con tuo fratello per l'uso congiunto della casa che ti è tanto cara

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