Dopo aver letto qui un passaggio di VaporeSodo
Per Jung il nominalismo è concettuale ed è legato alle psicologie introverse (che, almeno in questa fase, fa corrispondere a Ti, il pensiero introverso) mentre il realismo sarebbe legato a quelle estroverse [...].
lancio una provocazione: come vale che per un ben vivere siano indispensabili sia socialità, compagnia che solitudine, qualcosa del genere dovrebbe riguardare anche gli aspetti caratteriali: coltivare sia introspezione che estroversione, a mio avviso, sono entrambe importanti per una vita e un vivere sani e di qualità.
Ieri ho passato qualche quarto d'ora in pausa pranzo con un collega tedesco originario della Germania centro-settentrionale (dovrei riportare una battuta del mio ex-suocero, sulle differenze tra bavaresi e tedeschi del centro-nord) che starà qualche giorno qui da noi, professionista assai valente, che però era riservato/timido al limite del patologico.
Nel senso che non mi guardava neppure quando, con garbo, cercavo di rompere il ghiaccio e di non lasciarlo isolato: sono un osservatore assai attento e ho notato che qualche problema c'era. Avendo esperienza e conoscenza di nordici riservati e di qualche fondamento di etologia ho immediatamente tirato il freno, aumentato la distanza fisica e allentato / diluito la conversazione (*). Verso fine pranzo, qualche segno di una lievemente maggiore interazione. In questi casi è indispensabile che si lasci tempo al tempo, spazio e che un embrione di empatia di sviluppi.
Due mie cari e valenti colleghi (siamo tutti tecnici) non sapevano come gestire questa mancanza di empatia.
RispondiEliminaNei lunghi momenti di imbarazzo tentavano di diminuire il disagio semplicemente mettendosi, ciascuno, a spippolare sul proprio furbofono.
Osservavo questa strana costellazione di tre, il crucco timido, addirittura talvolta rivolto altrove e i due magnaspaghetti che stavano "sulle loro" a spippolare.
Cessata lanon evitabile interazione tecnica dovuta al lavoro, ecco che si era fermato il vuoto su quanto extra-professionale.
Per quanto capisca e comprenda la riservatezza di ciascuno e anche la possibilità che tra due sconosciuti vi possano essere delle forme di antipatia a pelle, credo che un minimo di apertura verso gli altri sia assolutamente necessario. E penso anche che dovrebbe essere naturale coltivarlo.
RispondiEliminaUn collega che vive nel RU mi dice che è perfettamente normale passare sei ore, sette, per attraversare la nazione, in uno scompartimento in treno senza parlare con uno dei viaggiatori seduti vicino.
EliminaAnni fa venni trascinato (letteralmente) in una vacanza nella foresta nera, nell'area di Friburgo. Non conoscendo una parola della lingua locale, conversavo in inglese con la gente del posto. Un tratto del loro modo di interagire mi lasciò basito fino al momento in cui ne compresi (finalmente!) il significato che NON era affatto inteso come offensivo: di punto in bianco costoro, fino a un attimo prima affabili, smettevano di parlarti e financo di guardarti, cominciando a farsi i fatti propri in modo ostentato. Per noi è un atto di maleducazione inconcepibile. Per loro, una forma di saluto - "abbiamo parlato a sufficienza, ora basta: per favore, ci vedremo una prossima volta". Infatti, il giorno successivo erano nuovamente sorrisi e chiacchierate... fino al prossimo "stop" perentorio.
RispondiEliminaVuoi che ti dica? Unico della mia comitiva, ho trovato la cosa MOLTO apprezzabile.
:)
EliminaUn po' di orsaggine, in questi casi, non può che essere d'aiuto.
Anche se... non se orsaggine sia il termine corretto.
L'area via di mezzo.
RispondiEliminaL'aurea...
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