venerdì 23 ottobre 2015

Kaizen - 2

(Kaizen)

Torno sul kaizen. E' il pensiero della qualità totale e le pratiche che lo rendono consuetudine di vita e non mi riferisco affatto ai soli aspetti economici, aziendali, tecnici. Osservo che l'obsolescenza sempre più veloce della very very last definitive, fantastic tecnology . Sghignazzo: 'sta roba comporta:
  • tempi sempre più rilevanti nel cambio e adattamento di processi;
  • fette sempre più ampie di tecnici che utilizzano - e non può che essere così - la legge di Pareto in apprendimento, cerco di acchiappare l'80% del grosso con il 20% dello sforzo, tanto dopodomani arriverà un nuovo idiota zelota di un tecnostrumentao meravigliao e buttiamo via tutto;
  • perdita della maestria e un decadimento generale della qualità media; anche in questo lavoro si osservano regressioni sempre più estese con tentativi di estrarre competenze e cacciarle in strumenti più o meno i-diot. Invece di migliorare le persone si complicano strumenti e strutture con persone più scadenti (potete immaginare i risultati) quindi
  • processi sempre più pesanti con risultati sempre più scadenti.
Insomma, di tanto in tanto ho ancora occasione di iniziare a entrare in quella parte di dominio degli strumenti in cui sta l'eccellenza e mi dà ancora molto piacere. Però è sempre meno frequente. Sempre più persone utilizzano strumenti e tecnologie pseudo qualcosa in maniera sempre più bovina. Ma è del tutto inevitabile, è nella struttura del forsennato progressismo fine a se stesso.
In questi giorni sarò poco sul diario, partito nuovo processo, c'è da sgobbare a quattro mani (che peraltro mi piace molto).
E osservo i danni irreparabili di un approccio generale anti-kaizen.
Tempo addietro, in un processo di aggiornamento di una tecnologia, furono messi in uno  stesso contenitore la farina vecchia e quella nuova. Cialtroni? solita richiesta "mi fai un prodotto per ieri?"? incompetenza sullo strumento/tecnologia? sciatteria? Quasi certamente una combinazione di questi fattori. Aver fatto la cosa giusta all'inizio avrebbe permesso di risparmiare costi elevati su tempi praticamente infiniti e una qualità, una pulizia che sono valori in sé.
Ieri ho tentato di ridurre il troiaio ma sento pressione intorno. Dai non è importante, cosa vuoi che sia. Poi nei momenti topici il caos produrrà i suoi effetti.
Il kaizen non è una roba tecno, è filosofia e disciplina di vita.



31 commenti:

  1. la teoria di Lorenzo ha un fondo di verità è fallace per quanto riguarda la commistione del concetto di "commerciale" con quello di "manager" che sono assai distanti sia dalla teoria che dalla pratica.

    per quanto riguarda il kaizen e dintorni, da discreto (discreto, non buono) lettore di saggi di organizzazione aziendale dico questo: ogni idea che parte dal Giappone è teoria pura. e lo dice uno che nella sua tesi di laurea a suo tempo dedicò un capitolo al "Toyotismo" (ed era il 1992, per giove, 23 anni anni fa)

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    1. anche in Giappone danno inculate che metà basta però..... quindi.....

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    2. Lorenzo: "[...] mediamente si tratta di una cultura molto conformista, che preferisce ripetere gli schemi noti piuttosto che inventarne di nuovi."

      Inventare schemi nuovi va benissimo. Con moderazione e tanta calma. La tua osservazione mi fa sentire molto Giapponese, anche se so che è solo l'impressione d'un momento.

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  2. E se Kai-Zen lo interpretassimo col concetto "Fare bene", oppure fai quello che devi fare, e degli altri, come disse il sommo poeta: passa, guarda e non ti curar di loro?.
    Ma di che stiamo parlando...forse che in Italy c'è ancora il senso del piacere, dell' appagamento di ciò che si è, e si fa?
    Forse tu UUIC in giro noti normalità nei ruoli, tocchi con mano sincerità, trasparenza, onestà e soprattutto professionalità...E sul web ? Pochi, molto pochi; ora figurati nell'ambiente lavorativo: solo presunzione di saperne più sulla qualità de l'erba del vicino; e così diffusa la supponenza, la de-qualità dell'essere se stessi ecc.
    Si ! Il Kaizen (fare bene per se e in se) è impossibile che si possa realizzare poiché non la qualità, ma la spregiudicatezza è la regola.

