martedì 1 gennaio 2013

Un filo di fumo dal comignolo

Non c'era nessuno stamani quando sono partito da casa; è la bellezza del primo gennaio. Un anello di ca. 4h nell'appennino profondo, cupo, selvatico, perso tra le province di Prato e Pistoia. Nel silenzio sentivo il ticchettare dei puntali in vanadio dei bastoncini, il suono delle foglie secche sotto gli scarponi, lo scrosciare di decine di ruscelli, un abbaiare fioco lontano e, più tardi, verso mezzogiorno, anche le campane, sempre fioche per la lontananza. Su quella vetta ero salito con A-Woman da nord il 31 dicembre del 2010. Già due anni volati. C'era un vento teso e gelido in vetta, l'inverno può farsi sentire quando vuole. Poi scendere per tornare dove avevo lasciato la macchina. Già questi paesini disabitati sono spettrali e quasi inquietanti ma poco o nulla rispetto a quel borghetto di casine in pietra per la metà mezze diroccate, raggiungibile solo a piedi. Da lontano ho intravisto in mezzo alle casine diroccate solo due comignoli che fumavano. Arrivato in qualche minuto ecco tre viottoli ritorti, muschio e pietre sconnesse, travi di castagno cadute, resti di tetti in pietra e marsigliesi, un paio di volte resti di povere masserizie all'interno. C'era sicuramente molta vita fino a una cinquantina di anni fa, ora solo due donne retroguardia di una resistenza rurale estrema all'ultimo sussulto.
Il termine di borgo fantasma rende bene l'impressione, lo stato d'animo e le emozioni nel visitare questi scheletri cadenti di piccoli abitati. I serramenti esili e le finestrelle piccole, gli usci con un tentativo di proteggerli dalle intemperie con qualche lamiera ormai arrugininita a bucata, mezzi aperti, ragnatele e la luce dall'interno di qualche breccia. Hai l'impressione di molta vita rurale, ma anche vita assai grama e dura. E la presenza di edicole e di piccoli tabernacoli, in genere mariani, testimonia una fede popolare che forse era fede della disperazione, della fatica, delle mani a dita grosse e nodose, schiene piegate dalla fatica.
_ara e _rio non sono arrivati stamattina. Così ho goduto la solitudine in questo giro per l'appennino aspro cupo e deserto.
Collodi e Comencini furono maestri nel rappresentare e nell'evocare la miseria di quei paesini, nei quali l'inverno era arcigno (v. sotto). A volte rimaneva solo l'idea di una pentola su un fuoco, magari a bollire un buon lesso, dipinto sul muro a mo' di estrema consolazione.
Parte del ritorno poi per decine di chilometri (almeno quattro) in boschi selve rocce gole boschi rii infossati nebbia freddo abetaie. Il fuoco è acceso qui a pochi metri da me, forse qualcuno vedrà uscire un filo di fumo dal mio comignolo sul tetto.

6 commenti:

  1. Bellissime le avventure di pinocchio con manfredi, ma di una tristezza infinita, densa di miseria vera, quella che c'era una volta. Forse un giorno qualcuno ristrutturerà i borghi fantasmi, spero. Buon anno Uuic :)

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  2. E'una fotografia dell'Italia della seconda metà dell'ottocento e possiamo dire anche dell'Italia giolittiana e forse anche fascista.
    Era la miseria di un paese sovrapopolato e che a quel tempo NON poteva importare energia e risorse.
    Ho la sensazione piuttosto ragionata che a medio termine torneremo a quelle condizioni, ovvero alla drastica diminuzione delle risorse a causa dei costi sempre più elevati delle importazioni (supposto che esse siano ancora disponibili).
    Quel borgo fantasma è viabilisticamente isolato, ci arrivi solo a piedi, anche se hanno portato una strada bianca fino a qualche centinaia di metri.
    Penso che cadrà in rovina completa quando le ultime due saranno passate a miglior vita.

    Mi dispiace per la tua decisione sul tuo diario.

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    1. Ma anche post fascista. Negli anni 60 i miei nonni paterni vivevano dentro una casa di paese che assomigliava molto a quella di Geppetto. La cosa più lussuosa era la tv, ho dei ricordi netti del pavimento, degli arredi, del gabinetto fuori dal balcone anzi sul balcone. Odiavo quelle domeniche passate a far loro visita, eppure a pensarci ora erano felici. Mah.
      Non ti dispiacere, non è neppure un diario il mio, è una cosa che non ha mai preso una connotazione precisa, forse solo un esperimento.

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    2. Da quelle parti l'urbanesimo raggiunse gli apici negli anni 50. Un paesino che vedevo ieri dalla vetta rimase non raggiungibile da autoveicoli fino al 1953: quando la strada lo raggiunse passò in sei mesi da ca. 1500 residenti a meno di 200. Incredible, eh!?
      La mia urbanistica ha in mente luoghi di quel pregio con estetica, ambiente, dimensioni di quei tempi e con tutte le migliori innovazioni della modernità. Qui e là, nell'entroterra ligure, in lucchesia, nell'urbinate, i alcuni luoghi dell'Abruzzo o della Tuscia ma anche in un borghetto nel comune dove abito alcuni esteti visionari lo hanno già fatto realizzando dei luoghi da sogno reali.
      Ho ricordi della mia infanzia di povere e meravigliose case contadine in vallette sperdute del Trentino. Per me era gioia, da piccolo passavo a ravanare nei rii, a costruire capanni su vecchi meli, a vagare per boschi, ad andare a pigliare il fieno con carri trainati da mucche, a far legna per la nonna, a scoprire incredibbbbbili nuovi pezzi di sentiero, a feste campestri a far fuoco polenta e spezzatino, nelle feste con la nonna e la sua baraccata di nipoti.
      A me_mi piacevano e sono ricordi molto felici. :)

      Se non diario il tuo luogo allora settimanale.

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  3. beh, sicuramente tra tango e montagna ti tieni in forma!

    ribuon 2013!!!

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  4. Il tango non è fisicamente impegnativo.
    Forma? Ho fatto fatica ieri all'inizio.
    Dopo l'influenza la condizione fisica è ancora scarsa.

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