lunedì 5 settembre 2011

La gabbia dell'amore

Verso la Toscana il cielo era plumbeo. Avevo voglia di pioggia, di scrosci, di acqua fresca e dolce. Me ne sono andato verso lo spartiacque a godermi i rovesci e le nuvole scure e bizzose, ripercorrendo alcuni dei giri che facevamo, A-Woman ed io, anche l'ultimo. Sentire le sferzate di gocce piccole e grandi flagellate a raffiche sui finestrini, l'odore di paglia bagnata, di terra arsa che si inumidisce. Persino le felci erano gialle e secche, persino quei posti, sempre verdi, avevano i colori del bruno, del giallo, dell'arancione.
Non ho non potuto rilfettere e pensare. Sì, la  nostalgia si è fatta sentire. Quel velo di struggimento, quasi che volesse riavvicinare la distanza introdotta del distacco. Mi piaceva andare per boschi e monti con lei. Sentivo i limti suoi e i miei. Eravamo finiti nella routine delle cose che ci piacevano, solo quelle. 15% della varietà, dei sensi, attuali però sento nostalgia di quell'affetto. Venerdì ho ballato bene, la prima interpretazione del tempo, del ritmo, con  _ara batticuore, oggi mi sono divertito un sacco in cucina; anche sull'alimentazione ci eravamo un ridotti a quello che piaceva ad entrambi, diciamo a lei, quanta carne mangiavamo, è un tot che non vado più in macelleria, vissuto di riserve...
Riascolto i Kroke, ora, Usual happiness. Già, la felicità usuale, solita.
Me ne sto a riflettere sulla monogamia in cui precipito quando sono insieme con una donna e la catalisi della voglia di altre, di sesso matto che parte quando l'eros viaggia col vento in poppa. Mettersi in gabbia e poi sbiadire, spegnersi piano piano con tanta tenerezza.


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