    Buon fine settimana UUIC.

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  3. Gli estremi si toccano: la perdita di qualità è innescata sia dalla decrescita che dalla falsa crescita (brucio un bosco per aumentare il famoso pil)

    La verità è che quando prevale l'ingordigia e il "tutti contro tutti" oppure il "pochi contro tutti" (che poi significa innescare nella maggioranza la guerra fra poveri), i risultati sono questi.

    Tu lo chiami "dirittismo" o "più tuttismo per tutti", io lo chiamo Liberismo e Oligarchia (il caso del comunismo finisce sempre nell'oligarchia, ma l'unione sovietica è finita da tre decenni)

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    1. già fatto, portandoti l'esempio sovietico. E dicendoti anche che convergono entrambi all'oligopolio (perchè nella vita gli estremi si toccano sempre).
      Pochi benestanti e una massa di poveracci. E, ogni tanto, una guerra per resettare.

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    2. Mi attengo alla saggezza dei vecchi, quando c'erano le mezze stagioni. Al rischio di sembrarti banale credo, appunto, una via di mezzo.

      Purtroppo siamo arrivati a smantellare completamente gli stati, le frontiere, le normative nazionali. Ci hanno detto che siamo nel "villaggio globale", non ci devono essere barriere, impedimenti, vincoli, lacci, lacciuoli.

      Stiamo facendo la fine che vedi, stile indiani nord-america.

      Quando chiudono un'azienda in italia per delocalizzare dovrebbero poi anche mettere dazi all'entrata. Se dico così, vengo tacciato di comunismo, dirittismo (perchè poi le aziende italiane non sentono il pungolo della concorrenza...e balle varie). E allora mi taccio.


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    3. Raffreddare il Capitalismo Occidentale, sarebbe già una risposta sensata. Per prendere un po' di tempo e ragionare/discutere assieme di come trasformare un'economia di lucro finanziario ( è questo, il cancro ) in un'economia tarata sui bisogni, le abilità e le convenienze di chi la agisce.
      Ma tale risposta è occultata dai mass-media, che sono di proprietà dei Padroni del Salvadanaio Grosso ( la Finanza, appunto ), e che quindi spingono sul mix di crescitismo, panmixismo, tecnofideismo ... perché i numeri siano sempre in crescita, a qualunque costo.
      E se il meccanismo s'incepperà ... una bella guerra !

      ^_____^

      ===

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    4. Ma no Renzo, cazzo hai capito? Io sono per il senso unico, non per la terza via.

      Ha ragione Marco, lascia perdere il meccanico cialtrone, dai. Io parlavo di via di mezzo e di buon senso, non di opzioni politiche.

      Che cazzo te ne devi fare delle frontiere aperte? Hai paura di pagare uno smartphone 30 euro in più? E che, hai bisogno anche tu di cambiarne uno al mese?






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    5. D'accordo, ma qui si tratta di porre dei limiti a certi tipi di "libertà" (inevitabilmente, la mia libertà inizia dove finisce la tua). La libertà non esiste in senso assoluto, ma esiste come rapporto di forza. Quindi, quando si "deregolamenta" troppo, qualcuno poi ci smena.

      Voglio rimanere sul pratico. Bisogna tornare a regolamentare la finanza (e quindi le banche) e i movimenti di merci, persone, capitali.

      Hanno venduto la globalizzazione come "fenomeno inevitabile", ma non è così, si tratta solo di tornare a fare quello che abbiamo sempre fatto dal 1945 al 1990. Regolamentare i flussi.
      Tutto qui, e credo fosse la stessa cosa che intendeva Marco.

      E' chiaro che per fare questa cosa, devi avere maggiori sovranità locali. Più localismo e meno globalizzazione. Più controllo delle sovranità locali (o "stati") e meno "libertà" per le imprese di muovere merci e capitali.

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    6. Beh ma un arbitro che applica un regolamento corrisponde comunque a imporre una serie di limitazioni: non posso toccare palla con le mani, non posso falciare l'avversario,correre con palla oltre la linea laterale, eccetera.

      L'aberrazione è giocare in 7 miliardi la stessa partita.
      Ora vogliono fare un unico mercato tra Europa e nord America. Poche regole (minimali perché le regole son palle al piede) e un unico arbitro.
      Chi vincerà questa partita? Non certo il falegname brianzolo, o il contadino abruzzese, secondo me...

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    7. Lorenzo ... non c'è lavoro per tutti, per l'esattezza - e in questo Paese - non c'è lavoro per 6 - 7 milioni di cittadini in età da lavoro.
      Non c'è.
      Né per gli autoctoni, né per gli immigrati sui barconi.
      La tua chiosa mi sembra prologo fiabesco di un'Italia che non esiste più, di un Paese ottimista sul fatto che rimboccandosi le maniche, prima o poi qualcosa di buono si farà e si starà tutti bene ( = i volenterosi staranno tutti bene, i fannulloni meno e se lo meritano ).
      Ed era un Paese scarsamente industrializzato, poi coperto dalla Industrializzazione 1.0, poi sono arrivate le automazioni delle linee di produzione e siccome non c'era più bisogno di operai ma solo di 1 tecnico programmatore/manutentore di alcuni robot che eseguono cadauno il carico di lavoro di decine di operai ... lo Stato farabutto e le famiglie dissennate hanno deciso che i loro figli svaccassero fuori-corso nelle università, e poi facessero lavori-fake ( anni '90 - '00 ) ... poi scoppia la bolla.
      La bolla sociale, il vuoto di funzione sui binari di una evoluzione imposta dall'alto e non decisa dal basso, di una baldoria iper-consumista che ha ubriacato un po' tutti, popolani e padroni.
      E oggi, facciamo i conti.
      QUESTA economia - sì, è liberista - nella pratica di questo e tanti altri Paesi del cosiddetto Occidente non supplisce più i bisogni fondamentali della massa, perché non v'è più bisogno che la massa intera lavori, né il business si può espandere all'infinito.
      ( gli USA sono un'eccezione integrale, è semplicemente idiota prenderli ad esempio ).
      Chi ha beneficiato dell'automatizzazione delle linee ?
      Nelle utopie del mondo a venire, i robot dovevano alleviare i compiti più faticosi degli umani, che si sarebbero potuti dedicare ad attività più piacevoli.
      Qui, in questo mondo, hanno contabilizzato guadagni maggiori per i padroni della fabbrica, che poi, nel meccanismo di una folle competizione, si sono mangiati tra loro.

      Fermiamoci, finché siamo in tempo.
      Almeno per riflettere.

      ===

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    8. Ti dirò di più, Marco: i maggiori guadagni sono finiti in attività di speculazione finanziaria, in una folle corsa verso l'illusione di una crescita infinita.

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    9. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    10. Attenzione, però, perchè il "famoso prezzo da pagare" pare sia piuttosto elevato e stia comportando il declino dell'Europa e l'estinzione degli europei (ricordo che il tema era globalizzazione, deregolamentazione su frontiere, delocalizzazione, libertà sfrenata di movimentazione di merci, capitali e persone).

      Speculazione finanziaria. E' il contrario:
      Chi vuole lo Stato come intermediario nell'economia è chi ha preso atto del fatto che il mercato, da solo non è in grado di auto-regolarsi e che bisogna porre dei limiti.
      Ok, possiamo stare qui a discutere su come questa cosa venga portata avanti dagli "interventisti", ma certamente non si può negare che il mercato lasciato a stesso tende alla bolla speculativa.
      (e qui torno a bomba, dicendo che sono falliti sia il "comunismo" che il "liberismo")

      Poi ognuno la pensi come vuole. Io sono per la chiusura delle frontiere, i governi locali, e la regolamentazione dei flussi di merci, capitali, persone (o palla al piede, se la vedete negativamente).

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    11. E' chiaro che pagherete di più la moto, l'auto o lo smartphone. Lo pagherete di più perchè 100 produttori locali producono a prezzi necessariamente più alti rispetto a 1 unico produttore globale.

      Ma consolatevi, perchè quando rimarrà 1 solo produttore mondiale, dopo aver sbaragliato i piccoli industriali, poi alzerà i prezzi perchè farà monopolio.

      Quindi, come dire...Mi pare che la scelta sia obbligata e che il "liberismo" sia evidentemente destinato a fallire.

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    12. No, non sto facendo una considerazione "etica", assolutamente. Ne facevo una questione di mera convenienza spiccia.
      Infatti, ti facevo l'esempio del fatto che la famosa "concorrenza perfetta" non esiste. Nella globalizzazione rimane 1 solo grande produttore, che sbaraglia quelli piccoli. All'inizio tutti sono contenti perchè i prezzi si abbassano, ma poi quell'unico produttore alzerà i prezzi e detterà le regole (non essendoci più nessuno in grado di ostacolarlo).

      Ma poi tra il "villaggio globale" e l'estremo della "corea" mi pare ci possano essere delle soluzioni intermedie, no?
      Ci sono sempre state e fanno parte dei famosi accordi di commercio internazionale (questo in una comunità dove si vogliano evitare le guerre, diversamente prima o poi è conflitto perchè scoppia il casino)

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    13. > tra il "villaggio globale" e l'estremo della "corea"

      C'è un errore di pensare le soluzioni su una retta.
      Invece sono disposte in una sfera di un'iperspazio.
      I moderati non sono affatto moderati, sono semplicemente su un settore circolare proprio e diverso.

      La questione è che sono tutti approcci spuri.
      Non c'è né capitalismo né statalismo né comunismo né liberismo ma miscuglioni citrocapitalistici in cui se non c'è il peggio si sono masse enormi di persone che si infilano nelle pieghe delle leggi e degli strumenti e li usano al peggio.

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    14. E aridanghete con la terza via e gli evasori fiscali. (tralascio l'iperspazio)

      Sta scomparendo TUTTA L'EUROPA. Se non chiudete la porta farete la fine degli indiani d'America.

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    15. L'europa scompare perchè stiamo delocalizzando tutta la produzione industriale del continente in Asia, e con essa perdiamo il know how, le competenze e decenni di vantaggio industriale.
      Non solo: perdiamo la capacità di fare, e perdiamo il rapporto con le cose. E con essa la progettazione di un futuro.

      L'Europa scompare perchè si è deciso che è più importante che un singolo imprenditore abbia la possibilità di esportare la sua azienda nel sud est asiatico e poi rivendere i prodotti in Europa.

      L'Europa scompare perchè importa lavoratori a basso costo dal resto del mondo laddove non può esportare le produzioni industriali.

      Quando saranno finiti i soldi che gli europei hanno accumulato in 3 generazioni di lavoro, non rimarrà più niente.

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  4. Proprio il continuo "cambiar le carte in tavola" che dovrebbe portare al miglioramento progressivo, poiché troppo rapido rispetto alla scala personale, mi ha convinto che non vale assolutamente la pena sbattersi tanto per realizzare qualcosa di pregevole (pur entro i limiti delle capacità individuali). Che senso ha rincorrere continuamente l'irraggiungibile? E se anche un obiettivo si riesce a raggiungerlo, che senso ha averlo raggiunto se in un lampo è già un obiettivo superato? Pertanto, tanto vale vivere alla giornata e guardar l'erba crescere.

    Purtroppo i giovanotti impiegano decenni per comprendere il meccanismo, e cadono vittime come mosche dei sogni che un'accolita di furboni, per proprio tornaconto personale, infligge loro al fine di spingerli a "trottare" e sfruttarne l'abbrivio. Inutile dire che, a suo tempo, hanno irretito pure me.

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    1. Il fatto è che fino ad un passato neppure troppo lontano i cambiamenti avvenivano ad un passo tale da far sì che nell'arco della sua intera vita una persona dovesse gestire una flessione solo parziale del proprio modo d'essere e d'intendere. La mia generazione nel corso di due terzi di vita è già stata impietosamente assoggettata a diversi capovolgimenti (non flessioni solo parziali, proprio vertiginose rotazioni a 360°). Non è un modo di vivere consono alla nostra linea evoluzionistica. Magari lo diverrà, al prezzo di una cruda selezione (poveracci coloro che verrano epurati nel processo). Il problema non è la ricerca della conoscenza, è la spaventosa ed irrazionale velocità impressa al volano dall'azione contemporanea di miliardi di teste confuse in un brulichio degno d'un formicaio impazzito.

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    2. Se prendi in considerazione le basi etologiche della nostra convivenza più o meno forzata, sì, hai ragione da vendere. Se consideri il nostro vivere col grandangolo, no, la trottola gira, e gira, e gira... eccome se gira! A ben guardarla, più che una trottola ricorda un frullatore a immersione: bzzzzzz!!!, e hai solo più una massa informe, nella quale è assai difficile riconoscere gli ingredienti originali.

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    3. I princìpi di base sono gli stessi, sì, quelli legati all'etologia della specie. Da lì non potremmo uscire neppure volendolo, perché si tratta di caratteristiche stampate nell'hardware. Però quei princìpi vengono applicati in modi molto, ma molto diversi col passare degli anni, a seconda dei mezzi disponibili.

      Chiedi un esempio... ricordi com'era gironzolare per l'Italia nei tempi precedenti alla diffusione capillare degli occhi elettronici? Sì, c'erano i controlli, ma dipendevano dalla presenza fisica di agenti in carne ed ossa, con tanto di cervello più o meno collegato e conseguente capacità di discernere il contesto nel quale contestavano gli illeciti. Oggi?

      Un altro esempio... i mezzi di persuasione e indirizzamento (tipo, ma non solo, la tv) erano agli inizi, e la loro pervasività ed efficacia limitati a ben poca cosa. Ricordo due reti televisive in tutto, in bianco e nero, che trasmettevano quattro o cinque ore al giorno. Oggi?

      Ancora esempi... i contatti con i nostri coetanei erano basati pressoché esclusivamente sulla presenza fisica in luoghi fisici, gli intrattenimenti erano pressoché esclusivamente basati su oggetti fisici coi quali interagire in luoghi fisici. Oggi?

      E così via... basta così.

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    4. La televisione dimostra ancora una volta che il problema è sia la tecnologia (sedativa, rincoglionente, passiva, passivizzante) sia come la si usa.
      Invece di essere usata per migliorare il_bobbbolo è stata usata per rincoglionirlo e per ammansirlo a masse alle quali instillare ogni sorta di dipendenza, di compulsione consumista.

      Fare gli agnolotti a mano è un atto di eccellenza, di maestria, è incompatibile con le dimensioni industriali. C'è, nelle dimensioni dell'iperspazio, anche un fattore

      10 - la dimensione, in piccolo vs in grande.

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  5. mezzo OT: avrete letto dei dipendenti assenteisti del comune di san remo. niente di strano, non sono stupito, e comunque cialtroni ce n'è ovunque. uno di questi però sulla sua pagina facebook faceva il grillino attaccando i politici ladri e disonesti !

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    1. Sì è chiaro che questo pensiero viene facile. Il dipendente pubblico fancazzista frega sia me che te, il privato o la partita iva solo il suo datore di lavoro o se stesso. Però se ci pensi non è vero, perchè il danno alla collettività lo danno pure loro in un qualche modo per non parlare degli imprenditori che scaricano poi sullo stato le loro inefficienze.

      Ma io volevo dire altro. Qui su questo blog sembriamo tutti pii e santi ma io, te, il proprietario del blog ei suoi lettori, noi tutti cosa siamo? Siamo popolo o casta? Chissà quanti ladrocinii commettiamo ogni giorno....

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  6. È da venerdì ora di pranzo che non leggevo; in treno mi sono voluti 20' per leggere le vostre note.
    Quali dimensioni sono state evidenziate?
    1 - individuale - collettivo (il paletto che sporge);
    2 - velocità vs. lentezza evolutiva (mi sento giapponese/isolano);
    3 - Daoist sottolinea l'essere (s)centrati sul'erba del vicino, Francesco accenna ai problemi (truffe) della società nipponica;
    4 - lotteria accenna ai "problemi di perdita di qualità dovuti alla crescita" (non riesco neppure a intuire a cosa si riferisca visto che siamo in modelli crescitisti al 99%);
    5 - globale vs. locale
    6 - (vado agli estremi) luddismo vs. tecnoprogressismo (Marco accenna a scopi e fini morali ovvero reali dell'automazione);
    7 - dirittismo vs. liberismo;
    8 - etologia (scienza e conoscenza, realtà) vs. morale (utopia ovvero distopia);

    Già!
    Per il momento grazie. A dopo.

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    1. Insomma, abbiamo un iperspazio con almeno una ottina di dimensioni.
      Sì, avrei potuto scrivere "grande complessità".
      Mi sta venendo in mente, pensando ad alcune note anche di nottebuia in passato, che ci sarebbe una nona dimensione

      9 - soluzioni dal basso vs. soluzioni dall'alto

      Io volevo sottolineare l'importanza della qualità personale, per quello avevo scritto che il kaizen è molto oltre che un processo toyotistico/aziendale e molto oltre l'ultima tecnologiao meravigliao di moda.
      Per dirla in modo dissacrante, non entrerei in un grattacielo progettato da un ingegnere che non si lava i denti o che ha La Casa del Caos. E' quasi certo che la stessa sciatteria e mala-qualità stia nella progettazione e realizzazione anche di manufatti e opere più complessi.
      Se non sai fare bene una cosa semplice, per quale motivo dovresti (essere dissociato e) e fare bene una cosa molto più complessa?

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